Capitolo 21 (Shopping e colori)

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Mercoledì, 10 gennaio
Il continuo del capitolo 20
Becky

Il calendario segnava quella data con la stessa precisione di sempre, ma per me ogni giorno sembrava identico all'altro. Lo scorrere del tempo sembrava sospeso in quella routine di attese e delusioni che mi stava lentamente assorbendo. Stavo appoggiata alla porta dell'aula, in bilico tra il desiderio di fuggire e la determinazione a rimanere. Con lo sguardo fisso sul corridoio vuoto, attendevo l'arrivo di Lily, cercando di raccogliere i pensieri e fare ordine dentro di me.

La scuola era immersa nel silenzio ovattato del mattino, un silenzio che sapeva di polvere, di sogni infranti, di parole mai dette. Mi sembrava quasi che persino i muri respirassero piano, trattenendo il fiato per non disturbare quell'atmosfera sospesa. E fu in quell'istante di calma che lo vidi.

Theo passò accanto a me, con la camminata rapida di chi ha fretta di scappare da qualcosa, o forse da qualcuno. Non sapevo mai cosa aspettarmi da lui. I nostri occhi si incontrarono, e in quel frammento di secondo ebbi l'impressione che ci fosse qualcosa dietro il suo sguardo, qualcosa di fragile, nascosto con cura. Ma come ogni volta, distolse lo sguardo in fretta, quasi fosse un peso guardarmi, quasi gli facesse male tenermi negli occhi anche solo per un istante. Mi lasciò addosso un senso di vuoto, di delusione.

Respirai a fondo, cercando di riprendermi, ma il mio disagio era palese. Lily mi raggiunse con il suo solito sorriso affettuoso. Lei mi leggeva dentro, sempre. «Tutto bene?» mi chiese, la voce gentile come un balsamo. Non volli mentirle, ma non avevo neanche voglia di parlare. Annuii appena, senza troppa convinzione. Come sempre, lei capì.

«Che ne dici di uscire insieme dopo scuola?» propose. «Un po' di shopping, un caffè... qualsiasi cosa ti faccia stare meglio.»

Accettai, grata per il suo tentativo di distrarmi. Lily sapeva come rendere il mondo più leggero. Era l'amica che sapeva dosare le parole, che capiva quando bastava un sorriso o una risata per scacciare via i pensieri più cupi. E così, più tardi, ci ritrovammo a camminare per le vie del centro, tra le luci dei negozi e il via vai delle persone, mentre il freddo di gennaio ci pizzicava il viso.

Passammo davanti alla mia libreria preferita, Mondo dei Libri. Non potevo resistere. Ogni volta che ci passavo, un richiamo silenzioso sembrava attirarmi verso quella vetrina. «Posso entrare solo un secondo?» chiesi a Lily, trattenendo a stento l'impazienza. Lei rise, come sempre. Sapeva bene quanto adorassi quel posto. Entrammo, e subito il calore della libreria ci avvolse. L'odore della carta, delle copertine nuove, era come un invito a fermarsi e scoprire mondi che aspettavano solo di essere letti.

Sfiorai i dorsi dei libri con delicatezza, lasciando che le dita sfiorassero ogni titolo. I miei occhi si posarono su una copia di Jane Eyre di Charlotte Brontë. Un classico, uno di quelli che avevo letto anni prima, ma che sentivo di voler riscoprire. Forse, pensai, avrei trovato qualcosa di nuovo in quelle parole che conoscevo già, qualcosa che avevo perso la prima volta. Era come se quel libro mi stesse aspettando. «Lo prendo», dissi a Lily, sorridendo con un entusiasmo che neanche ricordavo di avere.

Lei mi propose di fermarci in un piccolo caffè lì accanto, un posto dall'atmosfera calda, avvolto in una luce dorata che sapeva di intimità. Ordinammo due cappuccini e chiacchierammo dei nostri progetti, di film e libri, e di tutti quei piccoli dettagli che riempiono la vita. Parlare con Lily mi faceva sentire meno sola, più forte. Era come se potessi rifugiarmi nel presente, dimenticare il passato e non pensare troppo al futuro.

Quando uscimmo dal caffè, il pomeriggio stava ormai scivolando verso sera, e decidemmo di fare un giro nel parco vicino. La luce del tramonto colorava il cielo di sfumature aranciate e rosa, rendendo tutto più bello, quasi magico. Indossammo le sciarpe e ci addentrammo tra i sentieri ricoperti di foglie secche. Il parco era quasi deserto, silenzioso, e l'aria era impregnata del profumo invernale della terra bagnata.

Ci fermammo davanti a una delle installazioni luminose ancora montate per le feste. Le luci colorate si riflettevano nei miei occhi, e per un momento mi sembrò di poter trovare in quel gioco di colori una bellezza semplice, un sollievo. «È stupenda», sussurrai, senza staccare lo sguardo. Sentivo che quello era un momento mio, un momento di pace che volevo custodire.

Quando rientrai a casa, la giornata mi sembrava più lieve, come se il peso che avevo addosso fosse stato allentato. Mia madre mi accolse con il solito sorriso caldo, e poco dopo ci ritrovammo tutti a tavola per cena. I miei fratellini, Jack e Lucas, erano euforici, pieni di racconti e risate, e quel loro entusiasmo era contagioso. Raccontai della mia uscita con Lily, della libreria e del libro che avevo preso, e per un momento sentii che tutto andava bene, che in quella semplicità c'era qualcosa di profondamente appagante.

Più tardi, infilata sotto le coperte, presi il mio nuovo libro e iniziai a leggere. Le parole di Charlotte Brontë mi avvolsero, trascinandomi in un mondo lontano, fatto di sentimenti profondi e di una forza che risuonava dentro di me. La storia di Jane, con la sua resilienza, mi toccava nel profondo, e mi sembrava di trovare in lei una compagna, un'alleata silenziosa.

Quando finalmente alzai gli occhi dal libro, era ormai notte fonda, ma non mi importava. Mi sentivo stranamente serena, come se ogni frammento di inquietudine fosse stato lavato via. Chiusi il libro con un sorriso, lasciandolo sul comodino accanto al letto. Pensai a Theo per un istante, ma questa volta il suo ricordo non mi fece male. Ero stanca, sì, ma anche tranquilla, come se avessi trovato una tregua dentro di me.

Mi preparai a dormire, e quando chiusi gli occhi, il sonno mi accolse dolcemente, portandomi via come una coperta calda in una notte d'inverno.

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