#5# Criceto Di Merda

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Hope

Nonostante tutti gli sforzi fatti per la ricerca di fisica e l'interrogazione di biologia, non ebbi il coraggio di affrontare altro quella mattina, cosí firmai e uscii da scuola, vagando come una mummia per la strada.

Dopo quel momento assurdo, in cui io e Louis avevamo "stipulato" un accordo nel cesso della scuola per il mio futuro, lui era uscito dal bagno con me e poi aveva detto che ci saremmo aggiornati riguardo il mio ruolo. Da parte mia il suo "Poi ne riparliamo con calma." equivaleva a un "per ora sei salva, ti condannerò in un secondo momento". Avevo guardato il suo profilo slanciato allontanarsi nel corridoio un po' stordita, mente ripensavo al momento in cui le sue nocche si erano scontrate con la faccia di Cam. Ricordai in quel momento lo schiocco che avevo sentito e mi chiesi se proveniva dalla faccia da culo, o dal folle che mi aveva parato le chiappette, evitandomi una vita da liceale-prostituta... Oddio. Non sapevo proprio se me l'aveva risparmiata.................

Il lato positivo era che stavo respirando finalmente un po' di aria fresca, tipica del clima inglese, mentre camminavo lungo il marciapiede della strada; a quell'ora, senza tutti gli studenti che passeggiavano intorno a me, quella via sembrava veramente deserta e forse anche un po' sinistra...

Non mi preoccupavo del fatto che potesse mettermi soggezione, perché in fondo ero abituata a luoghi in cui la gente si sentiva già dall'inizio esclusa o non adeguata; lo studio fotografico di mia madre era decisamente più terrificante di una strada alberata, o di una grotta sotterranea. Molte modelle, uscendo da là, tiravano un sospiro di sollievo, come guerriere che erano sopravvissute all'attacco di un branco di iene ridens. O di mia madre... Erano sinonimi, i due.

Lei era buona solo ad impartire ordini, sbattendoti in faccia minacce ogni qual volta che qualcosa le sfuggiva dalle mani: non facevi quello che voleva? Sbam: tagliati i fondi, chiuse le possibilità presso altre case di moda e ciao ciao carriera. Era glaciale, pazza, calcolatrice, sfruttratrice, dispotica... E poi mi chiedeva come stavo per messaggio? Fottiti, Hitler. Era veramente un controsenso della natura umana se lei si interessava anche solo minimamente a come stavo, quello che volevo o in generale all'aria che respiravo. Era come se lucifero mi prendesse per mano, portandomi nel salottino del thé a prendere qualcosa di caldo, offrendomi dei dolcetti; perfino il lupo di Cappuccetto Rosso era più buono di mia madre. Forse anche il Mostro di Lockness... Bigfoot... Voldemort... Il Grinch...

Dai, cazzo, non poteva credere davvero che me la bevessi così!

Comunque... Che giornata di merda, già di mattina! Sospirai salendo i gradini d'ingresso con passo strascicato; all'improvviso il pisolino che avevo fatto in infermeria si era azzerato e mi ritrovavo di nuovo priva di forze.

Cercai le chiavi nella borsa freneticamente, con la frustrazione che ribolliva nelle mie vene. Ero una ragazza abbastanza ordinata, ma mettere mano nella mia borsa era come cercare una moneta nella discarica più grossa del pianeta. Ci si poteva trovare veramente di tutto; il punto era che se fosse uscita Mary Poppins, pure lei si sarebbe spaventata della tracolla che avevo. Dovevo trovare quelle chiavi, pur di entrare e buttarmi sul divano a fare un cazzo per il resto della mia vita.

Ma no! Uno stupido malato di mente aveva inventato la scuola e ora ero io ad avercela nel fondoschiena e a doverla frequentare!!! Fuckky. Pensai, immaginando di poter strangolare quell'uomo o quella donna, che mi aveva condannato ad una vita di merda, chiusa fra quattro mura per otto ore al giorno. Era quasi meglio il carcere... Boh. Forse sí, forse no. Almeno la scuola non aveva una divisa arancione shokking.

Arrivai in camera mia e mi sfilai i jeans, per poi indossare degli shorts da jogging e sostituire la felpa con una canotta nera. Strisciai fino al letto e poi mi misi sotto le coperte, tirandole sú fino al mento; mi piaceva la sensazione di tessuti morbidosi e caldi sulla pelle. Anche d'inverno, solitamente, non mettevo roba lunga, assaporando la sensazione di quei materiali. Semplicemente ero strana e mi andava benissimo così, perché trovavo la normalità estremamente noiosa... Non c'era gusto a fare, dire, pensare, indossare quello che volevano tutti gli altri; non potevo essere semplicemente l'ennesima bella ragazza, elegante e fine, educata e rispettosa. No. Volevo che quando le persone parlassero di me, dicessero che ero LA Hope Jackins pazza, quella che riusciva a mangiare due pizze e mezza, andare in skate attaccata al parafango di un camion, o quella che si era fatta seicentoquaranta chilometri a scrocco, viaggiando con suo fratello su varie vetture di sconosciuti.

Hitboy ~ Louis Tomlinson [Ended]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora