15. Lukas

154 18 6
                                    


LUKAS


«Cazzo! Cazzo! Cazzo!» esclama Everton con tono angosciato.

Sto correndo sul tapis roulant da un'ora, e mi fermo per cercare di capire cosa c'è che non va. 

Il mio amico, di solito calmo e tutt'altro che scurrile, ha lo sguardo fisso sul display del cellulare. Stava adoperando uno dei vogatori, ma si è fermato per dare una scorsa al telefonino, e adesso ha l'aria di chi ha ricevuto una fucilata a base di sale all'altezza delle chiappe.

Ci troviamo nella palestra che ho allestito nella casa in cui vivo, a Guilford, a poche miglia da New Haven. 

Ho una stanza riservata nella sede della Phi Beta Kappa, al Campus, ma ho preso in affitto una villa in una cittadina vicina a Yale, per starmene per i cazzi miei quando ne ho voglia.
Cioè per la maggior parte del tempo. 

Intendiamoci, partecipo praticamente a tutte le feste della confraternita, seguo i corsi, trascorro un sacco di tempo allo studentato femminile, ma poi preferisco tornare a dormire a casa mia. 

È una villa molto più grande di quanto mi servirebbe, oltre quattrocento metri quadri, tre camere da letto e tre bagni, un ingresso nel quale potrei organizzare feste da ballo, cinque acri di giardino tutt'intorno e una piscina di dodici metri.

Every è spesso mio ospite, ma per gran parte del tempo vivo da solo e coltivo la mia passione segreta per la privacy. 

Segreta perché, stando alla vita che conduco, nessuno penserebbe che ho una cura maniacale dei miei spazi privati. Qui niente femmine, niente orge, e in generale niente puttanate.
Qui solo sport e studio.

Mi tolgo l'auricolare da un orecchio e fisso Every.
Allungo un braccio verso un asciugamano e me lo passo sul viso, e poi lo adagio intorno al collo.

«Pensi di dirmi a cosa è dovuta questa esclamazione? O è top secret?» gli domando spazientito.

«A voler spaccare il capello in quattro, tu sei più top secret di me», osserva lui. «Sono giorni che non vieni al Campus, fai sport con la rabbia di un'anima dannata, e non parli, ringhi. Mi hai raccontato lo stretto indispensabile del tuo viaggio di ritorno da New York e, anzi, se mi capita di far cadere il discorso su Alyssa, ti chiudi ancora di più in te stesso. È successo qualcosa? Perché pure lei è misteriosa. Dinka le ha fatto un sacco di domande, e se non ha risposto con un no comment c'è mancato poco.»

«Che vuoi farci, dovrò pur compensare il tuo raccontarmi tutti i cazzi tuoi. Non stai mai zitto, Every, non fai che parlare di quella ragazza, te ne rendi conto?»

«Sono innamorato e tu sei il mio migliore amico, a chi altro dovrei raccontare quello che provo?»

«A nessuno! Intendiamoci, mi fa piacere che sei felice, ma se non la smetti di ripetermi quanto è bella, quanto è dolce, e quanto vorresti sposarla, penso che ti chiederò di restituirmi le chiavi di casa. Ma adesso preferisco conoscere le ragioni di quel "cazzo" ripetuto tre volte.»

«Si tratta di mio padre», brontola lui, a disagio.

«Cos'ha fatto?»

«È a Yale. Non voleva che scegliessi questa università, lo sai. Preferiva l'Università del Texas a El Paso.»

«Perciò ogni tanto viene a controllare che questo luogo di perdizione non ti contamini? Che non ti faccia diventare gay? O che, magari, non ti induca a voler sposare una ragazza nera?»

Every mette su un broncio consapevole.

«Io non... non gli ho detto niente di Dinka», ammette.

«E hai fatto bene. Ti romperebbe le palle.»

Beautiful ObsessionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora