Capitolo 38

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Sara

Non appena finisce la scuola, prendo la mia borsa ed esco da quell'edificio.
Torno a casa, senza neanche aspettare Stash.

Vado in camera mia, e mi butto sul letto, chiamando Angela.

Le racconto tutta la giornata, raccontandole pure di me e Stash.

"Ma mi pare normale.", dice tentando di consolarmi.

"No. Mi sono sentita usata. Mi ha trattata da troia. Ma proprio il modo in cui l'ha detto. Mi ha umiliata."

Le ho raccontato del 'Muoviti, cazzo!' di Stash, e del tono in cui me l'ha detto, facendomi sentire una troia.

Okay, forse sono io che me la prendo facilmente, ma sa benissimo come mi sento.

"Dai, nana, domani ci penso io a lui.", risponde.

Sospiro, ci salutiamo, ed inizio a fare i compiti.
Il cellulare squilla ininterrottamente, è Stash.

Lo ignoro, spegnendolo, e dedicandomi ad Educazione Alimentare.

Stash

Cazzo, cazzo, cazzo.
Non risponde, ed io sono preoccupato.
Merda.
L'ha spento.
Getto il telefono sul letto, uscendo da camera mia e andando in cucina, dove trovo Daniele ed Alex intenti a parlare.

"Tutto bene Sta?"

"Si.", mento.

"Cugì, sei incazzato nero. Che ti prende?"

Mi siedo sulla sedia di fronte ai miei coinquilini, e racconto tutto.

"Io fossi in te andrei a casa sua.", mi consiglia Dani.

"Dici?", chiedo scettico.

"Si."

"Okay.", faccio per alzarmi, quando Alex mi blocca per un braccio.

"Ti ricordi il lavoro che abbiamo perso?"

"Si."

"Ne abbiamo trovato un altro, come cuochi."

A quelle parole, scoppio a ridere.

"Cuochi? Voi due?"

"Si.", rispondono in coro.

Ci abbracciamo, sono felicissimo per loro.

"Dai, vai dalla tua moretta prima che papà arrivi.", dice guardando l'orologio e sbiancando. "Muoviti Stash. È già a casa a quest'ora."

Merda.
Afferro al volo il giubbotto e le chiavi della macchina, e mi precipito da lei.

Suono ripetutamente il campanello, e sorrido non appena vedo Sara che mi apre la porta.

Ha gli occhi rossi ed indossa una felpa che le arriva al ginocchio: è mia, la riconosco.

Si sposta per farmi entrare.

"Mio zio?"

"Bho.", dice scrollando le spalle.

Andiamo in camera sua.
Si siede sul letto, ed io la imito, ma sedendomi sulla sedia della scrivania.

"Mi dici che ti prende?"

"Niente."

Fisso i miei occhi nei suoi, ma dura poco, dato che lei abbassa subito lo sguardo.

Si scrocchia le dita, segno che è nervosa ed agitata.

"Sai che odio quando lo fai.", le dico.

Mi alzo, e mi avvicino a lei.

"Mi dici cosa cazzo ti passa per quella testa?", dico scrollandole con forza le spalle e alzando il tono della voce.

Mi fissa, ed una lacrima le riga il volto.

"Mi hai trattata da troia, come dovrei sentirmi?", sussurra appena.

Continuo a non capire.

"Quando ci siamo incontrati nelle cabine.", spiega.

Merda. Ora ho capito.

"Scusa piccola. Non volevo, davvero."

Annuisce e mi abbraccia.
Le lascio un bacio fra i capelli, le alzo il mento con due dita, costringendola a fissarmi, e la bacio.

"Promettimi che non sparirai più."

"Ci provo.", dice.

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