Venticinque

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Andrea camminava accanto a Beatrice, gli occhi puntati sul marciapiede davanti a loro. Era uscito dallo stadio con il cuore pesante e la testa piena di pensieri. Quello 0-0 tra Juve e Roma lo aveva lasciato con l'amaro in bocca: aveva dato tutto in campo, ma non era bastato. Non gli piaceva perdere, e ancora meno pareggiare in quelle partite decisive.

Beatrice camminava in silenzio al suo fianco, rispettando quello spazio che lui sembrava reclamare. Lo conosceva ormai abbastanza da sapere quando aveva bisogno di tempo per calmarsi. Ma allo stesso tempo, sentiva che c'era qualcosa che poteva fare per alleggerirgli quel peso.

Arrivati davanti alla sua macchina, Andrea aprì la portiera con un gesto automatico, senza dire una parola. Si sedette al volante e Beatrice si accomodò accanto a lui, silenziosa. Il motore si accese, ma prima di partire Andrea rimase fermo, stringendo il volante, lo sguardo fisso nel vuoto.

Beatrice lo osservò di lato e, con un gesto delicato, posò la mano sulla sua, che era ancora tesa sul volante. «ehi, lo so che sei arrabbiato, ma non devi portartelo dentro così. È solo una partita. Hai fatto il tuo meglio, e lo farai di nuovo la prossima volta.»

Le parole di Beatrice erano dolci, ma non invadenti. Lo guardava con quegli occhi profondi che sembravano saper leggere oltre le parole non dette. Andrea sentì il calore della sua mano sulla sua, e per un momento tutta la rabbia che aveva dentro iniziò a sciogliersi.

«Lo so che è solo una partita...» mormorò, senza distogliere lo sguardo dal parabrezza. «Ma quando sei lì, in campo, sembra tutto così importante. Poi esci e ti rendi conto che fuori c'è altro...»

Beatrice sorrise leggermente, il suo pollice accarezzava con delicatezza la mano di Andrea. «Fuori c'è sempre altro, ed è questo che conta davvero. Tu non sei solo la partita. Non sei solo il calciatore. Sei molto di più.»

Quelle parole colpirono Andrea più di quanto lei potesse immaginare. C'era una semplicità in ciò che diceva, ma dentro di sé Andrea sentiva che Beatrice lo capiva davvero. Le persone vedevano solo la parte di lui legata al calcio, alle vittorie e alle sconfitte, ma Beatrice lo guardava in un modo diverso. Lei riusciva a vedere oltre la sua rabbia e le sue frustrazioni.

Andrea si girò verso di lei, finalmente distogliendo lo sguardo dal volante. Quei momenti con Beatrice gli facevano sempre vedere le cose con una prospettiva diversa, come se il peso che sentiva addosso non fosse poi così insopportabile. Lei era lì, accanto a lui, e questo bastava a dargli un senso di pace che non trovava da nessun'altra parte.

«Non so come fai a capirmi così», le disse piano, lasciandosi andare a un sorriso quasi imbarazzato. «Sei incredibile.»

Beatrice rise piano, scuotendo la testa. «Non sono incredibile. Semplicemente... ti vedo per come sei.»

Lentamente, Andrea si chinò verso di lei e la baciò, dolcemente. Era un bacio che parlava di gratitudine, di riconoscenza per tutto ciò che Beatrice era per lui. Le sue dita si intrecciarono ai capelli di lei, mentre la mano di Beatrice scivolava lungo la sua guancia, accarezzandola con delicatezza. Il contatto delle sue dita, il calore del suo respiro contro il suo viso, lo facevano sentire vivo in un modo che non provava da tempo.

Dopo quel lungo istante, Andrea si staccò appena, il naso ancora vicino al suo. «Domani parto per Coverciano...» le disse, quasi a malincuore. «Ma... ti andrebbe di accompagnarmi alla stazione? Così poi puoi riportare la mia macchina a casa.»

Beatrice lo guardò sorpresa, un lampo di divertimento negli occhi. «Mi faresti davvero guidare la tua bambina?»

Andrea sorrise, questa volta più rilassato. «Perché, non ti fidi delle tue capacità?»

Andrea Cambiaso- AC27Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora