27. Alyssa

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ALYSSA


Hemingway è al settimo cielo, mentre io sono nervosa.
Molto nervosa.

Lukas mi mostra quella che sarà la mia stanza: è tre volte più grande di tutto l'appartamento a The Hill. Arredata con sobria eleganza, pulitissima. Un gioiello.

Poi mi mostra la camera che intende destinare a Blaine. Affaccia sul retro del giardino, sulla piscina, e sembra una piccola reggia.

Io sono senza parole.
Lo giuro.
Guardo tutto e resto in silenzio mentre il cuore corre.

Davvero mi vuole qui?

Mi tremano le gambe, non so se essere felice a mia volta, o atterrita. A tratti mi pare di toccare il cielo con un dito, a tratti mi sento sottoterra. Sono euforica e terrorizzata. Come sono compatibili queste due sensazioni?

«Adesso vai a fare un bagno caldo», mi suggerisce Lukas. «Stai ancora tremando, magari ti calmi un po'.»

«Mi dirai sempre quello che devo fare?» protesto.

Lui ride.

«D'accordo, mettiamola diversamente. Hai voglia di fare un bagno caldo?»

«Sì, forse», rispondo.

«Ci sono tre bagni, scegli quello che preferisci.»

«Io... intendo pagarti una piccola somma per... per stare qui», dico, sfidandolo con lo sguardo.

«Sai cucinare?» mi chiede, di rimando.

«Mm, sì.»

«Allora prepara qualcosa di buono ogni tanto. Così eviterò di dover sempre ordinare cibo da asporto in qualche delivery, e quel risparmio equivarrà alla tua quota di affitto. Troveremo un modo, non troppo faticoso, per far contribuire anche Blaine. Riguardo a Hemingway, ormai ci sono abituato. Io e lui ci piacciamo. E se mi cade qualche briciola a terra si precipita a mangiarla come un aspirapolvere, per cui vale come collaboratore domestico, giusto?»

Ride ancora, e si toglie il cappotto: un magnifico gladiatore quasi nudo affiora in tutta la sua bellezza. Si sgranchisce le braccia, e le spalle, e io sgrano gli occhi dinanzi al flettersi dei suoi muscoli.

«Lo fai apposta?» gli domando.

«A far cosa?»

«A distrarmi. Così smetterò di parlare di argomenti che ti annoiano?»

«Può darsi», dichiara, divertito.

«Tanto valeva che andassi direttamente in mutande, a quella festa», mugugno.

«Grazie per il suggerimento. La prossima volta mi vestirò da guardaspiaggia», scherza. Mi sorride. Mio Dio, quanto è bello. E quanta attenzione dovrò fare per non morire. «Io vado a fare una doccia», aggiunge poi. «Chi finisce per primo cucina, ok? Non ho mangiato niente, e anche se è notte inoltrata ho una fame da lupi.»

Annuisco, e mi chiudo in bagno. 

Mi pizzico un braccio, per controllare se è tutto vero.
Mi faccio proprio male: un pizzicotto superficiale non provocherebbe un dolore sufficiente a fornirmi la prova certa di non essere l'interprete di un sogno.

Solo un'ora fa ero disperata, ero un'orfana richiusa in una torre fatta di tristezza, e adesso mi sento una regina con un vestito d'oro, che fa voli grandiosi sulla groppa di un drago buono.

Non abituarti troppo.

Goditi il momento.

Ma non abituarti.

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