C𝒶 p𝒾tℴlℴ 28

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Friedrich
𖥸

Friedrich𖥸

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Quel giorno non lavoravo, ma approfittai comunque di fare un salto in officina per salutare Garrett e Phoenix. 
Dopotutto, ce l'avevo sotto casa.

Portai con me Yako, con l'intenzione di fare poi una passeggiata fino a Central Park.

«Friedrich! Non riesci proprio a stare senza questo vecchio, eh?». Garrett venne ad abbracciarmi come se non mi vedesse da settimane. Ed io non mi preoccupai se mi stesse macchiando di grasso o meno. 

Mi aveva accolto da lui sin da quando ero arrivato a New York, e per me era stato come un padre.

Uno vero.

Phoenix sbucò da dietro una macchina che stava riparando e parve felice di vedere il mio cane. E viceversa. Quei due si adoravano. 

Forse avrei dovuto essere geloso...

«Se vuoi lavorare al posto mio...». Si chinò per accarezzare Yako. «sarò più che felice di portare a spasso il tuo cane, amico».

Risi, e il mio rottweiler abbaiò contento. «No, ma grazie dell'offerta».

Phoenix tornò a lavoro, e Garrett mi invitò ad accomodarci per qualche minuto. Ci sedemmo su due pile di pneumatici messe a caso in un angolo. 

«Come stai, figliolo? In questi giorni ti ho visto un po'... in pensiero. C'è qualche problema?».

Non gli avevo parlato della situazione con Mya, né dei problemi che avevano portato a separarci, ma forse aveva intuito qualcosa. 

Ero stanco di mentire. Di fingere che fosse tutto ok. Così mi lasciai andare... 

Sospirai. «Garrett, come ci si comporta quando vuoi stare con una persona ma non puoi?»

Mi osservò a lungo con i suoi occhi chiari, come se stesse cercando di leggermi dentro. E delle volte ci riusciva alla grande. «Cosa ti impedisce di starci?»

Chinai il capo, fissando distrattamente Yako accomodato a terra. Giocai inconsciamente col guinzaglio con cui lo tenevo. «Un problema più grande di me e lei messi insieme».

«Ti riferisci alla ragazza che è venuta qui tempo fa, vero?»

Annuii appena. «L'ho allontanata. Ma l'ho fatto per il suo bene». 

Continuavo a ripetermi quella frase, quasi fosse un rituale. Era un modo, per me, per trovare un briciolo di sollievo da tutta quella agonia.

«Scusami, figliolo, sai quanto ti sia affezionato (sei come un secondo figlio per me), ma... cosa ti dà il diritto di scegliere al posto suo? Chi sei tu per decidere senza neanche parlarne con lei? Perché non l'hai fatto, vero?».

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