C𝒶 p𝒾tℴlℴ 7 - PARTE 2

99 11 22
                                    

Mya
𖥸










Fece un paio di passi indietro e andò a sedersi sulla poltrona che fino a quel momento non avevo notato.
Sembrava un re sul suo trono. E non potei non ammettere a me stessa quanto fosse sexy con indosso solo quei jeans neri e gli scarponi del medesimo colore.

Si strofinò l'indice sul labbro mentre girava la testa verso la porta e la indicava con l'altra mano.

Ebbi il desiderio di voler andare a sedermi sulle sue gambe. E mi presi metaforicamente a schiaffi per averlo anche solo pensato.

Datti um contegno, Mya. Non è il primo ragazzo che incontri...

Ed era vero. Avevo conosciuto diversi bei ragazzi. Eppure... nessuno era come lui.
Friedrich aveva quel qualcosa in più che mi mandava il cervello in pappa e accendeva i desideri del mio corpo.
Non avevo mai provato nulla del genere con - e per - qualcun altro.

«Ed è stato così che ho ucciso il drago...»

Aspetta, cosa? Lo guardai confusa.

Negli occhi che aveva assottigliato vidi un lampo. «Non mi stavi ascoltando». Si alzò con uno slancio e tornò a torreggiare su di me; mi sentii una formica indifesa.

«Scusa. Puoi ripetere?». Sembravo un'idiota.

Sospirò e mi diede le spalle, fissando la parete vetrata dietro al divano. «Non so come tu sia finita da Otto's...». Ah, ecco come si chiama quel locale in periferia. «Ma sei stata fortunata che mi trovassi lì proprio quando c'eri anche tu. Un bastardo si è approfittato del fatto che fossi ubriaca per divertirsi con te contro la tua volontà. Questo lo ricordi?». Si voltò di poco, quel che bastava per guardarmi negli occhi.

«Più o meno. Non ricordo tutti i dettagli, ma ricordo che qualcuno me l'ha tolto di dosso e ha cominciato a riempirlo di botte. Ora so che quel qualcuno eri tu».

Lo sguardo mi cadde sulle sue mani, che aveva stretto in due pugni, e notai che le nocche erano spaccate. Probabilmente non le aveva neanche medicate.

L'infermiera che era in me cominciò a venir fuori. Senza neanche pensarci, feci il giro del divano e lo raggiunsi.

Strinsi tra le dita uno dei suoi pugni e controllai le sue ferite. Mi stupì che non avesse ritratto la mano, ma si fosse limitato a fissarmi in silenzio.
Lo costrinsi ad allentare la stretta e un attimo dopo il suo palmo toccò il mio. «Ti sei fatto questo per difendermi...»

«L'avrei fatto per chiunque».

Era una frase già sentita. Una frase che - tra l'altro - ignorai. Sollevai la testa e, quando incontrai i suoi occhi attenti, mi si formò un tornado nello stomaco. «Ce l'hai qualcosa per medicarti queste ferite?».

Non aveva ancora tirato indietro la mano, io non l'avevo ancora lasciata. Perciò la nostra pelle era rimasta in contatto; sentivo il fuoco e le scintille ad ogni sfioramento.

Sul volto gli comparve una smorfia infastidita. «Non ce n'è bisogno».

«Sì, invece».

Sbuffò, ma alla fine cedette. Stranamente. Friedrich continuava a stupirmi e a confondermi.

Frugò tra i mobili della piccola cucina, tirandone fuori la valigetta del pronto soccorso. «Qui dentro dovrebbe esserci tutto. Ah, e... non è necessario che mi fasci».

CHAOSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora