𝑷𝒓𝒊𝒎𝒐 𝑽𝒐𝒍𝒖𝒎𝒆 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑻𝒉𝒆 𝑵𝒆𝒘 𝒀𝒐𝒓𝒌 𝑩𝒐𝒚𝒔 𝑺𝒆𝒓𝒊𝒆𝒔
Nascere in un posto freddo e malsano, sporco di malaffari, egoismo e crudeltà può portare una persona a diventare come il luogo in cui vive.
L'oscurità può trapassare l...
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
«Quindi stai dicendo che tuo padre ha cercato di sabotare il locale di tuo cugino per impossessarsene? E che dovrebbe farsene? Scusa la franchezza, ma tra poco si sposa, sta cercando una nuova famiglia... Perché rischiare di mettersi nei guai?»
Dopo settimane di ricerche, Seba aveva finalmente la certezza che era stato suo padre a creare problemi a suo cugino a Boston. Proprio come sospettava. A quanto pareva, voleva appropriarsi della sua attività. O meglio, del suo locale per fare chissà cosa.
«Appunto!», sbottò il mio amico. «Parliamoci chiaro, quell'attività non è che frutti così tanto. Il negozio è piccolo e non è in pieno centro. Magari lo fa perché l'affitto è economico o... Ahh, che sto dicendo?! », balzò dal divano e si grattò la testa, cominciando poi a camminare avanti e indietro. Stava perdendo il controllo; e lui difficilmente lo faceva. «Non ci sono giustificazioni o ragioni valide. Forse, semplicemente, non sopporta me e la mia famiglia. Non solo c'ha rovinato la vita, ma vuole fare lo stesso con mio cugino. Non so che dirti. Ma so che andrò avanti in questa storia».
Giusto il tempo di terminare la frase che si udì il rumore dello scarico, poi quello della porta del bagno che si apriva e una nuvola di vapore che mio fratello si stava trascinando dietro mentre ci raggiungeva in salotto.
Era bagnato dalla testa ai piedi perché si era fatto la doccia, ma non indossava le ciabatte e mi stava macchiando il pavimento. Avrei voluto dargli una sberla. Ci pensava già Yako a costringermi a lavare a terra tutto il giorno; non mi ci voleva anche Derek.
Lo guardai malissimo, ma lui mi ignorò alla grande, fingendo anche di sistemarsi l'asciugamano in vita.
«Ciao», sautò Seba, e lui ricambiò.
Li avevo presentati qualche giorno dopo il suo arrivo a New York, ed erano subito andati d'accordo. Qualche sera dopo lo avevo portato con me all'Otto's per fargli conoscere il resto della ciurma.
Non eravamo la migliore compagnia del mondo, ma meglio che niente.
«Brutte notizie?», domandò, notando il silenzio.
Per aiutarlo a districarsi con la lingua, lo avevo "costretto" a parlare in inglese anche quando c'eravamo solo noi due. Qualche altra settimana e non avrebbe più avuto problemi.
«Fatti gli affari tuoi e vaʼ a vestirti!»
«Mamma mia, che antipatico!». Seba - che pian piano si stava rilassando - scoppiò a ridere. «Tanto sto per uscire».