3. Lukas

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LUKAS



Capelli neri, trucco pesante, piercing. Chi lo avrebbe mai detto che la piccola aliena avesse una simile attrezzatura? 

Se, sotto la minaccia di una pistola, avessi dovuto immaginare il suo culo e le sue gambe, avrei giurato che avesse una roba piatta e floscia e due trampoli storti da papera secca.

Invece non riesco a non fissare l'inaspettata bellezza di questa pallida strega.

Lei, a dire il vero, consumato l'urletto sconvolto, tira giù il più possibile la maglietta che indossa e si nasconde dietro l'anta aperta di un armadietto metallico.

«Cosa ci fai qui?» mi domanda, con gli occhi sgranati. Appare solo la testa, adesso, piegata da un lato, con quei capelli color buco nero ciondolanti come lunghissime alghe.

«Hai capito Morticia», dico, dopo un fischio eloquente. «Sei messa bene, chi lo avrebbe mai detto? Perché li nascondi, quel culetto e quelle gambe da favola?»

Il suo sguardo, già oscuro a causa del trucco, si fa ancora più cupo. Se avesse davvero poteri da fattucchiera mi incenerirebbe all'istante. O mi farebbe cascare il cazzo a terra, a piombo, come un ramo tranciato.

«Vattene subito, brutto pervertito», mi dice, la voce più roca, la fronte aggrottata. «Questo è il camerino del personale, non puoi stare qui dentro.»

«Non l'ho fatto apposta, diciamo che ci sono capitato per caso. Cercavo l'uscita posteriore. Perché c'è un'uscita posteriore, giusto?»

«Per permettere a chi non vuole pagare di svignarsela con la scusa di andare in bagno? No che non c'è!»

«Ti garantisco che non me la batto per questo motivo. E sono sicuro che un'uscita c'è. Lo prevede la legge, o ve ne fottete delle norme antincendio?»

«Non puoi usare la porta antincendio se non c'è un incendio!»

«Quindi mi suggerisci di dare fuoco al locale?»

«Ti suggerisco di toglierti di torno!»

«Lo farò molto volentieri, Morticia. Intrattenermi con te è l'ultimo dei miei desideri, sei simpatica quanto il calcio di un mulo nelle palle. Sono sicuro che, a parte l'uscita antincendio, c'è un'altra porta posteriore. Se me la indichi, ti farò l'alto onore di sorriderti se ti incontrerò in giro per il Campus.»

«Me ne sbatto del tuo sorriso», replica lei, sprezzante, senza uscire da quella specie di nascondiglio. «Fammi l'alto onore di andartene, o grido.»

«Perché dovresti gridare? Non intendo farti niente di male. Voglio soltanto che mi indichi quella fottuta porta.»

«Vattela a cercare da solo!»

«Mm, mi pare di vedere una seconda porta dietro di te. Penso che uscirò da lì.»

«Quello è il bagno del camerino, non provare ad avvicinarti!»

«Hai detto che devo cercare l'uscita da solo, quindi mi sa che andrò un po' a casaccio.»

Faccio per dirigermi verso la porta del bagno, anche se lo so che non è la via di fuga che cerco. Solo per dispetto, e perché un'altra sbirciata al culo gliela do con piacere.

«Non ti avvicinare, ho detto!» esclama lei. «Ok, ti accompagno io all'uscita secondaria, ma tu non ti muovere!» Mi fermo, incrocio le braccia sul petto. 

Lei mi osserva imbronciata, i piercing che scintillano come ferite metalliche. Il ferro rotondo sul labbro mi intriga e, per un attimo, immagino di succhiarlo. Morticia lo fa al posto mio. Si morde la bocca, i denti tintinnano contro l'acciaio, mentre la sua espressione non smette di somigliare a quella di un rapace infuriato col mondo. Per un momento sparisce oltre lo sportello dell'armadietto, poi si riaffaccia, più incavolata di prima. «Chiudi gli occhi», mi dice, autoritaria.

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