Capitolo 16: Sangue

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Lilith prese Alec per mano e lo costrinse a seguirla. La sua vecchia casa era ormai abbandonata ma era esattamente come se la ricordava. Il ragazzo cercava di non mostrare la propria paura ma non gli riusciva molto bene. La donna voleva che diventasse più forte e lo aveva riportato dove tutto era iniziato per permettergli di tagliare i ponti col passato.
Alec si stupì di quanto sogno e realtà fossero terribilmente simili. Passò per l'ennesima volta di fronte al grande quadro che ritraeva la sua vecchia famiglia ma stavolta lo stava facendo davvero.
C'era un forte odore di chiuso nell'aria e i mobili erano pieni di polvere. La servitù doveva aver abbandonato la casa molti anni prima. Lilith superò con tranquillità lo studio di suo padre senza degnarlo di uno sguardo. Sembrava conoscere quei corridoi. Era come se avesse una meta precisa eppure era la prima volta che entrava in quella casa.
Presto si ritrovarono di fronte ad un'altra porta, ben più grande e sontuosa della precedente. Lilith si fermò.
"Eccoci arrivati" Alec ricordava bene quella stanza. Era la camera da letto dei suoi genitori. Gli rivennero alla mente diversi ricordi. Ogni volta che aveva avuto un incubo si era diretto in quella camera e la madre lo aveva stretto forte a se per fargli coraggio. Quando il padre se ne rendeva conto lo sgridava dicendogli che in quel modo non sarebbe mai diventato un vero uomo.
Quanto lo aveva odiato... era stato un sollievo scoprire che in fondo quello non era davvero suo padre.

La porta era socchiusa e all'interno riusciva ad intravedere una strana luce. Entrò nella camera e si rese conto che c'erano molte candele accese che illuminavano la stanza ormai dall'aria spettrale. Si avvicinò al letto matrimoniale, da cui proveniva uno strano rumore. Una specie di respiro, roco e quasi senza vita. Ciò che vide sul letto lo raggelò. Suo padre era disteso con gli occhi spalancati e tentava con fatica di respirare. I suoi capelli erano completamente bianchi e la pelle rugosa e terribilmente tirata. Era così magro che riusciva ad intravederne le ossa del viso. Gli occhi parevano incavati e schizzavano in fretta attraverso la stanza, come colti dal panico. Il suo corpo era vecchio e debole ma gli occhi rivelavano la vita che ancora cercava di farsi avanti.
Alec rimase senza fiato. Era impossibile che fosse invecchiato tanto. L'ultima volta che lo aveva visto era ancora molto giovane e forte, come poteva essersi ridotto così?
"È malato temo" fece Lilith entrando a sua volta nella stanza "È rimasto solo lui ad infestare questa casa"
"Sei stata tu?"
La donna fece spallucce e un brivido gli corse lungo la schiena. In che guaio si era andato a cacciare? Lilith era fuori di testa e terribilmente potente. Le bastava schioccare le dita per far accadere tutto ciò che voleva e i suoi desideri erano malsani e crudeli.
"Che cosa importa? Sta male, dovresti aiutarlo"
Tirò fuori un pugnale dalla cintura e glielo porse sorridendo. Alec indietreggiò.
"No... non posso farlo"
La donna si fece seria:
"Perché no? Cos'ha mai fatto lui per te? Niente. Non è neppure davvero tuo padre, è un mostro, che ha ucciso l'unica donna che ti amava e ti ha abbandonato e reso un reietto... non mancherà a nessuno"
"Non importa cosa mi ha fatto!!" Alec era sconvolto. Non si aspettava certo una simile piega degli eventi "Uccidere è sbagliato! Non posso farlo"
Lilith sospirò, grattandosi la testa spazientita "Non capisco proprio perché ti faccia tanti problemi. Morirà comunque, con o senza il tuo aiuto" si avvicinò lentamente, gli occhi che brillavano, "Nel momento stesso in cui nasciamo iniziamo inevitabilmente a morire. La vita non è altro che una serie ininterrotta di dolore e sofferenze senza fine. Uccidere non è sbagliato, anzi è quasi un atto d'amore. Ridurresti notevolmente la sua sofferenza e gli permetteresti di raggiungere la pace" gli mise il pugnale tra le mani, accarezzandone dolcemente i dorsi "Avanti Alec, non mentire. Lo so che ci hai pensato spesso. Hai sempre voluto vendicarti di quest'uomo no? È la tua occasione" il ragazzo guardò quello che una volta credeva fosse suo padre e sentì di nuovo quel vecchio odio che in passato aveva alimentato i suoi incubi.
Ricordò il suo sguardo severo e pieno di disprezzo, la violenza con cui aveva gettato a terra sua madre. Dopo averla uccisa aveva chiesto alla servitù di seppellirla in giardino come se fosse un cane. Nessuna parola di commiato. L'avevano gettata in quella buca come una bambola ormai troppo vecchia e priva di attrattiva. Poi si era voltato verso il figlio e lo aveva insultato in ogni maniera possibile.
Ricordò il vecchio bastone che utilizzava per camminare dopo essersi ferito ad una gamba. Ne aveva ancora alcuni segni sulla schiena. Quell'uomo era il motivo della sua sofferenza, della sua paura. Lo odiava. Voleva vederlo soffrire, così come lui aveva fatto soffrire sua madre.
Prese il pugnale e lo sollevò, incurante dello sguardo di supplica rivoltogli dall'uomo. Lilith sorrise quando vide la lama affondargli nel petto, ancora e ancora. Il sangue la raggiunse, macchiandole i vestiti, ma non sembrò farci caso. Alec si coprì il viso con le mani e iniziò a tremare quando si rese conto che l'uomo aveva smesso di respirare. Non sapeva più cosa pensare. Non riusciva a credere a ciò che aveva appena fatto e alcune lacrime si fecero largo nei occhi. La cosa che più lo sconvolgeva però, era il sorriso che si era disegnato sul suo volto nel momento in cui aveva abbassato la lama...

Mia si guardò allo specchio con sguardo spento. L'incontro con Kador, ovviamente, non era servito a nulla. L'uomo non aveva cacciato Will e i suoi amici, dicendo che non avevano abbastanza prove "Anche i ragazzi sono feriti" aveva detto "Come facciamo a sapere che non sia stata proprio Mia a cominciare?"
Aaron lo aveva guardato sconvolto, cercando di ribattere, ma Kador li aveva congedati senza neppure rivolgergli lo sguardo. Il ragazzo si era scusato con Mia per non essere riuscito ad aiutarla ma alla ragazza non importava della sorte dei suoi assalitori. Riusciva a pensare solo ad Alec. Dov'era in quel momento? Sentiva la sua mancanza? Osservò i suoi capelli scuri. Li aveva lasciati crescere per lui, perché le davano un'aria femminile. Ora però, lui non c'era più, e doveva farsene una ragione.
Prese il coltello che aveva rubato dalle cucine ed iniziò a reciderne le ciocche, fino alle spalle. Non avrebbe più cercato di compiacere nessuno.

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