Capitolo 18 (Passi incerti)

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Domenica, 29 Dicembre
Theo

Dopo pranzo, mi alzai lentamente dal tavolo e uscii di casa. Avevo bisogno di respirare, di stare da solo, e senza pensarci troppo presi il libro che Becky mi aveva regalato. Il giovane Holden. Era quasi surreale il modo in cui quel semplice oggetto sembrava contenere un pezzo della mia inquietudine, della mia voglia di capire chi fossi davvero. Quel gesto di Becky continuava a ronzarmi in testa, e sentivo che mi aveva cambiato più di quanto volessi ammettere, come se un legame invisibile mi stringesse sempre più a lei.

Arrivato al parco, trovai la mia solita panchina, quella nascosta tra gli alberi, dove andavo quando volevo starmene per conto mio. Mi sedetti, e l'aria fredda e pungente mi svegliò da quella nebbia di pensieri. Aprii il libro, ma più cercavo di leggere, più la mia mente vagava. Perché proprio quel libro? Becky non era certo una che agiva senza pensare, e il dubbio che sapesse più di quanto immaginassi mi colpì come un pugno allo stomaco.

Il telefono vibrò, spezzando il silenzio. Era un messaggio di Adam:
"Stasera grande festa alla villa di Mark! Ci saranno tutti per festeggiare a mezzanotte!".

Sospirai. Non ne avevo voglia, di queste feste dove tutti fingevano di divertirsi per poi scordarsi tutto il giorno dopo. Ma, come sempre, quella parte di me che non voleva mai restare fuori mi spingeva a dire di sì. Era il ruolo che tutti si aspettavano da me, il ragazzo che tiene la scena, quello sempre presente. Mi sentii quasi obbligato a mantenere quella facciata, e alla fine mi convinsi. Sarebbe stato più facile andare, fare il mio solito numero e finire la serata come sempre.

Quando arrivai alla villa di Mark, erano quasi le dieci. La musica pompava forte, i bassi che vibravano nelle pareti e rimbombavano dentro di me. Appena entrai, Adam e gli altri mi tirarono dentro, tra pacche sulla spalla e risate rumorose. Iniziai a bere, a ridere, a lasciarmi trascinare. Con ogni bicchiere mi sentivo sempre più distante da quella parte di me che ancora cercava un significato a tutto. La musica, l'alcol, le luci che mi accecavano... almeno per un po', riuscivo a spegnere la mia testa e a essere solo "Theo".

Ero quasi riuscito a lasciarmi andare davvero, quando, in mezzo alla folla, vidi Lily. Sapevo che era la migliore amica di Becky, e senza pensarci mi avvicinai, forse sperando di avere un indizio su di lei. «Ciao Lily!» le dissi con un sorriso che speravo fosse abbastanza casuale. «Becky è con te? Anzi, verrà alla festa?».

Lo sguardo che mi rivolse fu gelido, quasi con disprezzo. Non rispose subito, e quando lo fece, la sua voce era fredda. «Sì, arriverà verso le dieci e mezza per festeggiare con me». Senza aggiungere altro, si allontanò, lasciandomi lì, confuso e con un amaro senso di colpa che mi colpì all'improvviso. Becky. Era da quel giorno sugli spalti che non le avevo scritto, che non l'avevo cercata. Aveva fatto un gesto che aveva cambiato tutto per me, e io... io l'avevo ignorata.

Il pensiero mi tormentò per il resto della serata. Anche mentre cercavo di divertirmi, di ridere con gli altri, sentivo qualcosa che mi stringeva dentro. Come potevo giustificarmi? Becky mi aveva visto in un modo che nessun altro aveva mai fatto, e io l'avevo lasciata in silenzio, come se nulla fosse successo. Quale diritto avevo di ignorarla così?

Mentre la festa continuava e la gente attorno a me sembrava divertirsi sempre di più, il mio disagio cresceva. Mezzanotte si avvicinava, e sentivo che se non l'avessi vista, se non le avessi parlato quella sera, tutto ciò che aveva iniziato a smuovere dentro di me sarebbe rimasto sospeso, incompiuto.

Poi, verso le dieci e mezza, la vidi. Becky era arrivata. Era lì, accanto a Lily, e il mio cuore fece un balzo. Lei ancora non mi aveva notato. E forse, pensai, sarebbe stato meglio così. Ma dentro di me, una voce insisteva: non potevo più sfuggire a quello che stavo provando. Becky aveva fatto il primo passo, e io non potevo continuare a fare finta di nulla.

Mentre la guardavo, decisi. Qualunque cosa fosse, qualunque cosa avrei detto, quella sera avrei trovato un modo per avvicinarmi a lei e farle capire che mi importava. Anche se non sapevo come, anche se l'idea mi terrorizzava, dovevo farlo.

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