𝑷𝒓𝒊𝒎𝒐 𝑽𝒐𝒍𝒖𝒎𝒆 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑻𝒉𝒆 𝑵𝒆𝒘 𝒀𝒐𝒓𝒌 𝑩𝒐𝒚𝒔 𝑺𝒆𝒓𝒊𝒆𝒔
Nascere in un posto freddo e malsano, sporco di malaffari, egoismo e crudeltà può portare una persona a diventare come il luogo in cui vive.
L'oscurità può trapassare l...
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Il tramonto era passato da un pezzo quando Mya ed io entrammo con furia nel suo appartamento.
Chiusi la porta con un calcio e tornai a baciarla, lasciando che mi trascinasse ovunque volesse. La strinsi a me, con tutto l'amore che provavo e con tutta la paura che potesse scappare via da me. Non ero mai stato così felice come quel giorno. Farle ascoltare quella canzone nel nostro posto era stata la cosa più romantica che avessi mai fatto.
La spinsi contro il muro e la sollevai, permettendole di circondarmi il busto con le sue gambe. Baciare quelle labbra così carnose e dolci era come mordere lo zucchero filato.
Ci staccammo per riprendere fiato e mi presi qualche istante per ammirarla: con quegli occhioni azzurri e quel viso delicato aveva quell'aria da bambina che riusciva ad addolcirmi. Ma poi ci pensavano la sua determinazione e la sua intelligenza a ricordarmi che straordinaria donna stesse diventando.
Ed io me ne stavo innamorando pian piano di più.
Ero cambiato, grazie a lei. Mya mi aveva salvato; aveva domato la bestia fino a farla sparire. Non del tutto, perché ormai faceva parte di me. Ma ormai, quel buio del passato, era solo un brutto ricordo. Nel mio presente vedevo solo luce. Una luce di nome Mya.
Riprendemmo a baciarci con più foga e a muovere i nostri corpi l'uno contro l'altro. Le intrufolai la mano sotto la maglietta, le sfiorai il reggiseno e vi scivolai all'interno, toccandola nel suo punto debole. In risposta a ciò, gemette e mi spinse con le gambe ancor più verso di lei. Passai a baciarle il collo mentre lei mi sussurrava parole d'amore e sconce allo stesso tempo con le mani fra i miei capelli.
Dal canto mio, mi assicurai di farle sentire quanto il mio corpo la desiderasse.
Era passato troppo tempo. E mi era mancata da morire.
C'era tanto da recuperare, ma avevamo una vita intera per farlo.
Le sfilai la maglia e il reggiseno e scesi a baciarla dove prima la stavo solo toccando. I suoi gemiti non fecero altro che eccitarmi di più. «Friedrich...»
Quanto avrei voluto che ripetesse il mio nome in quel modo all'infinito...
La misi giù dopo un tempo indefinito; lei mi guardò con la passione che le brillava negli occhi, mi prese per mano e si fece seguire verso il salotto. Tornammo a baciarci e a camminare incollati verso un punto imprecisato della stanza. Da quel momento in poi, decise di prendere lei in mano la situazione. Ed io la lasciai fare. Perché, per me, Mya Valentine poteva fare e farmi tutto ciò che voleva.