Capitolo 4: La determinazione di Mia

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Mia aveva mantenuto la parola. Era rimasta immobile, seduta al centro della piazza, come se nulla fosse.
Inizialmente, l'avevano lasciata fare. Non credevano che avrebbe resistito tanto a lungo. Col passare delle ore, però, Kador iniziò a preoccuparsi. La ragazza era davvero molto tenace. Sembrava quasi che non sentisse nulla. Niente fame, niente sete, nessuna stanchezza. Per un attimo ne ebbe quasi paura. Mia, d'altra parte, sentiva eccome la stanchezza, ma cercava di non darlo a vedere.
Da piccola le era già capitato di rimanere senza cibo per giorni e giorni, perciò aveva fiducia nelle sue capacità.

Una guardia si fece avanti, guardandola dall'alto in basso:
"Signorina, lei deve uscire", Mia non rispose, "Il gioco è durato anche troppo. Se non va via da sola, sarò costretto a buttarla fuori" ancora nessuna risposta. La guardia si innervosì. Andò alle sue spalle e la afferrò per le braccia, pronto a farla alzare. La reazione di Mia fu così veloce che quasi non se ne rese conto.
La ragazza roteò su se stessa, afferrò la spada della guardia e gliela puntò al collo, guardandolo con freddezza. L'uomo si irrigidì. Era rimasto senza fiato. Non aveva mai visto nessuno muoversi così velocemente. Mia rimase in quella posizione ancora qualche secondo, lasciando che il soldato sentisse la pressione della lama, poi arretrò lentamente, porgendogli la spada:
"Non sono ancora pronta ad andare"
Il soldato riprese con cautela la proprio arma e indietreggiò, temendo che la ragazza volesse attaccarlo. Questa, invece, si voltò di nuovo e tornò alla sua postazione.

In città, si era sparsa notizia che una giovane ragazza stesse cercando di entrare in Accademia. Molte persone si fermavano ogni giorno davanti ai suoi cancelli per poterla vedere. Alcuni di loro, iniziarono persino a sostenerla! Molte donne cercavano di avvicinarsi a lei per lasciarle qualcosa da mangiare e aiutarla a resistere, ma le guardie non permettevano a nessuno di entrare nella piazza. Ben presto scese la notte, e Mia iniziò a sentire freddo.
Una figura le si avvicinò, indossava un mantello nero e la ragazza non riusciva a vederlo in viso. Solo quando fu abbastanza vicino Mia sorrise, "Alec!", il ragazzo sedette accanto a lei e le porse un mantello uguale al suo, "ne hanno a centinaia, non credo che se la prenderanno", poi si frugò nelle tasche, e tirò fuori un pezzo di pane, "Non è molto ma... meglio di niente", Mia lo accettò con gratitudine.
Al primo morso si rese conto di quanto fosse affamata e lo divorò in fretta. Alec era stranamente serio.
"Sei riuscito ad entrare?"
"Si... avevi ragione, è stato molto semplice" fece una pausa "Senti Mia... io farò quello che posso per aiutarti ma..." abbassò lo sguardo, sembrava davvero molto preoccupato, "Se inizierai a stare male ti porterò via da qui io stesso. Non importa quanto potrai protestare! Quegli uomini non ti lasceranno mai entrare, e non puoi restare qui a portare avanti la tua protesta per sempre!", Mia sorrise. Lo faceva sempre, anche nei momenti più difficili. Era questo che amava di lei. Quella ragazza era come un raggio di luce, in grado di illuminare la notte. Era sempre speranzosa, forte, positiva. Non poteva fare a meno di lei. Aveva bisogno di lei.
Mia gli sfiorò la guancia dolcemente:
"Sei troppo buono per fare il soldato", si sporse verso di lui e lo baciò. Alec rimase sorpreso. Era la prima volta che Mia lo faceva. Chiuse gli occhi. Amava il sapore delle sue labbra, il tocco della sua pelle. Avrebbe voluto restare con lei per sempre. Poi Mia si allontanò, e lo sguardo del ragazzo si incupì, offeso.
"È meglio se rientri. Non credo sarebbero molto felici di sapere che mi stai aiutando", Alec non replicò.
Per quanto desiderasse restare con lei, non voleva davvero ricevere qualche strana punizione.
"Buonanotte Alec"

Kador iniziava a spazientirsi. Quella ragazza gli stava dando parecchio filo da torcere. Tutti gli uomini che tentavano di buttarla fuori venivano puntualmente respinti, eppure a quel punto, dopo una notte intera passata seduta al freddo, doveva essere esausta.
Una guardia si avvicinò e portò la mano al petto in segno di rispetto:
"Mi ha fatto chiamare signore?", Kador annuì, "Voglio che porti da me Marko. Ho un compito per lui", la guardia non esitò per un solo istante. Fece un piccolo inchino ed uscì dalla stanza.
Kador sorrise soddisfatto. Ora che in città si era saputo di questa ragazza, l'Accademia avrebbe sicuramente perso il suo prestigio. Se fossero riusciti a cacciarla via, si sarebbe creato il dissenso, in quanto le regole stabilivano che ad ogni candidato veniva offerta una possibilità. Se fosse morta durante la sua protesta, avrebbero iniziato a dire quanto i cavalieri fossero stati crudeli a lasciare che una giovane ragazza morisse tra le loro mura.
Kador perciò aveva deciso di darle una possibilità, ma diversamente dagli altri cadetti, il suo sarebbe stato un vero avversario.
Quando Mia vide Kador scendere in piazza si alzò. Forse l'uomo aveva deciso di prendere in considerazione la sua richiesta.
"Il regolamento dell'Accademia stabilisce che, qualunque persona si presenti in questo luogo, debba avere la possibilità di entrarvi come studente. Certo è che fino ad ora non era mai successo che una donna si presentasse alla nostra porta, ma ho deciso comunque di darti una possibilità" lo sguardo di Mia si illuminò. Finalmente avrebbe potuto mostrare a tutti quanto valeva.
Alec era in disparte, e guardava la scena insieme ad altri ragazzi.
Al di là dell'entrata principale molte persone erano venute a vedere se la ragazza sarebbe riuscita nella sua impresa.
Kador la guardò negli occhi, beffardo "Potrai entrare in Accademia, se batterai l'avversario che ho scelto per te", Mia annuì decisa. Non aveva paura. Si sarebbe battuta anche contro cento uomini per raggiungere il suo sogno. Kador si fece da parte e lasciò che tutti potessero vedere l'avversario che aveva scelto.
La volontà di Mia vacillò.
Il suo avversario era davvero enorme! Sarà stato alto almeno due metri ed era molto robusto, non aveva mai visto un troll ma probabilmente lui doveva somigliargli molto. La testa era pelata, e un'enorme cicatrice gli attraversava il petto spoglio. Aveva una spada davvero possente, in grado di tranciare qualsiasi cosa. Attaccata alla cinta c'era una frusta nera che le fece venire i brividi.
"Questo è Marko. Se riuscirai a batterlo, sarai ufficialmente un membro di quest'Accademia"
Mia si aspettava una mossa del genere, ma non credeva che Kador sarebbe stato tanto vile.
"Non dovrei avere un'arma?"
Il comandante sorrise con disprezzo e le lanciò un piccolo pugnale:
"Puoi usare questo"
Alec si fece largo tra la folla:
"Questo duello non è leale!"
"Un vero cavaliere deve essere in grado di affrontare qualsiasi situazione"
Mia non replicò. Sapeva che non sarebbe servito a nulla. Raccolse il pugnale da terra e ne valutò il peso. Non era neppure ben bilanciato.
"Ovviamente se vuoi rinunciare, nessuno ti giudicherà"
Lei non rispose. Si mise in posizione e guardò Marko negli occhi:
"Vieni pure"

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