𝑷𝒓𝒊𝒎𝒐 𝑽𝒐𝒍𝒖𝒎𝒆 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑻𝒉𝒆 𝑵𝒆𝒘 𝒀𝒐𝒓𝒌 𝑩𝒐𝒚𝒔 𝑺𝒆𝒓𝒊𝒆𝒔
Nascere in un posto freddo e malsano, sporco di malaffari, egoismo e crudeltà può portare una persona a diventare come il luogo in cui vive.
L'oscurità può trapassare l...
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Non sapevo se portare Mya con me fosse stata una buona idea, ma di certo ero contento di averla accanto a me.
Avevamo abbandonato il ricevimento di tutta fretta, dopo essere scesi dal terrazzo, con una scusa che a malapena stava in piedi. Mi dispiaceva che avesse abbandonato la festa con la sua famiglia con quella premura. Ma sembrava convinta nel volermi seguire, e non avevo voluto contraddirla. Almeno per quella volta.
Il tempo di cambiarci, trovare biglietti disponibili ed eravamo già sull'aereo diretto a Berlino, uno dei pochi senza uno scalo.
Raggiungemmo la destinazione meno di otto ore dopo. Lì ci trovavamo cinque ore avanti, quindi arrivammo alle prime luci dell'alba. Eravamo storditi per il viaggio e il fuso orario, tuttavia ero abbastanza lucido per tornare nella casa da cui ero stato cacciato per capire a cosa fosse dovuta quella chiamata.
Con noi avevamo delle borse con qualche cambio. E quando bussai alla porta con lo zaino in spalla ebbi un déjà-vu poco piacevole.
Quell'aria lì non mi faceva stare bene. Mi opprimeva. Mi schiacciava lentamente senza che io avessi le forze per impedirlo.
«Cosa c'è a Berlino?», mi aveva domandato Mya mentre eravamo sull'aereo, sia per distrarmi che per pura curiosità.
Ci avevo riflettuto un po' prima di rispondere. «Tanta storia, tanta arte e tante opportunità. Ma da dove vengo io queste cose sembrano lontane anni luce. Io non sono mai riuscito a vederne la vera bellezza. Per me è sempre stata una città grigia e fredda, e basta. Non ho bei ricordi lì».
E mentre attendevamo che ci venissero ad aprire, confermai quelle mie parole.
Qualche attimo dopo la porta si allargò lentamente e da lì sbucò la testa di mia sorella. Era cambiata parecchio dall'ultima volta che l'avevo vista in videochiamata. Ancora mi chiedevo perché mi avesse mandato il messaggio:
Leyna: Vediamoci a casa della mamma, sono a dormire qui.
O meglio, non capivo perché avesse passato lì la notte, dato che ormai - per fortuna, dopo diversi sacrifici - era riuscita a trasferirsi in un appuntamento tutto suo in una modesta zona della città.
«Friedrich!». Corse ad abbracciarmi e mi stritolò. Non mi resi conto che mi fosse mancata così tanto fin quando non la strinsi fra le braccia. «Quanto mi sei mancato...». Mi stava parlando nella nostra lingua. «Non sai quante volte ho pensato di venire a trovarti, ma...».