CAPITOLO TRENTAQUATTRO

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Pov Dorian James

Dicono che il silenzio uccide.
È vero.
E non mi ha mai fatto così paura.
Dall' altra parte, un vuoto assoluto.
Dentro di me, un buco nero enorme.
È così che ci si sente quando stai in pensiero per la persona che ami e nel mio caso se n'è aggiunta un' altra, che ora vive nel ventre di Rebecca.
Dio, mi sento così felice e triste allo stesso tempo.
Incazzato, incazzato come non lo sono mai stato: Rebecca è mia e mia soltanto, quel brutto figlio di puttana del fornitore ha osato toccarla, ha osato farle del male... L' ha umiliata ed io non ho potuto fare niente.
Un dannatissimo muro di non so che materiale ci divide e sembra essere la barriera più alta, invalicabile e indistruttibile del mondo. Un mondo difficile dove la gente fa cose brutte, dove la gente schiaccia come scarafaggi i più piccoli.
Ed è quello che ho fatto anche io per diverso tempo.
Non me ne pento, è dentro di me lo spirito da criminale, da giustiziere a volte.
Tutto quello che faró, se uscirò da questa cella, è rompere la faccia al fornitore, prendere Rebecca e metterla al sicuro, quindi andrò da Richard e lo ucciderò bruciando il suo corpo con quello del suo amico fornitore.
Ma subito dopo penso al feto pronto a nascere.
No, non deve assolutamente morire ed io non devo perdere tempo. Ho una cazzo di forza, una cazzo di determinatezza e la userò per uscirne.
Mi alzo di scatto. Non ho idea di cosa Rebecca stia facendo dall' altra parte, non parla da ore e possono averla portata via. Avrei sentito le urla, ma potrebbero averle tappato la bocca.
Vago con gli occhi nella stanza. Sono stufo marcio di stare qua dentro. Rebecca non lo sa, ma sono passati due giorni, forse tre, da quando ci hanno accolti al capanno del fornitore.
Chissà se Rebecca ha mangiato abbastanza. Ha detto di aver mangiucchiato qualcosa di quello che le hanno dato, ma ho un bruttissimo presentimento. Trovo dei buchi nei muri, più o meno grossi, ma niente di chè.
Non ci passerei mai con la mia stazza.
E ho le mani legate.
Merda!
Strofino le corde su un chiodo che sporge e dopo chissà quanto le mie mani tornano di nuovo libere. Le muovo velocemente, riacquistando il movimento del polso. Percorro a grandi passi la cella, quand'ecco che mi viene un' illuminazione.
Lancio una rapida occhiata alla finestra e mi arrampico sul muro con tutte le forze che ho. L' unica cosa che mi dà sostegno e la determinazione è l' immagine di Rebecca con la testa appoggiata al cuscino e la pelle nuda del suo petto sotto le mie mani.
La rivoglio con me, la devo salvare.
Devo salvare noi.
Riesco a raggiungere le inferriate della finestra e inizio a tirarle, sperando di usare i miei muscoli per sdradicarla completamente. Le inferriate della finestra cadono sul pavimento, poi ci finisco anche io, sbattendo violentemente la testa.
Impreco, ma non mi perdo d' animo. Raggiungo uno dei buchi più grossi e mi abbasso per guardare sperando di capire cosa c'è dietro. Sembra un pavimento in mattonelle bianche. Afferro l' inferriata di metallo ed inizio a picchiarla sul muro, sulle pareti del buco, cercando di ingrandirlo. Sparo le peggio parolacce, probabilmente bestemmio anche, ma sicuramente non mi importa. Mi ferisco le nocche, mi si apre la pelle della mano, ma non me ne fotte un cazzo!
Rebecca... Rebecca...
Karen... I miei genitori...
Loro hanno bisogno di me. Tutti loro ed io sono qui, che ancora non sono riuscito ad uscire e salvarli.
DEVO!
Sì!
Con una mossa brutale, un pezzo grosso di muro cede ed io mi affretto a infilarmi nel buco, l' inferriata in un pugno e il viso contratto in un espressione un po' sofferente, ma che esprime tutta la mia determinatezza.
Spaccherò il culo a tutti.
La luce del corridoio in cui sbuco con la testa mi ferisce gli occhi. Mi guardo intorno, ringraziando di trovarlo vuoto. Studio bene la struttura, quindi esco fuori dal buco, respirando improvvisamente aria pulita. Qualcuno deve aver pulito da poco perché nell' aria c'è un buon odore.
Bene, via libera!
Sgattaiolo completamente fuori e mi addosso al primo muro che mi è vicino, percorrendolo di spalle fino all' angolo. Stringendo forte l' inferriata, mi preparo al peggio, ma quando svolto l' angolo, mi sembra di morire: davanti mi ritrovo uno degli scagnozzi di Richard, quello che ci ha insegnato a mirare e sparare. Il suo nuovo acquisto...
Aspetta, che ci fa qui?
"Dorian".
"Cosa vuoi?" domando puntandogli l' inferriata al collo.
Alza le braccia. "Voglio aiutarti, davvero".
"Non è vero. Lui ci ha mentito, il fornitore ha violentato la mia ragazza ed ora tu vorresti aiutarmi?" Scuoto la testa. "No!"
"Ti dirò un nome, Dorian".
Alzo gli occhi al cielo. "Non sono uscito per perdere tempo" dico voltandomi.
"Mister Dasten".
Mi blocco di soprassalto, per poco il cuore non mi finisce in gola. "Cosa?"
Mi fa cenno di entrare in una stanza ed io lo seguo, mantenendomi attento a tutto. Lui è sempre stato gentile, una persona onesta da quel poco che ho potuto capire, ma d' ora in poi non potrò fidarmi più di nessuno.
Finiamo in uno stanzino, il tipico angoletto dove tengono le scope.
L' uomo si mette seduto sul uno sgabello. "Lui è mio amico".
"Mister Dasten? Cosa sai di lui?"
"So abbastanza. Mi ha detto che seguiva dei ragazzi problematici, figli di genitori criminali. Ho subito pensato che, in qualità di poliziotto, avrei dovuto aiutare queste persone. Così Dasten mi ha chiesto di seguirvi e sono arrivato a Richard".
"Non ti seguo. Lui è forte, ti avrebbe già scoperto".
"Infatti. Ma sono anche più bravo di lui a scappare e nascondermi. Sapevo che non c'era da fidarsi, me lo sentivo. Richard non mi ha mai fatto entrare nei suoi piani ed io ho preferito agire nell' ombra. Vi ho seguiti, ho un elicottero che posso usare per riportarvi a Chicago, in una struttura dove..."
"Ohooo, aspetta. Frena la lingua, amico. Come posso fidarmi di te?"
"Nessuno sa che io sono qui. Sono venuto dalle fogne, schifoso, ma ci sono riuscito. Se non fossi venuto, allora voleva dire che non tengo a voi. Mister Dasten sa, aveva capito che c'era qualcosa sotto e ha preferito mandare me".
Sbuffo e mi appoggio di peso al muro. "Io... Io non so se fidarmi".
Cazzo, qui si mette male.
In una decina di secondi, che sembrano anni, rivedo passarmi davanti alcune immagini che mi fanno capire che devo darmi una svegliata.
Chicago... Rebecca... Vita... Salvezza...
Il nostro bambino...
Mi volto verso l' uomo. "Va bene, ma dovrai aiutarmi a salvare Becca".
"Sono qui per aiutarvi".
Annuisco. "Non so dove sia, non l' ho più sentita nell' altra cella e...".
"Io so dov'è. Volevo informare prima te perché tu potessi aiutarmi. Nel caso in cui le cose si debbano mettere male, ti darò le chiavi dell' elicottero e tu dovrai salire al piano più alto per poterlo raggiungere. C'è un navigatore che vi indicherà la strada da seguire. Lo so, non è una macchina, ma non so come spiegartelo, ragazzo". Ridacchia. "E spero che tu sappia pilotare un elicottero".
Annuisco. "Mio padre me l' ha insegnato, saprei condurlo".
"Bene, ora sbrighiamoci".
Esce prima lui e controlla la zona. Percorriamo alcuni corridoi, stando attenti a non incappare in nessun uomo armato e alcuni li abbattiamo. Lui ha il silenziatore per la pistola modello Carl in The Walking Dead, io uso l' inferriata della finestra. Saliamo diverse scale, io ho il fiatone, ma non ho tempo per pensarci. Ora l' unico pensiero è Rebecca.
Ci appiattiamo contro un muro. "Ci sono delle persone lì" spiega indicando una porta di metallo davanti cui ci sono degli uomini armati. "Ed io ho dei fumogeni nello zaino".
Con molta cautela estrae alcune bombettine e tre mascherine per l' ossigeno. "Il fornitore è andato a controllare degli affari fuori, non è dentro".
"Come lo sai?"
Indica un orologio che ha al polso, dove un pallino rosso si muove sul display. "Microcip. Mi guarda male. "Ehi, mi sottovaluti".
Senza indugiare troppo, prendo la bombetta e tolgo il laccio, quindi la lancio verso la porta. Un leggero scricchiolio, poi il corridoio piomba in una nube di fumo. Ci mettiamo le mascherine e marciamo velocemente verso la porta. Un uomo cerca di afferrarmi il piede, ma io gli spiaccico la testa al suolo. Il mio compagno fa scattare la serratura e la porta si apre.
Mi blocca prima che io possa entrare e penso al peggio, ma lui gentilmente mi porge le chiavi e indica la stanza dietro la porta. "C'è una porta che conduce all' ultimo piano. Lì trovi degli elicotteri e prendi quello rosso e blu. Non è mio, in realtà, ma ho rubato le chiavi al suo proprietario".
Gli sorrido. "Grazie... Di tutto".
Mi dà anche una pistola, quella con il silenziatore. "E porta in salvo la tua amata".
Dopo di chè entro nella stanza e mi chiudo la porta alle spalle.
Sento dei singhiozzi e mi volto verso la fonte del rumore. In fondo alla stanza c'è Rebecca, imbavagliata e legata ad una sedia come se fosse un animale. La corda le strizza il corpo, soprattutto la pancia.
Mi precipito da lei e scoppio a piangere quando i suoi occhioni si posano su di me. Le strappo le corde con rabbia, senza esitare, poi la prendo in braccio e la bacio con trasporto. Lei si aggrappa a me ed io la stringo più forte, cullandola tra le braccia.
"Tu... Tu sei qui".
"Sì, sono qui. E ti porterò in salvo".
Trema, è gelida. "Facciamo presto ti prego".
Corro con lei tra le braccia verso la porta e la apro di scatto, ritrovandomi davanti due uomoni armati. La metto giù e sparo senza pietà a tutti coloro che controllano il piano di atterraggio.
Sono una belva.
Violento.
Mi sporco i vestiti di sangue.
Le orecchie mi fischiano per i troppi spari.
Quando sono tutti morti, riprendo Rebecca tra le braccia.
Una Rebecca debole, fragile.
Ho paura mi si spezzi fra le braccia.
È buio, cazzo, non ho mai condotto un elicottero di notte.
Raggiungo l' elicottero con il cuore in gola e apro gli sportelli con difficoltà. Adagio Rebecca sul sedile accanto a quello del conducente e le allaccio la cintura, poi mi posiziono al mio posto e accendo i vari pulsanti sul piano di controllo.
Okay.... Okay....
Le pale girano...
Ci stiamo alzando...
Sto tenendo sotto controllo la situazione...
Sto attraversando New York senza il permesso di nessuno...
Mi volto verso Rebecca e le sorrido. Lei sorride a me. "E ora?" mi chiede.
"Ed ora ti porto a casa".
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Manca pochissimo alla fine di Polvere di Noi, poi avremo Noi siamo Stelle, il raccontino di altri due personaggi che abbiamo incontrato nei capitoli precedenti.
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Rebecca e Dorian hanno bisogno del vostro sostegno!!!! 😍

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