17. Fumo negli occhi e almeno posso lacrimare

9.9K 443 86
                                    

- "(...) Ma se fargli piacere vuol dire farmi del male, che m'importa in fondo del male?"
Mark Twain, Dal Diario di Eva.

- "Sei mai stato innamorato?"
"L'amore è per la gente vera."
"Tu sembri vero."
"La gente vera non mi piace."
"Non ti piace?"
"La odio."
Charles Bukowski, Factotum.

Josephine

Avanti e indietro, avanti e indietro come una pazza.

Avanti e indietro sotto casa, a lungo, e le persone che mi passano di fianco stanno pensando che c'è una psicopatica a far strisciare gli scarponcini scricchiolanti lungo il marciapiede pur d'infastidire la quiete pubblica. Allora quando comincio a sentire la testa girare, prendo a camminare dritto davanti a me. Abbastanza per superare le palazzine e arrivare a qualche isolato da qui; mi ficco nel primo bar popolato, nella speranza che nella folla io possa confondermi. Sono uno straccio; non m'interessa del trucco, non lo avrei applicato a prescindere, ma mi sono appena ripresa da un'ora di coccole con Harry – ho messo il maglione ma l'aria picchia un po' sulle gambe, perché oggi è un po' fresco.

Scavando nella tasca scovo cinque dollari, allora mi compro un caffè, lo chiedo a portar via ma mi siedo a un tavolino vuoto della zona fumatori.

I movimenti sono automatici, perché tanto di pensarci non se ne parla; apri il pacchetto, prendi sigaretta, metti dietro l'orecchio, agguanta l'accendino, recupera sigaretta, occhio a non bruciarti i capelli scompigliati davanti la faccia, mentre accendi.

E occhio a non bruciarti gli ultimi neuroni buoni che c'hai, quelli che persistono – un po' più duri a morire, a forse di fossilizzare i pensieri su Harry. Ed è ciò, la consapevolezza di questi ultimi pensieri ostili, che rende tutto più difficile. E' difficile e allora io scatto – e scappo. Questa volta il rifugio me lo sono creato nel primo bar che mi è capitato a tiro, perché di certo non potevo tornarmene a Londra e soltanto perché sono terrorizzata dai sentimenti.

C'è che le persone, gli uomini, mi terrorizzano, così cerco sempre di rendermi spaventosa ai loro occhi pur di farli andare via, tenerli lontano ancora prima di provare sentimenti per qualcuno.

A Harry però non sembra importare però di quanto io possa sembrare pazza. E neanche ai miei sentimenti, questi ultimi non fanno che scalpitare soltanto al suono del suo nome. E io non posso, non voglio. Come potrei giocarmi così tanto? Mai arriverei a tanto, a rischiarmi il cuore – perché è di questo a trattarsi – per un ragazzo che ha l'aria di sfruttare le donne solo a scopo di puro piacere. Fanno sempre i bonaccioni, prima di entrarti nelle mutande. Poi diventano figli del diavolo pur di farti scappare via o ti rendono invisibile, completamente, come se non esistessi più.

Harry sembra questo, non potrei mai – mai.

Mai.

Non mi permetto di pensare a me e a Harry, a noi, in quel modo. Che strana parola, Noi. Ci sta Twain che dice che l'abbia coniato Eva, questo termine, e che Adamo proprio non lo sopportava. Se ne stava nell'Eden ad osservare quella creatura – proprio come Adamo la apostrofava – lei se ne stava con quell'aria curiosa e a inventare nuove parole. E io, se continuo così, farò la fine di Adamo; uomo di poca tolleranza, ma che poi se ne nutre e ne diviene ingordo, delle scoperte di Eva, proprio come Noi.

Ma io a quel noi non ci voglio pensare, eppure sono spaventata. E il caffè è bollente e il fumo mi entra negli occhi. Almeno adesso posso lacrimare liberamente, almeno adesso ho una scusante buona.

"Tocca che corro" mi dico, e lo penso davvero. Dovrei correr via. Appuro, sospirando, che dovrei tornarmene a scappare, che quello è il mio rifugio migliore. Non è un luogo né un punto preciso; solo lontano, ecco cosa. E mai nello stesso posto; tutto fuorché lì insomma. Dove effettivamente i problemi sorgono.

The Runaway (Harry Styles AU)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora