Capitolo 17 (Dono inatteso)

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Sabato, 28 Dicembre
Theo

Ero seduto sugli spalti, il viso immerso nelle mani, quando sentii una voce chiamarmi. Alzai la testa e, inaspettatamente, vidi Becky. Non era il tipo di persona che si intrufolava nella mia vita, eppure eccola lì, con uno sguardo così sicuro, così determinato, da costringermi a tirarmi su e prendere fiato. Non mi aspettavo nessuno quel giorno; avevo scelto apposta questo campo vuoto per starmene in pace, lontano da occhi indiscreti e chiacchiere inutili. E invece, proprio lei, proprio Becky, mi si avvicinava, con un piccolo pacchetto stretto tra le mani.

«Questo è per te» disse, e la sua voce risuonò nel vuoto dello stadio come un sussurro forte e chiaro. Un regalo. Per me. Rimasi lì, impietrito. Nessuno mi aveva mai regalato nulla senza una ragione. Complimenti? Ne avevo avuti tanti, applausi anche, e qualche medaglia che giaceva dimenticata nel mio cassetto. Ma questo... era diverso. Aveva un sapore autentico, e in un secondo scardinò tutte le mie difese. Fissai il pacchetto nelle sue mani e poi i suoi occhi, quegli occhi intensi che sembravano capire più di quanto volessi lasciar trasparire.

«Grazie», mormorai, la voce impastata, come se avessi un nodo in gola. Ero certo che Becky fosse una ragazza tranquilla, sempre persa nei suoi pensieri, fedele solo alla sua amica Lily, una presenza discreta nei corridoi della scuola. Eppure, in quel momento, mi dava l'impressione di essere l'unica persona capace di vedermi davvero.

La sua figura restò davanti a me ancora per qualche secondo, poi, senza una parola, si voltò e si allontanò con passo lento ma deciso, quasi volesse lasciarmi il tempo di capire. Rimasi lì a guardarla sparire, e solo allora abbassai lo sguardo sul pacchetto che avevo tra le mani. Un dono piccolo, eppure mi sembrava pesante come un macigno.

Scesi dagli spalti e mi sedetti su una panchina vicino al campo. Non sapevo bene cosa farne; io non ero uno da regali, e aprire quel pacchetto mi sembrava quasi un atto di intimità che non sapevo se ero pronto a permettermi. Ma, alla fine, mossi le mani e, con una lentezza quasi cerimoniosa, sfilai la carta. Davanti a me comparve un libro: Il giovane Holden.

Mi bloccai, la copertina che mi scrutava come se conoscesse ogni pensiero che mi affollava la mente. Ero certo che Becky non avesse idea di quanto mi sentissi a disagio nel mio stesso mondo, eppure, senza sapere come, aveva scelto qualcosa che parlava proprio a quel senso di estraneità che mi porto addosso ogni giorno. Sfogliai qualche pagina, quasi per abitudine, senza leggere davvero. Un'inquietudine mi montava dentro. Come faceva a sapere? Come faceva quella ragazza a capire qualcosa di me che nessuno aveva mai intuito? Tutti gli altri vedevano solo la facciata: il capitano della squadra, il ragazzo che si fa notare, che ha sempre la battuta pronta. Ma dietro, dietro c'era ben altro, qualcosa che avevo sempre tenuto nascosto, anche a me stesso.

Ripensai al nostro incontro fuori dalla scuola. Avevo cercato di sembrare normale, di stare al gioco come faccio sempre, ma lei... Becky aveva visto attraverso quel mio "sto bene" che era solo una bugia. Mi sentii nudo, come se mi avesse smascherato in un solo sguardo. E quella sensazione mi spaventava e mi attirava allo stesso tempo.

Il libro stretto sotto il braccio, iniziai a camminare verso casa. L'aria era tagliente, ma non lo sentivo più il freddo, non come prima. La presenza di Becky, la sua calma e la sua determinazione, mi tornavano alla mente in un ciclo continuo. Non so cosa mi abbia spinto, davvero, ma capii che avrei letto quel libro, parola per parola, pagina dopo pagina. Mi sembrava di doverlo a lei, e forse anche a me stesso.

Camminando, non potevo fare a meno di chiedermi: cosa vedeva Becky quando mi guardava? Perché a me, guardandomi allo specchio, sembra sempre di vedere solo uno spettatore nella mia stessa vita. Ma forse, per la prima volta, qualcuno aveva davvero visto il Theo che si nasconde dietro la maschera. Quella consapevolezza mi pesava, mi dava quasi fastidio, ma allo stesso tempo mi donava una strana sensazione di sollievo. Mi sembrava assurdo, ma forse qualcuno mi aveva finalmente riconosciuto per quello che ero.

Arrivato a casa, posai il libro sul comodino. Mi sembrava giusto tenerlo lì, accanto a me. Avrei trovato il modo di ringraziarla, di rispondere a quel suo gesto inaspettato. E, mentre spegnevo la luce, capii che da quella sera in poi nulla sarebbe stato più lo stesso. Forse il vero cambiamento era appena iniziato.

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