C𝒶 p𝒾tℴlℴ 9

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Mya
𖥸











«No, aspetta... non credo di aver capito». La sua voce mi squillò nelle orecchie quando terminai il mio racconto.

Non potevo credere di averle davvero parlato di quelle cose. Farlo significava — per me — che avessero un minimo di valore, ed io non volevo darglielo. Ma ormai era tardi per negare l'evidenza: per me erano importanti. Eccome.

«Sei stata a letto con questo tipo?»

Mi andò la saliva di traverso. Non gliel'avevo spiegato con quei termini, e sentirli da lei mi metteva un po' a disagio.

Con le mani le feci cenno di abbassare il tono della voce. «Vuoi che ci sentano tutti?». Eravamo al parco, circondate dal verde... ma, soprattutto, da molte persone: anziani che facevano una passeggiata; coppie accoccolate sul prato e sulle panchine; mamme chiacchierone che lasciavano giocare i loro bambini sulle giostrine. Non mi pareva proprio il caso di strillare determinate parole.

Si fece pure una risatina. «Tesoro, che vuoi che sia? Nessuno si scandalizza qui».

Mi scappò una mano sulla fronte. «Ci rinuncio!».

Rise ancora. «E dimmi... com'è stato?». Il suo tono — ora basso e allusivo — non aiutò il mio imbarazzo a sparire.

«Bryanna!». Alla sua ennesima risata, sospirai esasperata. «Non importa. Importa solo che mi ha usato come fa con tutte le ragazze. È il classico bad boy dei romanzi che non fa per me. E poi... se gli fosse importato qualcosa, sarebbe venuto a cercarmi».

«Sorellina, gli hai detto che non volevi più rivederlo...».

Giusto...

«Sì, beh, era il minimo. Però...»

«Però volevi che ti cercasse per testare il suo interesse». Continuò la frase per me. E, come se non bastasse, entrò anche nei panni della psicologa. «E sei arrivata alla conclusione che a lui di te non gliene freghi niente solo perché non si è presentato sotto casa tua. Ti ha in un certo qual modo delusa... ferita».

«Ok, ok... finito ora?», sbottai, per poi fissare distrattamente un fiorellino sul prato. Il sole lo illuminava e lo faceva sembrare più bello di quanto magari fosse.

Forse Friedrich era proprio come quel fiore, o magari stavo gonfiando troppo la sua immagine. Dovevo togliermelo dalla testa. Peccato che, dopo quello che era successo meno di una settimana prima, era ancora più difficile non pensarci.

Era assurdo, ma quel ragazzo mi piaceva. Altrimenti non gli avrei nememno permesso di toccarmi e intrufolarsi tra le mie gambe in quel modo così... rude e intenso. Era riuscito a farmi impazzire come nessun altro. E questa consapevolezza mi faceva ancora più rabbia.

Il pianto improvviso di un bambino mi riportò alla realtà. Bryanna puntò subito l'attenzione su una persona in miniatura che stava correndo verso di noi, seguita da un ometto più piccino.

«Mamma, mamma!», ripeteva la piccola tra i singhiozzi. Aveva il visino rosso tutto macchiato di lacrime. «Sono caduta dal cavallino!». Con la manina indicò una giostrina a molla alle sue spalle. «Mi si sono rotte le calze e ora mi esce il sangue! Guarda!». Allungò la gamba ferita: si era sbucciata il ginocchio.

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