11. Lukas

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LUKAS

Arrivo in Pennsylvania dopo due ore.
Ho ascoltato musica a volume altissimo per l'intero viaggio. Adesso mi sento completamente rincoglionito, con un bombardamento di bassi potenti conficcati nella scatola cranica.

Alle porte di Philadelphia mi rendo conto che piove fortissimo.
Non so perché, ma mentre noto l'acqua che picchia come se ballasse danze irlandesi sul vetro, mi sfugge un'imprecazione. 

Mi domando cosa cazzo mi freghi del tempo: non sono mai stato interessato al meteo, per me è da sempre una variabile insignificante. 

Eppure impreco, e al diavolo il temporale, e al diavolo me e quel qualcosa di troppo simile al pungente senso di colpa che mi attanaglia lo stomaco.

Senso di colpa?

Dove sono andato a pescarlo?

Da qualche parte l'ho pescato, perché è qui, nell'abitacolo, che mi preme sul torace come un pasto pesante che non ti fa dormire la notte. 

Immagini fulminee di quella sfigata mi appaiono in testa, un ricordo idiota che lampeggia in frame velocissimi, del tipo che nei videogiochi sono sconsigliati a chi soffre di epilessia.

Poi squilla il telefono e, per l'ennesima volta in questa giornata, non rispondo.
Anche se non si tratta più di mio padre, anche se si tratta di Everton.
Sicuramente mi chiederà come ho trascorso la giornata, Every è una persona che lo fa, ti domanda come stai, cos'hai fatto, come ti senti. Mi sa che del suo modello hanno buttato lo stampo, e meno male, perché le persone invadenti mi danno sui nervi. 

Lui non lo fa per impicciarsi, e gli interessano davvero tutte quelle menate, ma in questo momento mi suonerebbero come un vero e proprio interrogatorio.

In fondo, non rispondo a Every per la stessa ragione per la quale non ho risposto a mio padre. 

Dovrei litigarci. E litigare con qualcuno per un motivo importante, che non sia una cretinata da bar, mi dà un fastidio enorme, perché è come se mi costringessero a pensare, e di conseguenza a comunicare.

Dovrei dire a mio padre che non intendo avere a che fare con Brianna e che, anche se mi ha dato tutto quello che un padre può dare in termini di privilegi sociali ed economici, io non gli darò certo in cambio la mia libertà.

E dovrei dire a Every che ho mollato quella cretina da sola, con pochi spicci in tasca, in una cittadina in cui non conosce nessuno, insieme a un rottame di cane.

Ma io sono Lukas Walton, e penso soltanto a me stesso, e adesso raggiungo Society Hills, gli amici che mi aspettano, ci bevo su, e vaffanculo.

Peccato che, non appena la pioggia ricomincia a picchiare, ad andare affanculo siano tutti questi sacrosanti propositi.

In men che non si dica rieccomi sull'interstatale, imprecando di nuovo contro la mia totale imbecillità. 

Vado più forte e ci metto meno tempo dell'andata.
Per tutto il tragitto mi domando perché, perché, perché, cosa mi frulla in questo dannato cervello.

Quando arrivo a quella specie di lingua di terra punteggiata di villini, è praticamente notte. 

Ne percorro l'unica strada e quasi mi aspetto di imbattermi in lei che cammina col cane sotto il cielo plumbeo. Non c'è, e non c'è nessun altro, a dire il vero. 

Fa freddo, fra poco pioverà anche qui, il mare preannuncia onde e ruggiti, e solo un pazzo se ne andrebbe in giro in mezzo al vento. 

L'unico hotel presente è fuori budget per lei: io me ne intendo di alberghi, e in questo una camera standard costerà non meno di trecento dollari a notte. Morticia non può essere qui.

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