Capitolo 2

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In un attimo si scatena l’inferno, urla terrorizzate si levano in aria mentre la folla inizia
a spingere e a correre più lontano possibile dal mostro. Io ed Oscar facciamo a fatica a
restare uniti, la calca continua a spingerci lontano, a spintoni guadagniamo spazio e
cerchiamo di avvicinarci al palco, senza un attimo di esitazione con un balzo salgo sul
palco, la mia mano corre in automatico ai foderi dei miei fedeli pugnali, li considero
come un prolungamento di me così come lo sono le mie mani, uno alla mia destra ed
uno alla mia sinistra, non potrei mai uscire di casa senza di loro, sono anni ormai che
il familiare freddo della lama vicino alle mie cosce mi dà sicurezza, è la mia unica arma
affidabile a questo mondo, purtroppo, che io sia prescelta o meno. Da vicino riesco a
guardare meglio la situazione, l’uomo che prima teneva il discorso adesso si trova steso
supino sulle travi di legno del palco, le braccia sono alzate a coprirgli la faccia, un vano
gesto istintivo del corpo, in casi di pericolo tendiamo tutti a coprirci il volto con le
mani, una mossa però totalmente inutile anzi si potrebbe dire pericolosa, il cervello
umano si inganna da solo, come se bastasse non vederlo il pericolo per farlo scomparire
completamente. Non ti vedo, non puoi farmi del male. Purtroppo però la realtà non è
così semplice, nascondersi non serve a nulla, bisogna affrontare le situazioni se vuoi
che queste si risolvano, questa è la prima lezione che impari all’addestramento dei
prescelti, i gesti istintivi quasi sempre sono la nostra condanna, come l’uomo davanti
a me che adesso si è praticamente privato di un senso di vitale importanza come la
vista, perdendo così cognizione di ciò che lo circonda lasciandosi totalmente scoperto
nei confronti del mostro che in questo momento potrebbe fare di lui ciò che vuole. E’
l’addestramento che ti permette di rimanere lucida in casi come questi e non
soccombere. Io ed Oscar ci muoviamo in simbiosi, così come ci hanno insegnato, così
come facciamo da anni, lo circondiamo con passi felpati, la bestia ancora non si è
accorto di noi, io sfodero la mia lama, silenziosa e letale. È pronto per avventarsi contro
il povero malcapitato che è ancora disteso sotto di lui quando Oscar interviene
gettandosi sul mostro che precipita rovinosamente a terra, la stazza del mostro è così
grande da rendergli lenti i movimenti, un punto a nostro favore, il tempo che impiega
per rialzarsi ci permette di accerchiarlo per sopraffarlo, mi avvento su di lui ma il
mostro all’ultimo secondo si sposta schivando il mio attacco, la sua preda adesso è
diventata Oscar, si getta su di lui con tutto il suo peso, ma il mio partner riesce ad
evitarlo senza problemi e sferrargli un calcio che lo manda al tappeto <cosa ne
facciamo di lui?> chiedo ad Oscar avvicinandomi mentre il mostro si dimena sotto di
noi per rimettersi in piedi <sarà meglio portarlo al dipartimento, dobbiamo capire cosa
sia e da dove viene> <già n…> non faccio in tempo a finire la frase che il mostro
prende una rincorsa per gettarsi su Oscar, non perdo tempo a riflettere, agisco, e prima
che quell’essere spaventoso possa avvicinarsi ancora di più, il mio pugnale è penetrato
sotto la sua pelle, diritto fino al cuore. Il mostro cade a terra senza vita con un tonfo
sordo. Ora che il pericolo è scampato posso fissarlo meglio, ha i lineamenti del volto totalmente distorti in una posa innaturale, gli occhi sono fuori dalle orbite, il naso è
bitorzoluto e la bocca è arricciata in un modo grottesco, si intravedono grandi denti
gialli e una lingua bianca penzola su di un lato. E’ molto più grosso rispetto ad un uomo
normale, la pelle grigiastra del corpo è quasi totalmente scoperta se non fosse per
qualche brandello di stoffa qua e là. L’arcaico è ancora steso a terra in una smorfia di
paura, è accovacciato su se stesso con le braccia che gli circondano completamente la
testa, ancora non si è reso conto di ciò che è accaduto intorno a lui, quando passa
qualche istante e non succede nulla prova ad aprire lentamente un occhio sbirciando
tra le braccia, ed è in quel momento che ci vede. Quasi fossimo peggio della bestia che
lo ha appena attaccato, si alza prontamente in piedi e si allontana da noi con aria di
sdegno <voi!> urla con disprezzo, quasi si vergognasse che a salvargli la vita sia stato
un prescelto <calma, va tutto bene, il pericolo è scampato> provo a tranquillizzarlo
mentre le persone che prima erano scappati, pian piano, tornano ad avvicinarsi al palco
<non va niente bene!> urla di rimando. Lancio uno sguardo supplicante ad Oscar
perché venga in mio aiuto, ma lo vedo distratto a fissare un punto alle mie spalle, mi
giro e noto che intorno a noi si è radunata una folla enorme di persone, molto più di
prima. L’uomo anche si accorge della folla, e come se prendesse più coraggio si
avvicina a noi additandoci <questa è la città che proteggete, una città in cui non è
nemmeno più sicuro camminare in giro in pieno giorno> dice indicando la città e il
mostro ai nostri piedi <ormai viviamo nella paura, ogni giorno dobbiamo convivere
con notizie di morti, di sparizioni e da oggi anche di mostri misteriosi che appaiono dal
nulla> si avvicina alla folla che adesso inizia a vociferare, li vedo sussurrarsi cose
all’orecchio, Oscar mi lancia uno sguardo preoccupato <se voi faceste il vostro lavoro
questo non accadrebbe, ma la verità è che voi siete troppo concentrati su voi stessi per
preoccuparvi per noi, per voi noi siamo solo immondizia> sull’ultima frase un grido
rabbioso si alza dalla folla, mi guardo intorno incapace di credere alle mie orecchie,
tutte queste persone la pensano davvero come lui? Come è possibile che siano arrivati
ad avere questa opinione di noi? Amareggiata scruto la folla, è vero quello che diceva
quest’uomo? Ci sono state sparizioni di cui io sono all’oscuro? Alzo le mani in segno
di pace e mi avvicino anche io alla folla <calma gente n…> non mi fanno nemmeno
finire la frase che ecco la folla mi ruggisce contro <ipocriti> urla qualcuno <impostori>
gli fa eco qualcun altro <è arrivato il momento di reagire> continua l’uomo sul palco
accanto a me. La situazione ci sta sfuggendo di mano, Oscar si avvicina e mi posa una
mano sulla spalla con fare rassicurante, so cosa vuole da me. Noi prescelti
apparteniamo a diverse classi, ed ognuno di noi ha un’abilità speciale a seconda della
classe di appartenenza. Come prescelti io e la mia famiglia apparteniamo alla classe
dei mentalisti, abbiamo capacità mentali sviluppate, siamo in grado di imporci sulla
volontà delle persone in tanti modi. Come ogni prescelto ognuno di noi è specializzato
in una branchia particolare delle nostre abilità, peccato che io ancora non sappia quale
sia la mia. E’ da bambina che porto questo fardello dentro di me, mentre tutti i miei
compagni si specializzavano e diventavano forti nelle loro abilità, io non sono mai riuscita a trovare la mia strada. Ma non mi sono mai arresa, pur non essendo ancora
riuscita a sviluppare le mie abilità, ho impiegato anni a rafforzare il mio fisico, ad
allenare i miei movimenti, ad addestrarmi con i pugnali e anche se non ho un’abilità
particolare come gli altri prescelti questo non vuol dire che non posso fare bene il mio
lavoro. Faccio un respiro profondo e mi calmo, chiudo gli occhi e cerco di isolare le
voci attorno a me, mi concentro sulla mia mente, lascio che crei una connessione con
la gente attorno a me. Apro gli occhi decisa, faccio un passo avanti e mi fermo
esattamente accanto all’uomo <gente!> urlo attirando la loro attenzione <concittadini>
qualcuno mugola contrariato alla mia ultima parola, provo a rafforzare il legame con
la mia mente per infondere calma <capisco che ciò che è appena successo vi abbia
scosso tutti> li guardo uno ad uno negli occhi <ma la violenza, la rabbia, non sono mai
la giusta soluzione> faccio un segno ad Oscar che si mette al mio fianco <noi siamo
qui per voi, parlateci, raccontateci i vostri problemi e faremo qualunque cosa per
aiutarvi, è il nostro compito> mi indico la fascia blu che porto al braccio sinistro.
Qualcuno sbuffa deridendomi, altri scuotono la testa e vanno via <parliamone!> provo
a ribadire perché davvero ci tengo a conoscere i loro problemi, ma per quanto io mi
sforzi di usare la mia abilità e infondergli fiducia nei nostri confronti, nessuno pare
darmi ascolto <è inutile> mi dice l’arcaico al mio fianco, mi volto a guardarlo <il tempo
delle parole è finito> e così dicendo va via insieme al resto della folla, lasciandoci soli
su quel palco, la delusione è cocente, sento un nodo in gola, ho così tanta rabbia dentro
di me in questo momento che mi viene voglia di fare a pezzi questo palco, provo a fare
profondi respiri per calmarmi <vieni, andiamo> Oscar mi prende per mano e me
l’accarezza distrattamente con il pollice, lui meglio di chiunque altro sa quanto io mi
senta sconfitta in questo momento. Annuisco senza guardarlo, non ci riesco, mi sento
così inutile. Lentamente scendo dal palco, istintivamente mi porto la mano al
medaglione che ho al collo, lo stringo forte nella mia mano, il suo effetto su di me è
immediato, riesco quasi subito a ritrovare la calma e la lucidità. Punto lo sguardo avanti
e sorrido rassicurante ad Oscar che mi guarda con aria preoccupata mentre in me si
accende una nuova determinazione. Non sarà oggi, ma domani, si, domani sicuramente
ci riuscirò.

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