𝑷𝒓𝒊𝒎𝒐 𝑽𝒐𝒍𝒖𝒎𝒆 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑻𝒉𝒆 𝑵𝒆𝒘 𝒀𝒐𝒓𝒌 𝑩𝒐𝒚𝒔 𝑺𝒆𝒓𝒊𝒆𝒔
Nascere in un posto freddo e malsano, sporco di malaffari, egoismo e crudeltà può portare una persona a diventare come il luogo in cui vive.
L'oscurità può trapassare l...
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Fingere che non mi importasse più nulla di lei era estenuante. Oserei dire doloroso.
Sì, doloroso. Perché ci vuole un grosso autocontrollo per non stringere tra le tue braccia la donna che ami quando te la ritrovi davanti.
Il fato continuava a burlarsi di me: ovunque mi trovassi, Mya sbucava fuori come un fungo. E se il mio stupido cuore ne restava contento, la ragione mi gridava quanto fosse una sfortuna incontrarla. Perché quei bastardi sicuramente continuavano a pedinarmi e, appena l'avrebbero vista con me, sarebbero passato all'azione. Mi avevano minacciato, ed avevo provato sulla mia pelle quanto quelle minacce potessero trasformarsi in verità.
Mi sentivo una merda ogni volta che ripensavo a me in quel letto d'ospedale che le gridavo di andar via, tirando fuori spiegazioni campate in aria. Ma lo stavo facendo per il suo bene. Solo ed unicamente per lei.
Lo stavo facendo per amore.
Non sapevo quanto avrei resistito: amare qualcuno da lontano, in segreto, ti logora dentro. Ma non avevo intenzione di demordere... almeno fino a quando la polizia non avrebbe acciuffato quei delinquenti.
Ammesso che Mya che mi avrebbe voluto ancora, certo. Era un rischio che dovevo mettere in conto. E una sofferenza che - nel caso - avrei sopportato, se questo significava averla viva e vegeta.
«Non è male questa pizza, vero?»
Aprile era giunto al termine prima ancora che me ne rendessi conto, e così anche maggio. E con le prime giornate di giugno, le temperature si stavano pian piano alzando. Le persone avevano più voglia di uscire. E non mancammo nemmeno io e Derek. Quel giorno eravamo usciti a fare due passi e per caso ci eravamo imbattuti nella pizzeria in cui lavorava, così avevamo pensato di fermarci a mangiare.
Fissai mio fratello che continuava a parlare con la bocca piena e una luce che ormai gli attraversava gli occhi da qualche settimana.
Lo vedevo che finalmente stava bene; stava pia piano trovando il suo posto nel mondo - o quantomeno un po' di pace interiore. E la cosa non poteva far altro che rendermi felice.
Oddio, si far dire... in quel periodo della mia vita potevo essere tutto fuorché felice. Non senza di lei...
«Sai... ancora non ho capito perché hai mollato quella ragazza. A me sembrava che ti piacesse sul serio».
Ecco, ora ci si metteva anche mio fratello!
Gli lanciai contro un tovagliolo sporco arrotolato che pescai dal mio piatto ormai vuoto. «Fatti gli affari tuoi, marmocchio». Ormai era troppo grande per essere chiamato ancora così. Ma l'abitudine era dura morire.
Scoppiò a ridere. «Mamma mia! Sempre il solito scontroso. Non sei cambiato affatto, fratellone».
Per tutta risposta gli regalai una delle mie occhiatacce migliori.
Avevamo appena pagato e stavamo uscendo, quando videochiamò Leyna. Anche lei pareva star meglio, e il mio cuore si sentiva più leggero. Avevo desiderato con tutto me stesso che i miei fratelli si voltassero il passato alle spalle, ed ora che stava accadendo quasi non mi sembrava vero.
Arrivò sera, e Derek dovette andare a lavoro, lasciandomi così solo con Yako. Avrei potuto fare un giro in moto o vedermi con gli altri, ma non ero proprio in vena.
Passai un paio d'ore sul divano a guardare la TV, come un uomo di mezza età che odia la vita. E, per deprimermi ulteriormente, ci aggiunsi qualche birra. Verso le dieci di sera mi venne fame, così andai a cercare qualcosa di commestibile in frigo.
Un flashback mi travolse.
«Cosa ti va di mangiare? Posso preparare degli hamburger (mio fratello dice che sono bravo), oppure...»
Mi interrompe subito, con un sorriso timido e divertito al tempo stesso.
È la prima volta che invito Mya a cena da me, e non conosco ancora i suoi gusti in fatto di cibo.
«In verità... io sono vegetariana».
«Cosa?!»
«Eh già». Vedo che è sul punto di ridere.
«Come fai a vivere senza carne? Io adoro la carne!»
Alla fine scoppia, ed io mi incanto qualche secondo di troppo sul suo bel sorriso. «Proprio come un cavernicolo», mi prende in giro lei.
Mi sento offeso. «Ehi!». Le corro contro e comincio a farle il solletico.Sembriamo una di quelle coppie romantiche che vedi nei film o leggi nei libri nei romanzi d'amore col lieto fine.
La prendo in braccio mentre continuiamo a ridere, e decido di spostarci nel salotto. Mi è venuta una voglia improvvisa di buttarla sul divano e farle vedere il mio vero lato cavernicolo.
La cena la rimanderemo a più tardi.
Richiusi il frigorifero con un tonfo e mi stappai un'altra birra, sperando che l'alcol affogasse quei ricordi.
Non ce la facevo.
Yako mi abbaiò, quasi mi stesse rimproverando per il mio atteggiamento. Sicuramente gli sembrava di avere davanti un'altra persona, e non il suo solito padrone.
Sbuffai. «Lo so, bello, lo so. Ma cosa posso farci? Mi manca. Ed io mi sento troppo pappamolle per non soffrirci. L'amore mi ha giocato un brutto tiro, amico mio».
Abbaiò ancora, come per darmi conferma, mentre io brindavo alla mia salute.