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«Ciao Monica, per fortuna che sei arrivata presto» esordì Jean Luis Dumont, non appena la vide entrare in negozio, parlando con quel suo accento ancora marcatamente francese nonostante ormai fosse in Italia da vent'anni e avesse addirittura cercato di fare un corso di dizione.

«Oggi per cortesia, dovresti sostituire Marta. Mi ha mandato un messaggio, ma è ammalata. Ha la febbre quasi a quaranta.»

«E ha disturbato lei, Monsier Dumont?» puntualizzò Monica stupita. «Marta lo sa che per queste cose deve rivolgersi a me! Avrebbe potuto mandarmi un messaggio senza infastidire lei» aggiunse quasi scusandosi per il comportamento della giovane commessa.

«Non importa. Il problema è che oggi devo assentarmi per un paio di ore per cui non posso essere qui a darti una mano. Dovrai assolutamente occuparti tu della boutique. Sara da sola non ce la può fare.» il tono di voce del titolare era concitato e perfino un po' troppo agitato.

«Certamente, non si preoccupi Monsier Dumont. Lei segua tranquillo le sue cose, qui posso cavarmela io.»

«Credi di potercela fare?» La cortesia del suo capo, che intendeva essere soltanto gentilezza, rischiava quasi di sembrare offensiva. Monica non era certo alle prime armi e non si sarebbe certo sentita spaesata a gestire i clienti per un paio di ore. «Sai, in questi giorni, c'è un maggior flusso di clienti... Oh, cara non sai come mi dispiaccia lasciarti da sola...»

«Stia tranquillo, davvero. Alle undici poi inizia il turno anche Lucia.»

«Ah, vero! Meno male!» le rispose Dumont, visibilmente sollevato e contento che lei avesse preso in mano la si­tuazione. Era stato proprio fortunato ad assumere quella ragazza tanti anni prima, si disse. Forse avrebbe potuto proporle di entrare in società con lui. Gli piaceva l'idea che di lì a qualche anno, o forse addirittura a qualche mese, quando avesse deciso di ritirarsi, una persona fidata e che stimava potesse portare avanti il lavoro che lui aveva iniziato e che aveva tanto amato, vedendolo crescere pian piano fra le sue mani e di cui andava fiero come se si trattasse di un gioiello prezioso.

Jean Luis non aveva figli e probabilmente Monica era l'unica persona che avrebbe voluto come suo successore.

Ma la ragazza non sapeva ancora niente dei progetti che il suo titolare stava cullando a sua insaputa nella sua mente.

Sara era uscita a prendere un caffè e a fare una breve pausa. Monica era rimasta sola nella boutique e stava controllando che tutte le giacche di Valentino, che erano appese nello stand dedicato alla griffe, riportassero il prezzo sul cartellino. Il giorno prima aveva incaricato Lucia, la nuova assunta di occuparsene, ma le era parsa decisamente con la testa fra le nuvole.

Monica nel suo lavoro era una perfezionista, non avrebbe tollerato di scoprire che qualcosa non fosse a posto e preferì verificare di persona che tutto fosse stato eseguito alla perfezione. Scelse di farlo prima che la commessa iniziasse il suo turno di lavoro per non dimostrarle palesemente che ancora non si fidava del tutto di lei e del suo modo di lavorare.

«Buongiorno.»

Una calda voce maschile la distrasse dal suo compito pronunciando il saluto con un tono sicuro.

Monica si voltò e si avvicinò con aria professionale al cliente, che si stava togliendo un paio di occhiali da sole dalle lenti scure.

«Buongiorno. Posso aiutarla o preferisce prima dare un'occhiata?» gli chiese gentilmente, lasciando al cliente la possibilità di scelta.

«Do prima un'occhiata, grazie» rispose lui freddamente, dirigendosi verso uno dei vari stand collocati lungo le pareti del negozio. Monica lo seguì appena con lo sguardo e vide che lui le stava dedicando una lunga occhiata.

Irresistibile (wattys 2019) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora