Capitolo 12 (Magia notturna)

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Halloween, un mese dopo
Becky

Ottobre aveva lasciato il suo marchio su ogni cosa. Il mese scorso, dopo la vittoria della squadra di Theo, sembrava aprirsi un nuovo capitolo, e da allora le giornate si erano riempite di dettagli dorati: foglie che si coloravano di giallo e rosso, l'aria pungente della sera, il profumo dolce della legna bruciata e il chiacchiericcio eccitato a scuola, tutto puntato verso un obiettivo comune: Halloween.

Finalmente, il 31 ottobre era arrivato, portando con sé la festa più attesa dell'anno. Il nostro istituto si era trasformato: non era solo una scuola, ma un'enorme scenografia horror che ogni gruppo aveva costruito con passione. Io, Lily e le altre avevamo lavorato in aula di scienze, pronta a mutarsi nel "Laboratorio del Dottor Frankenstein." Sembrava un'altra dimensione: ragnatele finte ovunque, mostri di cartapesta, pipistrelli neri e luminescenti pozioni verdi nei barattoli. L'aula ordinata si era trasformata, e con essa anche noi.

Ogni giorno, dopo le lezioni, ci radunavamo per continuare le decorazioni, e col calare del buio il lavoro diventava quasi surreale. In quei momenti ridevamo, scherzavamo, ci raccontavamo storie di fantasmi, ogni dettaglio un invito a lasciarci andare, a spingerci oltre il confine del "vero" e del "finto." A un certo punto avevo smesso di percepire l'aula come un posto reale; era come se ci avvolgesse un'energia diversa, pulsante e vibrante di attesa.

Anche la città si era preparata a dovere. Ogni pomeriggio, tornando a casa, io e Lily commentavamo le decorazioni più spettacolari. Un giardino trasformato in cimitero, con figure in movimento e nebbia artificiale, aveva stregato la mia attenzione: era inquietante, ma magnetico, come un'attrazione proibita da cui non riuscivo a distogliere lo sguardo.

La preparazione non riguardava solo le decorazioni. Anche in laboratorio di cucina c'era fermento. Sfornavamo dolcetti di ogni tipo: biscotti a forma di zucca, ragni di cioccolato, fantasmi di meringa. Persino Lily, che non amava cucinare, si era immersa nella parte, ridendo mentre decorava cupcakes con glassa rossa che doveva sembrare sangue. Ogni profumo, ogni colore contribuiva a rendere l'atmosfera elettrizzante, un piccolo mondo costruito solo per quella sera.

E quando finalmente la notte di Halloween giunse, mi preparai come se stessi per entrare in un sogno. Il costume da strega era perfetto, con il mantello nero che fluttuava dietro di me e il trucco spettrale che Lily mi aveva aiutato a stendere con cura. Davanti allo specchio, per un istante non mi riconobbi: ero un'altra, pronta a vivere qualcosa di straordinario.

La festa si teneva in una villa fuori città, una casa che pareva nata per Halloween. Con Lily e le altre entrammo e fu come oltrepassare una soglia. Dentro, ogni stanza aveva una sorpresa: una cripta nel salotto, un laboratorio di pozioni in cucina, una stanza infestata al piano superiore. Tutto sembrava costruito per alimentare quella nostra sete di divertimento e mistero. Ci perdemmo nei corridoi, scoprendo stanze inesplorate, dove a un certo punto qualcuno, travestito da zombie, sbucò da dietro una porta, facendoci urlare e poi ridere fino alle lacrime.

Danzammo, bevemmo il punch "insanguinato" (che altro non era che succo di fragola), ridemmo fino a perdere la voce. La festa sembrava un continuo crescendo, una vertigine di emozioni che nessuna di noi voleva fermare.

Alla fine, esausta ma soddisfatta, accettai l'invito di Lily a dormire da lei. Ci buttammo sul letto ancora vestite, senza aver voglia di lavarci via il trucco, parlando dei momenti migliori della serata. Ogni risata, ogni sguardo, ogni dettaglio sembrava parte di un incantesimo. Ci addormentammo con i sorrisi sul viso, invase dalla gioia e dal calore di quella serata indimenticabile.

La mattina dopo, stanche ma piene di una felicità che non riuscivamo a contenere, tornammo a scuola in ritardo. Ma la magia di Halloween sembrava non voler abbandonare l'istituto: i corridoi ancora decorati, i compagni che commentavano gli eventi della festa... ogni momento della giornata era un'estensione di quella notte, un eco dolce e persistente della serata più spaventosa dell'anno.

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