12. Lukas

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LUKAS


Appena la piega folle che ha preso la mia vita finirà, mi darò alla pazza gioia.
Tornerò a Yale, e questa parentesi sarà dimenticata.
Nel frattempo la follia va avanti, tanto che non so se ridere o piangere.

Fuori diluvia, un cane tripode mi segue scodinzolando ovunque io vada, e Morticia ha indubbiamente la febbre.

Ripeto: non so se tutto ciò sia comico, da piegarsi in due per le risate, o tragico d'una tragicità da scappare a gambe levate. 

Giuro, sono indeciso tra queste due interpretazioni, ma ammetto che a tratti, nonostante il mio spirito caustico e la mia tendenza a cercare il lato ridicolo di tutte le cose, la tragedia prevale. Non una tragedia in termini di ansia e preoccupazione, intendiamoci, non mi sono rincoglionito a tal punto. 

Sono più che altro incazzato. Tragicamente incazzato, ecco.

Ma mica la posso mollare qui, questa. Trema come una foglia. È pallida come una morta. Ok, frasi fatte a parte, è proprio così.

Se raccontassi a uno qualsiasi dei miei compagni di confraternita quello che è successo oggi, non ci crederebbe. Ci credo poco pure io, in effetti. L'unico a considerarla una cosa non soltanto possibile ma probabile sarebbe Every, perché ha la bizzarra idea che io sia buono. Ovviamente lo pensa solo lui.

Io so soltanto che mi comporto in modo sempre più strano.

Mentre la tipa decide di fare un bagno, chiamo la reception e, udite udite, non mi limito a ordinare un pasto caldo per noi, ma anche per questo dannato cane che non mi molla. 

Mi ha scambiato per un barbone? Perché mi segue ovunque e batte la coda come se fossimo amici di lunga data?

Quando Alyssa esce dal bagno, avvolta in un accappatoio color cioccolato, non è più pallida, ma ha le guance congestionate.

«Fare un bagno caldo fa salire la temperatura», le faccio notare. «Dovevi usare acqua tiepida.»

Lei mi osserva stupita in mezzo all'eccitazione febbrile.

«E tu che ne sai?» mi domanda.

Che ne so, in effetti?

Poi mi ricordo che me lo ha detto, tanti anni fa, una delle tate alle quali ero affidato da piccolo. 

I miei genitori viaggiavano spesso per lavoro o per piacere, e un bambino in mezzo alle palle è quanto di meno utile in entrambe le occasioni, soprattutto se è uno stronzetto viziato. 

Io sono sempre stato uno stronzetto viziato, mica lo nego. Be', mi hanno viziato loro, ma suppongo che non tutti siano disposti a sopportare la responsabilità di raccogliere quel che hanno seminato. 

Perciò, quando ero un moccioso palloso, partivano spesso senza di me. Oh, non mi immaginate solo e abbandonato come la piccola fiammiferaia.
Vivevo in case di lusso, a volte nelle suite degli Hotel Walton, e per un breve periodo in un esclusivo collegio svizzero. Breve perché distrussi praticamente la scuola pur di andarmene. 

In ogni caso c'era sempre qualcuno a occuparsi di me.

In particolare ricordo una volta che mi ammalai mentre mi trovavo al Walton di Santa Clara.
Mia madre era a Princeton e mio padre era dovuto partire per Kuala Lumpur. 

Così, ero stato affidato a una governante. Non ricordo quasi niente di lei, tranne che aveva un accento sudamericano e una voce lenta e dolcissima e che io avevo otto anni e scottavo come un termosifone. Rammento infusi dall'odore floreale, un brodo che bevvi per forza e, appunto, il consiglio di fare un bagno tiepido. Non caldo, assolutamente no, come ha fatto questa perfetta cretina... e come feci io allora. Rammento un tintinnio di cubetti di ghiaccio, dopo, e un fruscio di piacevoli bende fredde sulla fronte.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 18 hours ago ⏰

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