Capitolo 1: Odore di sale

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Ero felice. Stavo aspettando con ansia la conclusione della scuola sperando in un'estate leggera e serena. Due settimane prima di quell'avvenimento c'era stata la Notte del Classico, organizzata e celebrata in tutta Italia. Tuttavia, già allora sentivo un grigio grido volare nel cielo piovoso: un'anima sola, pronta a lasciarmi. Ma lui come poteva morire? Era unico, immortale, necessario.

L'evento decisivo avvenne il 19 maggio. Eravamo a Genova da circa tre ore e avevamo già svolto la visita al museo. Ricordo la serenità che invadeva i nostri cuori, insieme alla simpatia tra alunni, il sole che illuminava quella giornata e un calore che ci accaldava.
Eravamo due classi, due prime del liceo classico di Mondovì. Mi ripetevo la frase "Avemus gita" pronunciata da un professore durante l'annuncio del viaggio.

Gli insegnanti si erano allontanati, lasciandoci gustare il nostro pranzo: alcuni, tra cui io, all'ombra di una scalinata, altri passeggiavano per Genova cercando avventure o forse solo l'aria di mare che di quella mattinata non avevamo ancora sentito. Noi non sapevamo come muoverci in quel luogo sconosciuto e la mia paura era di perdermi in quell'immensa città in cui gli edifici erano tutti uguali: tutti sapevano di storia, guerre, pace, talassocrazia. 

Divorai minuziosamente il mio pranzo al sacco, godendomi il caldo di quella giornata assolata. Parlavo con dei ragazzi dell'altra classe. Avevano molto da raccontare, e molte cose in comune tra loro. Mi erano sembrati una classe più unita della nostra, in cui tutti avevano uguale voce, dove si scherzava in gruppo, senza avere timore degli sguardi altrui. Rammento di aver accennato a quell'anno, a come era incominciato, alla mia gratitudine per quella scuola, che tanto mi appassionava. Poi, d'un tratto, come una pugnalata, un colpo al cuore mi colpì, zittendomi. Sentii una parte di me morire, e con essa la mia felicità. Il mio cuore si congelò all'istante, e non percepii più alcuna parola, nessuno suono, se non il mio respiro: faceva male. Per alcuni istanti non ebbi più pensieri, e la mia vista si annebbiò a tal punto che si oscurò. Mi sentivo in coma, sul punto di morire. Non riesco neanche a ricordarlo senza percepire nuovamente sulla mia pelle quelle sensazioni.

Uno stridio nell'aria, accompagnato da quel grido, riattivò i miei sensi. La vista si rischiarò, i suoni si fecero più nitidi.
Mi ricordo che successivamente sentii soltanto le urla di coloro che mi inseguivano, che correvo verso il porto ininterrottamente, con lacrime amare sul volto, che mi avvelenavano l'animo.

Giunta al mare scavalcai la ringhiera e mi buttai, ma un istante prima di toccare l'acqua mi levai in aria. In un attimo fui circondata da un forte vento che smuoveva violentemente gli alberi. Le foglie volavano attorno a me in una spirale sempre più stretta e vicina. I miei capelli nella corrente erano quasi pettinati da Vì. D'un tratto le foglie di attaccarono alla mia pelle diventandone un tutt'uno: le vedevo in un leggero fascio di luce mutarsi nella mia armatura. Dopo pochi istanti il vento si disperse in modo così violento, che spinse a terra ogni persona lì presente. Ero trasformata e, ancora in aria, avevo il corpo rigido e le lacrime agli occhi. Lanciai un grido di dolore. Fu così forte che smosse ogni cosa. Misi le mani in faccia, cercando di trattenere quel fiume che scorreva sul mio volto.

Successivamente evocai il mio grimorio per pronunciare una formula, aumentando così il mio tormento. Feci dimenticare a tutti della mia esistenza e sparii silenziosa da ogni ricordo altrui. La folla velocemente si disperse ed io scesi a terra. Mi misi a ginocchioni sul marciapiedi, invisibile, indesiderata, rammaricata. Rimasi lì alcuni minuti a disperarmi, prima di riprendere le redini e dirigermi verso casa.

Non so cosa sia stato a farmi agire così, forse volevo solo scappare, lo aspettavo da molto, scappare dal dolore della vita e seguire lui, che mi attendeva da tempo. Non pensai alle mie azioni, le parole uscirono dalla mia bocca autonomamente, senza che io potessi fermarle: ero soltanto consumata dal dolore.

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