Epilogo

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LUKAS


La guardo senza che lei si accorga che sono tornato. 

Indossa una felpa rossa, una salopette di jeans tutta sporca di pittura, è scalza, e sta creando una sorta di murales a tutta parete. 

La sua tecnica non è così precisa da poterlo definire un trompe l'oeil, ma suppongo che Lilian non ci farà caso, e si lascerà incantare unicamente dai colori: rosa, lilla, azzurro, e qualche tocco di giallo oro.

Anche i suoi capelli hanno il colore dell'oro, adesso, e mi fermo a fissarli. 

Sono lunghi come quelli di una sirena da illustrazione. 

Mi appoggio allo stipite della porta e continuo a osservarla mentre dipinge. Vedo brillare ogni tipo di fiore sulla parete, soprattutto girasoli, accanto ai quali distinguo animali così numerosi e diversi da sembrare pronti per imbarcarsi sull'arca di Noè.

A un tratto Hemingway, che sta steso su un tappetino in un angolo della stanza, si accorge di me e accenna a un delicato scodinzolio. 

Non è più un gran guardiano, dall'alto della sua età venerabile e di un principio di sordità, ma è un membro della famiglia, così come Blaine, che vive nel villino accanto, a Brooklyn Heights. 

La coda del cane batte sul pavimento di legno, anche se per lui alzarsi è diventato molto difficile, e spesso è indispensabile fornirgli un carrellino per deambulare. Allora, Alyssa si volta.

Il suo sorriso si illumina mentre si precipita verso di me con lo stesso entusiasmo di una bambina. Non con la stessa agilità, tuttavia, considerato che è incinta di sei mesi.

La abbraccio e, dopo due giorni di assenza, mi dedico alle sue labbra come se fossero aria che mi è mancata. 

Stiamo insieme da quattro anni, ma l'attrazione che provo per lei non ha mai dato segni di cedimento. 

Mi piace più di quanto mi sia mai piaciuta una ragazza. 

Le accarezzo i capelli, tornati al loro colore naturale: un oro liquido che la fa sembrare simile all'angelo che, per tanta parte della sua vita, ha fatto di tutto per non sembrare. 

Lo sembra, ora, senza alcun dubbio, coi lineamenti delicati che ha, la pelle diafana e gli occhi verde chiaro, ma non è un angelo fragile.
È un angelo armato.

Non di pistole e coltelli, però.
Del suo coraggio, della sua determinazione, della sua anima ardita. 

Anche se non porta più i piercing sulle labbra e sul sopracciglio, ha ancora un minuscolo diamantino sul naso. I diamanti che porta alle orecchie, incastonati in due piccoli cerchi di platino, sono veri. Glieli ho regalati io.

«Cosa avete combinato, tu e Lilian?» le domando, dopo un bacio lunghissimo, e le poso una mano sul ventre.

«Siamo state al lavoro, due dei miei studenti sono stati ammessi al concorso di belle arti contemporanee latino-americane, Hemingway è rimasto qui mentre Blaine è via, e Dinka ci ha invitate a pranzo nel West Village.»

«Avete avuto dei giorni pieni», commento, tenendola stretta.

«E tu cosa hai fatto? Hai ottenuto quel finanziamento?»

«Certo che l'ho ottenuto. Nessuno può resistermi. Ho il sospetto che, in parte, alla base della disponibilità della banca ci sia sempre il mio fottuto cognome, ma siccome non mi sono neppure sognato di chiedere a mio padre di farmi da garante, il progetto deve essere piaciuto sul serio. Riusciremo a ingrandire l'hotel.»

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