C𝒶 p𝒾tℴlℴ 11

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Friedrich
𖥸











Non potevo credere che stavo andando a quella cena. Normalmente me ne sarei fegato e avrei dato buca, o addirittura rifiutato l'invito. Molto probabilmente non avrei aiutato Mya a mettere in scena quella pantomima.
Eppure, non avevo fatto nulla di tutto ciò.

In quel caso, il me che avrebbe fatto tutto il contrario di quel che aveva fatto, voleva davvero aiutare Mya.

Quasi non mi riconoscevo. E lo avevo pensato anche nei giorni in cui era stata in ospedale. Ero così in pensiero per lei... e mi sentivo così in colpa per quello che le era successo...

Per questa ragione non avevo voluto incontrarla: non avrei avuto il coraggio di affrontare i suoi occhi e vedere in che stato fosse. Mi sarei sentito uno schifo, ne ero certo.
Ma alla fine avevo ceduto ed ero andato da lei. E per poco ci sarebbe anche scappato un bacio se sua madre non si fosse materializzata nella stanza.

Ormai mi ero rassegnato alla consapevolezza che quella ragazza mi attraesse più di quanto pensassi... più di quanto dessi a vedere.

Avevo appena finito di abbottonarmi la camicia e fatto una smorfia poco convinta davanti al mio riflesso quando la voce di Seba si frappose fra quella dei miei pensieri.

«Stai davvero andando ad una cena di famiglia?»

Attraverso lo specchio attaccato alle ante dell'armadio vidi il mio amico mentre letteralmente si buttava sul letto. Yako lo imitò un istante dopo.

Lanciai un'occhiataccia a Seba. «Non è una cena di famiglia».

Fece finta di pensarci su, per poi assumere un'aria saccente. «Mhh... Stare attorno alla stessa tavola con i genitori di una ragazza e con la ragazza stessa - che tra l'altro ti piace - tu come lo chiami?».

Non ebbi il desiderio di controbattere sul penultimo punto. Sarebbe stato come negare la realtà. E non ero solito farlo.

«Non stiamo insieme, quindi non è "una cena di famiglia" a tutti gli effetti».

Roteò gli occhi. «Fa lo stesso». E si mise ad accarezzare Yako.

Sbuffai. Forse non avrei dovuto parlargli di Mya: non faceva altro che sbattermi in faccia quanto stessi perdendo la testa. A mio parere, non era vero. Tuttavia...

«Non mi soddisfa quello che indosso», pensai ad alta voce. Sembravo una ragazzina al primo appuntamento, e la cosa non mi piaceva affatto. E mi piacque ancora meno quando il mio amico mi ripeté più o meno la stessa cosa.

Avrei voluto prenderlo a sberle, ma negli ultimi tempi stavo cercando di mantenere la calma. Forse era anche un po' merito di Mya: quando stavo con lei, la bestia dentro di me pareva placarsi. Non avevo ancora ben capito se lo facesse per proteggerla, ma quel che contava era che - almeno in quei momenti - trovavo un po' di pace.

Sbottonai di un paio di bottoni la camicia, lasciando intravedere il petto, ma nemmeno in quel modo mi convinceva. Io odiavo le camicie - le indossavo solo in rare occasioni. E a dir la verità, non capivo perché quel giorno avevo avuto la brillante idea di farlo.
Forse perché volevo fare una buona impressione ai genitori di Mya. Anche se quella era tutta finzione.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 14 ⏰

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