Sarah continuava a muoversi con fatica. Il passaggio era così stretto che non riusciva neppure a gattonare. Era costretta a strisciare, e ringraziò il cielo che non indossasse uno dei vaporosi vestiti che era solita portare durante la giornata. Solo la gonna sarebbe bastata ad impedirle completamente ogni movimento.
Era così buio che non riusciva a capire dove stesse andando, ma continuava ad avanzare senza farsi domande. La donna che aveva ucciso suo padre probabilmente continuava a cercarla, e avrebbe strisciato ovunque pur di non farsi trovare da lei. Spesso si ritrovò a tossire, soffocata dalla polvere. A volte i corridoi si dividevano in più direzioni e questo le metteva agitazione. Non ricordava quale fosse la strada giusta. Se continuava in quella maniera, rischiava di rimanere bloccata per quegli stretti corridoi per sempre. Non poteva neppure chiamare aiuto o quelle persone l'avrebbero sentita!
Si fermò un momento cercando di riprendere fiato, per quanto poteva. La gola le faceva ancora male e continuava a rivedere il volto sofferente di suo padre, a sentire lo scricchiolio delle sue ossa che si rompevano. Chiuse gli occhi e si concentrò sul suo respiro, sul battito del suo cuore. Pian piano questo si calmò, tornando ad avere un ritmo lento e regolare.
Non appena fu sicura di essersi calmata, Sarah riprese la marcia, stavolta con più decisione. I suoi occhi iniziarono ad abituarsi all'oscurità e a delineare le pareti di quel piccolo passaggio.
Dopo quelle che le sembrarono ore, la donna si ritrovò di fronte a qualcosa di inaspettato. Un vicolo cieco.
Per un momento, la sua sicurezza vacillò. Si lasciò cogliere dal panico ed iniziò a respirare sempre più in fretta, provocandosi un forte mal di testa. Tastò le pareti ai suoi fianchi con rabbia, sperando che ci fosse un nuovo corridoio o una via d'uscita. Non poteva neppure voltarsi e tornare indietro. Il corridoio era troppo stretto perché potesse farlo, in più l'idea di ripercorrere l'intero tragitto la faceva impazzire. Poi notò qualcosa. Una piccola luce di fronte a sé. Spinse la parete che aveva davanti agli occhi con tutte le sue forze, stringendo i denti e piantando a terra le palme dei piedi.
Pian piano, la parete iniziò a cedere, fino a rivelarle finalmente una via d'uscita. Si lasciò cadere sul manto erboso, riprendendo fiato e aspettando che il mondo intorno a lei smettesse di girare.
Quando riaprì gli occhi, si rese conto che ce l'aveva fatta. Era uscita da palazzo, e si trovava nel giardino posteriore. Sulla sua testa, alberi di agrumi le coprivano la visuale, riempiendole le narici di un buon odore di aranci e limoni. Come amava quell'odore. Era la cosa che più amava di quella sua casa fin troppo grande. Si alzò in fretta, spolverandosi la camicia da sera ormai logora e piena di polvere. Non aveva idea di cos'avrebbe incontrato lì fuori, ma era sicuramente meglio che tornare nella sala del trono e affrontare quella donna senza cuore!Mia si avvicinò al corpo del sovrano. I suoi movimenti erano così leggeri che Alec non riusciva quasi a sentire il rumore dei suoi passi. Il ragazzo si era tirato su a fatica, il viso ancora in fiamme. Si pulì il sangue con una manica e fissò la ragazza, che rovesciava il corpo del sovrano e lo portava in posizione supina. L'uomo aveva il viso e il petto sporchi di sangue. Quest'ultimo, sembrava essere stato squarciato. Mia non osò guardare oltre. Abbassò il capo e rimase in silenzio per qualche secondo.
"Mi spiace di non essere arrivata in tempo"
Quel gesto sconvolse notevolmente Alec, che non seppe cosa dire. Per un momento, si sentì come se fosse tornato ad essere un bambino. Tutto ciò che conosceva e che aveva conosciuto scomparve davanti ai suoi occhi. Rimase solo Mia che, china su di un uomo che non aveva mai visto, ne onorava la morte con rispetto e semplicità. Ecco qual era la vera differenza che li separava. Il loro cuore.
Le azioni di Mia, in apparenza così semplici, la rendevano unica e speciale. Il suo sogno era quello di diventare un cavaliere, un soldato al servizio del re, eppure non era una persona votata alla guerra, bensì alla pace. Tutto ciò che faceva, tutto ciò che diceva, aveva come unico scopo il bene di qualcun'altro. In quanti potevano dire lo stesso? Sorrise appena, illuminandosi in viso, ed Alec si ritrovò ad amarla di nuovo.
Quando aveva iniziato ad allenarsi con Aaron, lui si era sentito tradito, abbandonato. Aveva pensato che fosse stata un'egoista a lasciarlo solo, che l'unica cosa che davvero contava per lei fosse il raggiungimento del suo obbiettivo. Quanto aveva sbagliato! Mia non avrebbe mai fatto qualcosa solo per se stessa, non lo avrebbe mai abbandonato a se stesso. Quello, semmai, era ciò che aveva fatto lui.
Strinse i pugni con rabbia, sapendo che probabilmente non l'avrebbe mai più rivista. La guardò sollevarsi di nuovo, la figura snella e bellissima, e arrossì.
Voleva tornare indietro, prenderla per mano, passarle le dita tra i riccioli scuri... ma lei probabilmente si sarebbe ritratta a quel tocco ormai così sgradevole.
Si impresse la sua immagine nella mente così com'era ora, forte, coraggiosa, buona. Fece per andarsene ma qualcosa lo fermò.
Mia si irrigidì. Un vento gelido si alzò all'improvviso, scompigliandole i capelli che le frustrarono il viso chiaro. Si voltò allarmata, improvvisamente conscia di essere disarmata. Vide lo sguardo di Lilith lampeggiare davanti ai suoi occhi. La donna aveva raccolto la spada della ragazza e si era lanciata su di lei con velocità sorprendente, cogliendo entrambi i presenti di sorpresa. Mia non ebbe neppure il tempo di capire cosa stesse accadendo.
Un gemito la riportò alla realtà, facendola tremare.Lilith sbuffò, visibilmente scocciata. Aveva dato la caccia a Sarah, decisa ad ucciderla con le sue mani per estirpare anche l'ultimo erede rimasto in vita per il trono di Vahel. Quando si era resa conto che la ragazza era scappata, si era lasciata prendere dallo sconforto. Quella nottata era iniziata così bene! Ed ora all'improvviso le stava andando tutto storto. Aveva deciso di tornare nella sala del trono per poter dare una mano ad Alec, e quello che aveva visto l'aveva lasciata senza parole. Alec guardava Mia con aria rassegnata. Gli occhi chiari si erano improvvisamente illuminati quando aveva visto la ragazza sorridere, e avevano perso quella sicurezza che in tutti quegli anni lei aveva imparato così tanto ad amare.
Quello sciocco non l'avrebbe più uccisa. L'avrebbe lasciata andare via, avrebbe rinunciato al trono, al potere, per quella stupida ragazzina sempre piena di sé. Lei non poteva permetterlo. Non poteva lasciare che quella mocciosa mandasse all'aria tutti i suoi piani. Se Alec non ce la faceva ad ucciderla, allora lo avrebbe fatto lei.
Lilith aveva afferrato una delle lame rimaste a terra e si era lanciata su Mia, che quasi non si era accorta del pericolo. Aveva sorriso, pregustando già il momento in cui avrebbe affondato la lama nella sua carne. Voleva sentirla implorare. Voleva vedere i suoi occhi spegnersi lentamente, pieni di sofferenza.
Quando si rese conto che, invece, era Alec ad essere stato colpito, venne colta da una profonda delusione. Il ragazzo si era lanciato su di lei appena in tempo, nel tentativo di bloccare il colpo, ma la lama gli aveva trapassato lo stomaco, costringendolo a piegarsi in avanti ansimando, colto da un forte dolore. I capelli scuri gli ricaddero sul viso, e i muscoli delle gambe presero a tremare.
Mia guardò con orrore il sangue scuro ricoprire lentamente il pavimento sotto di lei. La sua mente impazzì. Alec le aveva salvato la vita. Lo aveva fatto davvero!
"Questa non me l'aspettavo" disse Lilith tirando fuori la lama dal corpo del ragazzo, che cadde in ginocchio urlando terribilmente.
"Ti credevo più furbo Alec. A quanto pare ho sbagliato"
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World of Shadows
FantasyMia ed Alec sono due ragazzi molto diversi fra loro, con una sola cosa in comune. Entrambi hanno una smisurata passione per le vecchie leggende, soprattutto quelle sui cavalieri che rischiavano le loro vite per salvare coloro che amavano! Mia vorre...