C𝒶 p𝒾tℴlℴ 6

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Friedrich
𖥸










Il vento freddo di una qualunque sera di marzo batteva contro la visiera del mio casco e mi raggiungeva attraverso la giacca mentre sfrecciavo per le strade periferiche di New York.
Sorpassavo senza troppa fatica le macchine davanti a me e tenevo ogni tanto un occhio vigile su un paio di moto che mi correvano dietro. Ero in stesa, come sempre.

Seba, seduto a sulla sella con me, gridò euforico e lo vidi dallo specchietto mentre sollevava le braccia in aria. Era carico d'adrenalina, proprio come me.

«Grande, amico! Gli stai facendo il culo», mi gridò vicino la testa per sovrastare il rumore del motore e del vento.

Sorrisi, mentre giocavo un po' con la frizione. «Lo so».

Sentii i clacson delle due moto che non riuscivano a raggiungermi e persino le loro urla. Probabilmente stavano imprecando contro di me.

Risi e girai di poco la testa, rivolgendomi a Seba. «Reggiti».

Mossi le marce, mi spostai un po' cercando di non buttare giù Seba e sollevai il manubrio; riuscii a restare impennato per qualche istante, mentre il mio amico continuava a gridare eccitato. Tornai su due ruote e mi sistemai; feci la rotonda e percorsi una curva fino a raggiungere il punto d'arrivo che io e gli altri avevamo stabilito prima di iniziare quella "gara amichevole".

Percheggiai giusto davanti l'entrata di Otto's, un locale di periferia dove ci recavamo spesso.
Le altre due moto mi imitarono qualche istante dopo.

Seba scese prima ancora che mettessi il cavalletto, saltellando e ridendo come un bambino. Pareva che avesse fatto un giro sulle montagne russe, e non una corsa pericolosa insieme ad un pazzo come me. Non indossava neanche il casco la maggior parte delle volte, perché se lo dimenticava ed io non ne avevo sempre uno a portata di mano.
Eppure, la cosa non lo intimorivava affatto. O almeno così sembrava.

Le cose erano due: o non ci teneva alla sua pelle o era più folle di me.

Mi sfilai il casco, me lo misi sottobraccio e mi scompigliai i capelli che si erano appiattiti, mentre osservavo gli altri due scendere dai loro mezzi e venirci incontro.

«Bastardo». Se lo sguardo fosse stato in grado di uccidere, io sarei sicuramente morto davanti a quello di Asher. I suoi occhi erano come due pezzi di ghiaccio in mezzo all'oscurità della sera.

Seba scoppiò a ridere; io mi limitai a prenderlo in giro con un sorrisino.
«Sei una lumaca. Non puoi prendertela con me, femminuccia».

«Sei partito in anticipo». Sollevò un pugno, e non capii se volesse stringere l'aria o colpirmi. Non sarebbe riuscito nell'intento in ambo i casi.

«Avresti potuto superarmi in qualsiasi momento».

Asher grunì e Blaise gli diede una stretta sulla spalla nel tentativo di farlo indietreggiare - si era avvicinato troppo.

«Siete due coglioni se vi mettete a litigare per una stronzata del genere. Ci stavamo solo divertendo, perciò piantatela!». Blaise si stava volgendo ad entrambi, ma i suoi occhi ambrati erano puntati principalmente su di me. Peccato che fra i due non fossi io quello a cui bruciava il culo.

«Forza, ora entriamo da Otto. Voglio salutarlo e, soprattutto, voglio bere», s'intromise Seba. E indicò Asher quando disse: «Offri tu, amico?». Lo stava prendendo in giro, ma quel ragazzo era troppo permaloso per riderci su.
Si metteva in continua competizione con me da quando ci eravamo conosciuti ad una gara tre anni prima, e non ne capivo il motivo. Voglio dire... Sì, ero bravo con la moto, ma non aveva nulla da invidiarmi. E, soprattutto, non aveva nulla da dimostrarmi. Sapevo già che se la cavava abbastanza bene. Ma, evidentemente, era lui stesso a non saperlo.

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