CAPITOLO TRENTADUE

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(Okay, questo capitolo vi lascerà con il fiato sospeso alla fine).

POV REBECCA FILLAGAN

Mi sveglio con le braccia di Dorian che mi stringono in una morsa forte. Siamo nell'albergo che Richard ci ha pagato, in una stanza bellissima e lussuosa. Di certo non c'era da aspettarsi una catapecchia piena di topi o di strani altri tesori.

La luce del pomeriggio inonda la stanza. Abbiamo viaggiato per dodici ore e non capisco ancora perché Richard abbia deciso di farci viaggiare in un furgoncino per così tanto tempo. Ci sono aerei e treni, quindi perché non scegliere una via del genere?

Comunque, dobbiamo portare della droga, all'aeroporto ci sono controlli su controlli ed anche nei treni. Sì okay, è sensato.

Siamo stanchi morti. Inoltre quando siamo arrivati Dorian ha visto bene di sfilarmi i vestiti, o meglio di strapparli, e ricominciare da dove ci eravamo fermati in piscina.

Spengo la sveglia che ancora suona e mi volto verso Dorian, scuotendolo. "Svegliati dormiglione!"

Sono le quattro e a breve dobbiamo incontrare il fornitore. Lo chiamano così, non sappiamo davvero il suo nome.

Dorian mugugna, infastidito, poi mi stringe di più a sé, affondando la testa nei miei capelli. "Ti prego, non te ne andare. Restiamo un altro po' e poi..." Infila una mano sotto la maglietta, sfiorando l'elastico del pantalone del pigiama. "Mi piacerebbe tanto coccolarti di nuovo".

Scoppio a ridere. "Non sono coccole, lo sai Dorian!"

Lui sbuffa e mi spinge fuori dal letto, allargando le braccia e le gambe sulle lenzuola, prendendosi tutto lo spazio. Lo guardo male dal fondo del materasso. "Alzati, ora".

Si alza di scatto e prima che possa dire altro, lui ha già le labbra sulle mie. "Buon giorno, dolcezza" dice con voce flautata.

"Non fare le smancerie, non ho alcuna intenzione di fare le 'coccole'. Ho male alla schiena e alle gambe, quindi..."

Alza le sopracciglia, ammiccando. "Dobbiamo pur sempre fare la doccia".

Addio...

Alle cinque e mezza siamo davanti al luogo d'incontro del fornitore. Ci sono una marea di uomini della sicurezza, tutti con gli occhialoni e i fucili spianati. Io e Dorian parcheggiamo il nostro ridicolo furgoncino e scendiamo dalla vettura, subito travolti da alcuni uomini che ci controllano mentre camminiamo.

Si lanciano una breve occhiata, quindi annuiscono, lasciandoci entrare nell'enorme costruzione grigia e bianca. Un uomo sulla cinquantina ci accoglie ridendo e fumando il sigaro. "Ma buon pomeriggio! Voi siete sicuramente i due ragazzi di Richard". Controlla due foto. "Sì, proprio voi".

Dorian fa un passo avanti. "SOno Dorian, lei è Rebecca" dice indicandomi.

"Vedo. Ho da fare, quindi prima vi do la roba, prima tornate a casa e prima vado a spennare le due pollastre che ho nel retro".

Io e Dorian ci guardiamo perplessi, poi decidiamo di seguirlo in un' altra stanza con nastri trasportatori e banconi neri. Una vera e propria catena di produzione di massa di erba. È imballata come se fossero delle mini balle di fieno, l' ambiente puzza troppo di erba, tanto che mi metto una mano sulla bocca cercando di trattenere un conato. Ne ho fumata, anche varie volte, ma averne così tanta, tutta in una volta, e sentirne l' odore così forte, mi provoca un grandissimo disgusto.
Il fornitore ci porta in un' altra stanza, dove ci sono due signore che ci sorridono non appena entriamo. Sono sedute davanti ad un bancone, su cui sono messe delle siringhe e delle provette.
Mi volto a guardare Dorian, cercando di capire se lui ha inteso cosa sta succedendo. Okay, adesso sento di aver paura. "Cosa succede?"
Il fornitore ci invita a sederci. "Dovrete fare delle analisi del sangue. Ogni qual volta che qualcuno viene, vogliamo identificarvi, dall' uscita da questo posto vi teniamo sotto controllo per 48 ore. Poi siete liberi".
"Ovviamente se non ci facciamo fare le analisi, ci sparate" deduce Dorian.
Le infermiere estraggono una pistola ciascuno da sotto l' abitino che portano. "Eh già, la vita per una missione. Brutto, non trovate?" ridacchia il fornitore.
Scuoto la testa. "Va bene, spero solo che tu stia rispettando ciò che dici e non ci inietterai qualcosa di strano".
Il fornitore ride. "Ma no, certo che no!"
Sorride alle infermiere e fa loro un cenno, poi ci spinge sulle sedie, facendo scattare Dorian. Inaspettatamente estrae la pistola dalla fodera e la punta al fornitore.
"Cosa avete intenzione di fare?" ringhia Dorian, ponendosi come scudo per proteggermi.
Il fornitore ride di nuovo, confermando di essersi preso gioco di noi. "Okay, va bene" dice alzando le braccia. "Mi sento davvero umiliato".
Dorian toglie la sicura alla pistola e si prepara a sparare. Ma la questione degenera velocemente: mi volto giusto in tempo per vedere una delle infermiere estrarre la pistola e puntarla su Dorian. Faccio un salto e colpisco la canna, deviando la traiettoria, ma un colpo parte e il proiettile finisce nel braccio destro del mio compagno.
Lui urla di dolore, facendo partire un colpo che attraversa di striscio la gamba del fornitore. Mi affretto a raggiungere Dorian accasciato sul tavolo, dove un' infermiera sta per mettergli l' ago nelle vene.
"Brutta troia, non ti azzardare".
Sento uno sparo lontano, poi crollo sul pavimento.

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Okay, okay... Il prossimo capitolo penso e spero di riuscirlo a pubblicare stasera.
Ehi, non vi disperate, mi sento buona e voglio dirvi che ho progetti per Dorian e Rebecca, quindi se volete sapere cosa accadrà in seguito, mettete una stellina🌟🌟 e magari commentate ❤️

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