Capitolo 33 (Regali inaspettati)

1 1 0
                                    

30 Marzo
Theo

Il 30 marzo mi svegliai con il cuore ancora pieno della dolcezza che mi aveva attraversato negli ultimi giorni insieme a Becky. Era come se il tempo, da quando ci eravamo detti «ti amo», avesse preso un'altra dimensione. Ogni attimo con lei aveva una profondità che non avrei mai immaginato, e anche la più semplice delle sue azioni sembrava racchiudere un significato che solo io riuscivo a cogliere.

Mi svegliai presto, come al solito, e la vidi già alzarsi per andare al lavoro in libreria. Il suo sorriso veloce, mentre si preparava a uscire, era la sola cosa di cui avevo bisogno per iniziare la giornata con il piede giusto. Non mi scappò il pensiero di come fosse perfetta, anche nelle sue abitudini più normali, come quella di svegliarsi e affrontare la giornata con il suo caratteristico spirito.

Dopo una corsa rigenerante, una doccia che mi svegliò completamente e una colazione più che abbondante, mi sentii pronto ad affrontare il resto della giornata. Ma Becky non mi lasciò mai davvero. La sua immagine mi tornava in mente mentre mi preparavo, mentre attraversavo il traffico per arrivare in ufficio, mentre mi sedevo alla scrivania. Non smettevo di pensare a come stesse, a come si sentisse, a cosa stesse facendo tra gli scaffali della libreria, concentrata su un libro che stava catalogando o su un cliente che aveva appena aiutato. La sua presenza riempiva ogni angolo della mia giornata.

Arrivato in ufficio, qualcosa attirò subito la mia attenzione. Sulla scrivania, accanto ai soliti fogli di lavoro, c'era un piccolo pacchetto. Il cuore fece un salto. Il biglietto sopra, con quella calligrafia che ormai conoscevo a memoria, non lasciava dubbi: era Becky.

Lo presi tra le mani con un sorriso che non riuscivo a trattenere e lessi il messaggio che aveva scritto. Ogni parola mi toccava come una carezza.

«Verso l'ora di pranzo passo qui in ufficio da te per portarti a mangiare una pizza.
B.
ps: Ti amo.»

Non potevo fare a meno di sorridere. Becky aveva quella capacità unica di trasformare anche i piccoli gesti in qualcosa di speciale. E quel «ti amo» scritto con tanta naturalezza mi fece sentire come se il resto della giornata fosse già perfetto, come se nulla potesse davvero turbarci, tanto eravamo in sintonia.

Non aprii subito il pacchetto. Decisi di prolungare quel piccolo mistero per qualche ora in più, di godermi la suspense. Mi misi al lavoro, ma la mente, in fondo, era sempre a lei. Ogni tanto, mi fermavo a pensare a come sarebbe stato passare il resto della giornata con lei. E nel mentre, il pensiero del pacchetto sulla scrivania non faceva che aumentare la curiosità.

Finalmente arrivò l'ora di pranzo. Non riuscivo più a concentrarmi, controllavo continuamente l'orologio, contando i minuti che mi separavano da quel momento. Quando sentii bussare alla porta, il cuore fece un balzo.

Mi alzai di scatto e andai ad aprire. Becky era lì, con quel sorriso che mi scioglieva e una scatola di pizza in mano. I suoi occhi brillavano sempre di quella luce che mi faceva dimenticare ogni cosa, che mi faceva sentire a casa anche nel bel mezzo di una giornata qualsiasi.

«Eccomi», disse allegramente. «Spero che tu abbia fame».

«Becky, tu sei incredibile», le risposi, prendendo la scatola dalle sue mani e appoggiandola sulla scrivania. La guardai mentre si avvicinava, e in un attimo la strinsi in un abbraccio. La baciai sulla guancia, sentendo il suo calore avvolgermi, e in quel momento il resto del mondo svanì. Non c'era altro che lei.

«Ho preso la tua preferita», disse, mentre apriva la scatola e l'odore della pizza margherita riempiva la stanza.

«Perfetta», risposi, afferrando una fetta. «Tu sei perfetta, Honey».

Ci sedemmo vicini, condividendo quella pizza come se fosse l'unico pasto importante al mondo, mentre parlavamo del più e del meno. Ogni parola che usciva dalla sua bocca sembrava portare con sé una vibrazione speciale, come se ogni nostro scambio fosse carico di significato. Mi raccontò della sua giornata in libreria, delle facce dei clienti, dei libri nuovi da sistemare sugli scaffali. Io le parlai del lavoro, ma, in verità, i miei pensieri continuavano a tornare a quel pacchetto intatto sulla scrivania.

Quando finimmo di mangiare, Becky si appoggiò indietro sulla sedia, e il suo sorriso furbo mi fece capire che stava aspettando qualcosa. «E il pacchetto? Non l'hai ancora aperto!»

Mi girai verso la scrivania, come se improvvisamente me ne fossi dimenticato, ma in realtà la curiosità cresceva a vista d'occhio. «Hai ragione, me l'ero quasi dimenticato», dissi, tentando di sembrare noncurante, ma sentendo il cuore battere un po' più forte.

Lei rise, il suono della sua risata mi riempì di una felicità semplice e pura. «Dai, aprilo!»

Presi il pacchetto tra le mani, sentendo quel mix di eccitazione e nervosismo, e lo scartai lentamente. Dentro c'era una piccola cornice d'argento. Non ci misi molto a riconoscere la foto che vi si trovava dentro, e il mio respiro si fermò per un attimo.

Era una foto di noi due. Un momento che avevo quasi dimenticato, ma che Becky aveva custodito con attenzione. Ci stavamo baciando sotto la Statua della Libertà, con il tramonto alle spalle e il vento che ci scompigliava i capelli. Mi ricordai di quella giornata, di come ci eravamo fermati a guardare il mondo intorno, di come un passante ci aveva scattato quella foto mentre ridevamo imbarazzati per il nostro bacio in pubblico.

Guardai Becky, che mi osservava con un sorriso colmo di amore. «Non potevo lasciare che questa foto rimanesse solo nel mio telefono», disse piano. «Dovevi averla anche tu. È stato uno dei momenti più belli della mia vita».

Un nodo mi si formò in gola, il peso delle sue parole mi colpì dritto al cuore. Quella foto, quel momento, rappresentavano tutto ciò che eravamo. La spontaneità, l'amore, l'avventura. In quell'immagine c'era il nostro futuro, la promessa che ci saremmo sempre trovati, nonostante tutto.

«Becky...», dissi a bassa voce, incapace di trovare altre parole. La presi tra le braccia, stringendola forte, e la baciai. Questa volta, quel bacio non era solo un gesto: era una promessa. Una promessa che non l'avrei mai lasciata, che avrei fatto di tutto per renderla felice, perché lei era la cosa migliore che mi fosse mai capitata.

«Ti amo, Honey», le sussurrai, guardandola negli occhi.

«Ti amo anch'io», rispose lei, con quella sincerità che mi attraversava come una fitta di luce.

E in quel momento, sapevo che qualunque cosa il futuro ci riservasse, affrontarlo con Becky al mio fianco sarebbe stata l'avventura più bella della mia vita. Quella foto, con noi due sotto la Statua della Libertà, sarebbe stata il simbolo di tutto ciò che stavamo costruendo insieme.

L'Anima dei LibriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora