✖ NINETEEN ✖

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La mattina successiva, mi alzo svogliatamente dal letto dopo che il suono fastidioso della sveglia ha iniziato a trillare accanto ai miei timpani, risvegliandomi dal mio magnifico sonno.

Guardo il display del cellulare, ritrovandomi un messaggio di buongiorno da parte di Matteo.

Ed é proprio vero che, in fin dei conti, il buongiorno si vede proprio da chi te lo manda, anche perché siamo noi che decidiamo il nostro umore in base a chi ci scrive o meno su Whatsapp.

Dopo aver fatto una leggera colazione, esco di casa dopo essermi lavata e vestita, pronta per il secondo giorno di registrazione.

Ho riflettuto tutta la notte su come intitolare l'album, ma veramente ho la mente bloccata, come se quella poca creatività che avevo fino all'anno scorso fosse andata perduta completamente.

«Buongiorno Serena.» mi saluta cordialmente Jim.

«Buongiorno.» rispondo entrando nello studio di registrazione, con in mano un bicchiere di caffé fumante.

«Allora, novità sul titolo?» mi chiede, mentre io mi siedo sul comodo divanetto.

«Veramente...» inizio a farfugliare qualcosa di incomprensibile, finché l'uomo mi si piazza davanti, guardandomi con uno sguardo amorevole.

«Serena, se per te é cosí complicato scegliere un titolo per un album, ne sceglieró uno io per te, ma dobbiamo fare in fretta, ti ho già avvertita.» mi dice con tono paterno.

«Datemi solo un ultimo giorno di tempo, per favore. Se domani non avró il titolo giusto allora rinunceró.» lo imploro io.

Per me é davvero importante poter scegliere il titolo dell'album perché é mio, é frutto di un mio lavoro e di testi scritti da me, devo sentirlo mio completamente, a partire dal titolo.

Jim annuisce e si posiziona di fronte alle casse, indossando le cuffie e iniziando a lavorare ad alcuni suoni, mentre io sorseggio velocemente un po' di caffé bollente, scottandomi la lingua, ed entro nella sala, piazzandomi di fronte al microfono, pronta a registrare altre canzoni.

Ho ripetuto varie volte una canzone, per provare la varia tonalità di suono e cose del genere, poi siamo passati ad altri testi e abbiamo ripetuto lo stesso procedimento per tutta la mattinata.

Tra una sorseggiata di caffé, i consigli paterni da parte di Jim, i messaggi di incoraggiamento mandatimi da Matteo durante le breve pause che mi sono state concesse, finalmente sento Jim che dall'altra parte della stanza, annuncia: «Bene, per oggi abbiamo finito.»

Cosí facendo, si toglie le cuffie.

Tiro un sospiro di sollievo e mi precipito letteralmente verso il distributore di merendine del quarto piano, per mettere dentro al mio stomaco qualcosa di dolce.

«Serena, per oggi ti lascio libera.» mi sorride amorevolmente il mio capo, prima che io possa varcare la porta del suo ufficio.

«Va bene, grazie.» rispondo rilassandomi e addentando il mio Twix White.

«Comunque, stasera c'é la festa di compleanno di mia figlia, ricordi?» chiede l'uomo, facendomi bloccare nel bel mezzo della mia uscita trionfale verso la libertà.

«Si, certo.» annuisco voltandomi e sorridendo.

«Alle otto, al McDonald's.» mi avverte prima che io esca dallo studio.

Appena esco in strada, blocco un taxi per tornarmene a casa, ma un clacson attira la mia attenzione.

«Matteo?» sorrido andandogli incontro.

Ovunque tu sia, io so amare fino a lí || The CrookidsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora