Capitolo 11 (Sguardi perduti)

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Martedì, 24 Settembre (dopo la partita)
Becky

Il giorno dopo la partita il sorriso non riusciva a scendere dalle mie labbra, e camminavo come se stessi galleggiando a un metro da terra. Accanto a me, Lily continuava a parlare della partita, ma le parole mi sfioravano soltanto: avevo un unico pensiero fisso.

«Lily, devo dirti una cosa.» Non riuscivo a trattenermi più e le parole mi sfuggirono tutte d'un fiato.

Lei mi guardò con curiosità e una punta di divertimento. «Che c'è?»

Mi voltai verso di lei e, con un sorriso che stentavo a contenere, sussurrai: «Ho fatto eye contact con Theo!» Le parole mi riempirono di un'euforia irrazionale.

Lily scoppiò a ridere, scuotendo la testa. «Becky, sei davvero così su di giri per uno sguardo?»

«Non capisci...» sussurrai, cercando di dare un tono serio alle mie parole, anche se una parte di me sapeva di sembrare assurda. «È stato... è stato diverso. Proprio nel momento in cui stavano festeggiando la vittoria. I nostri occhi si sono incrociati e... è come se ci fosse stato qualcosa di non detto.»

Lei mi guardò con una tenerezza mista a divertimento. «Oh, Becky. Sei persa per lui.»

Anche se sapevo che era vero, lo negai con un sorriso. Ma sapevo di non poter ingannare me stessa: quel ragazzo mi aveva preso il cuore come nessun altro. Da quel giorno in libreria, l'immagine di Theo mi perseguitava dolcemente, e bastava vederlo nei corridoi per farmi dimenticare tutto. Era come se ogni istante accanto a lui si trasformasse in una scena che non smettevo di riprodurre nella mente.

Nel pomeriggio, io e Lily decidemmo di andare a fare un aperitivo. Ci fermammo in un piccolo bar che adoravamo, uno di quei posti intimi che sembrano usciti da un film, con la luce soffusa e i tavolini sparsi in modo quasi casuale, come se ognuno fosse stato messo lì per creare un piccolo mondo a sé.

Sedute davanti ai nostri cocktail, la osservai con un sorrisetto malizioso. «Allora, che ne pensi della partita?»

Lei alzò un sopracciglio, trattenendo una risata. «Ah, quindi parliamo di Theo?»

Cercai di mantenere una calma apparente, ma i suoi occhi mi sfidarono a negare l'ovvio. «Non solo di lui! La squadra ha giocato bene.»

«Già, soprattutto Theo il grande eroe della partita.»

Ridemmo insieme, e in quel momento ogni cosa sembrava più leggera. Parlare di lui senza nascondermi mi faceva sentire libera, e la presenza di Lily rendeva tutto più semplice.

«Ok, ok. Ma parliamo di te! Non mi hai ancora detto nulla di quel ragazzo del corso di letteratura...»

Lei fece un piccolo sospiro, scrollando le spalle. «Non c'è molto da dire. Non ho avuto il coraggio di dirgli niente.»

Le sorrisi incoraggiante. «Dai, Lily, devi provare! La prossima volta, prendi coraggio e vai lì. Magari gli piacciono i libri quanto a te!»

Lei annuì, un po' titubante, ma mi sembrò che le mie parole avessero acceso una piccola luce nei suoi occhi.

Continuammo a chiacchierare, e io le parlai del mio amore per 'Orgoglio e Pregiudizio'. So che lei non capiva come potessi perdermi nei drammi romantici, ma apprezzava ogni mia parola, e ciò mi faceva sentire compresa.

Quando il sole iniziò a scendere dietro i palazzi, ci incamminammo lentamente verso casa. Camminare accanto a lei mi dava una pace incredibile: era un momento tutto nostro, in cui mi sentivo al sicuro e libera di essere me stessa.

Rientrai a casa, trovando i miei genitori e i miei fratellini già a tavola. Mi sedetti, e il profumo della cena mi avvolse, riportandomi a una sensazione di calore domestico.

«Allora, com'è andata la partita?» chiese mio padre, con un accenno di orgoglio nella voce.

«Benissimo», risposi cercando di sembrare calma. «È stata una partita emozionante, hanno vinto.»

Mia madre sorrise. «Chi ha segnato?»

Mi fermai per un istante, il nome di Theo sulla punta della lingua, ma non volevo far capire a loro quanto mi interessasse. «Non lo so... uno della squadra.»

La cena continuò piacevolmente, con i miei fratellini che raccontavano le loro avventure della giornata. Uno di loro iniziò a imitare il coach della squadra, con la sua voce autoritaria e comica allo stesso tempo, facendoci ridere a crepapelle.

Quando finimmo, mi ritirai nella mia stanza. Avrei dovuto essere stanca, ma l'energia era ancora dentro di me. Mi distesi sul letto, fissando il soffitto e ripensando a ogni singolo dettaglio della giornata.

Ripensai al sorriso di Theo, a quel breve momento in cui i nostri sguardi si erano incrociati, e mi sentii invadere da una dolce euforia. Forse per molti non significava nulla, ma per me quel momento aveva cambiato tutto.

Chiusi gli occhi, immaginando la giornata come un susseguirsi di piccole, perfette scene. Era stata una di quelle giornate che ti fanno credere che tutto possa andare bene.

Con un sorriso tranquillo, mi addormentai, sperando che, al risveglio, quel sogno continuasse a farmi compagnia.

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