Capitolo 36: La città imperiale

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Marko guardò con indecisione l'enorme drago addormentato all'ingresso della biblioteca. Se non altro, nessun nemico avrebbe avuto il coraggio di entrare, anche se dubitava che quel tipo di nemici pensassero abbastanza da capire situazioni di pericolo come quella.
Mia non era rientrata, ed iniziava seriamente a preoccuparsi. Non perché la credesse in pericolo - era più facile pensare che fosse lei a mettere in pericolo qualcuno - ma perché temeva che avrebbe fatto qualche sciocchezza. Quando James aveva nominato quell'uomo il suo viso era cambiato. L'aveva vista irrigidirsi, tremare leggermente. Non era da lei reagire in quel modo. Gli altri non sembravano averci fatto caso, o forse non davano semplicemente peso all'accaduto. Per tutti loro Mia era una donna forte, che non si lasciava abbattere da niente e da nessuno, ma lui sapeva molto bene che anche le persone più forti a volte avevano bisogno d'aiuto.
La trovò poco dopo, seduta accanto a delle rovine di quella che una volta doveva essere stata una vecchia bottega di spezie. Di fronte a lei, una piccola fiammella illuminava la notte, disegnando cerchi ed altre piccole forme a mezz'aria. Mia guardava con aria assente quello spettacolo di luci, tenendosi le ginocchia al petto. Era fuori da ore ormai. Non sentiva freddo?
"Davvero stupendo" disse Marko rompendo il silenzio. La ragazza sussultò, e la fiamma si spense davanti ai suoi occhi.
"Mi ha sempre affascinato molto la magia, ma non sono mai riuscito ad usarla. Il mio maestro diceva che per poterlo fare dovevo trovare un equilibrio tra il mio corpo e la mia mente... ma non mi sono mai dedicato molto alla mente"
Mia sorrise divertita "Beh, il tuo era un bravo maestro"
Gli fece segno di sedersi e Marko si accomodò accanto a lei con un sospiro "È lui vero?" chiese all'improvviso facendola irrigidire "Ricordo di avervi visto una volta camminare nei corridoi dell'Accademia fianco a fianco. Non eravate troppo vicini, per evitare di toccarvi, ma lo eravate abbastanza da sentire la presenza l'uno dell'altra. Vi siete sfiorati appena e quando lo avete fatto i tuoi occhi si sono illuminati"
Mia sospirò a sua volta "Che buon osservatore" tornò a guardare di nuovo di fronte a sè e il suo sguardo si perse nel vuoto "Alec è il suo nome. Siamo cresciuti insieme. Non so esattamente cosa sia successo, so solo che un giorno è andato via... ciò che ha fatto in questo posto, insieme a quella donna, è imperdonabile"
"Quindi lo ucciderai?" quella domanda la fece sussultare. Per un attimo le mancò il respiro. Ricordò le parole di Lilith, quando le aveva detto che avrebbe fatto di tutto pur di diventare cavaliere, anche uccidere le persone che amava. Possibile che si riferisse proprio a questo?
Strinse i denti, cercando di contenere la rabbia. Il punto ora non era diventare cavaliere, ma fare quello che era giusto. Aveva capito subito, guardando quegli occhi di fiamma, che Lilith non si sarebbe mai fermata. Avrebbe ucciso chiunque si fosse frapposto fra lei e l'oggetto del suo desiderio. Non poteva permetterlo! E se Alec avrebbe continuato ad aiutarla... non avrebbe avuto altra scelta.
"Secondo te cosa hanno intenzione di fare?" si affrettò a chiedere l'uomo notando il suo disagio "Devono volere qualcosa. Queste azioni non possono non avere un senso"
Mia ci rifletté per qualche secondo, poi si irrigidì "Il palazzo! Vogliono uccidere il sovrano"
"Come...?"
"Non hai mai letto un libro di avventure? Cos'è che vogliono sempre i nemici fuori di testa? Vogliono il potere ovviamente" si alzò in fretta, colta dal panico "Hanno un intero esercito, immortale per giunta... faranno una strage" si tenne la testa con le mani, cercando di riprendere la calma. Marko si alzò e la sorresse, rendendosi conto per la prima volta di quanto fosse seria la situazione.
"Hanno due giorni di vantaggio. Non arriveremo mai in tempo"
"Sveglia gli altri. Mettetevi subito in viaggio. Non caricate troppo i cavalli o li rallenterete" fece un respiro profondo e raddrizzò il petto con fierezza "Io e Delfine vi precederemo" Marko si irrigidì.
"Scherzi?!" esclamò furioso "Non puoi andare da sola!"
Mia sorrise, ritrovando il suo spirito combattivo "Non sarò sola. Avrò Delfine con me! Che c'è di meglio di un'enorme drago sputa-fuoco per sgominare un esercito?" Marko non sembrava ancora convinto.
"Non possiamo lasciar morire tutte quelle persone. Io e Delfine guadagneremo un po' di tempo, voi ci raggiungerete il prima possibile" l'uomo guardò impotente la ragazza correre verso la biblioteca. Ad Aaron questa situazione non sarebbe piaciuta affatto.

Sarah camminava in fretta tra i corridoi del palazzo. Il vestito voluminoso le impediva i movimenti e il corsetto ricamato le mozzava il fiato. Ormai da giorni, messaggeri a cavallo si presentavano a palazzo e chiedevano urgentemente udienza dal re. Questa situazione la preoccupava. Nei villaggi circostanti, si era sparsa voce che un esercito di mostri aveva iniziato ad avanzare verso la Città Imperiale, sgominando le difese che il sovrano aveva imposto ai confini dei villaggi mercantili. La notizia della caduta di Larss aveva messo in allarme tutta la Regione e ormai le persone avevano paura ad uscire di casa. Alcuni di loro, avevano abbandonato la Città Imperiale, dirigendosi verso il mare, in cerca di salvezza, altri ancora speravano che l'esercito del re avrebbe sterminato i nuovi invasori e riportato l'ordine e la pace. Sarah non sapeva cosa credere. Sapeva solo che quell'immobilità la faceva impazzire. Suo padre si ostinava a starsene seduto sul suo trono, senza fare nulla, nonostante fosse chiara a tutti la gravità della situazione. La donna spalancò le porte del salone, cogliendo di sorpresa suo padre che, circondato da alcuni servitori, era impegnato nella scelta delle nuove tende da utilizzare a palazzo. Quella vista la riempì di collera. Fece un piccolo inchino, restando fedele all'etichetta, e rimettendosi nervosamente in ordine alcuni ciuffi di capelli. Il re la guardò sconvolto "Sarah! Non dovresti essere a lezione?" non l'aveva mai vista tanto in disordine. I capelli non erano ben acconciati e il corsetto aveva dei nastri fuori posto. Ansimava, come dopo una lunga corsa, il che era sconveniente per qualunque donna in generale, ma per lei in particolare "La figlia del re" disse leggermente seccato "Dovrebbe tenere un comportamento più dignitoso" congedò i servitori intorno a sé con un gesto della mano, e si concentrò su sua figlia "A cosa devo questa inopportuna irruenza?"
"Aberlon è stata attaccata" disse la ragazza senza prendere fiato "Molte persone sono morte... le case bruciate. Il messaggero parla di demoni senz'anima"
L'uomo sbuffò seccato "E non dirmi che gli credi?" Sarah rimase a bocca aperta. Fece per rispondere ma l'uomo non gliene diede il tempo "Demoni... cosa devono sentire le mie orecchie. Sono addolorato per ciò che è accaduto ad Aberlon. Risarcirò i suoi abitanti non appena sarà possibile"
"Dovete convocare il consiglio!" l'uomo la fissò interdetto. Crescere senza madre l'aveva davvero resa insolente "A prescindere dal fatto che si tratti di demoni o meno, quest'esercito si sta avvicinando rapidamente. Dobbiamo raddoppiare le difese, riunire i maghi e..."
"È da più di cento anni che l'esercito della Città Imperiale respinge i nemici che provano ad entrare" disse il sovrano serio "Vedrai che lo farà anche stavolta"
"La vostra follia ci porterà alla rovina" l'uomo la colpì al viso con violenza, e la ragazza barcollò.
"Non essere insolente. Non sono solo tuo padre, sono il tuo re"
Sarah abbassò lo sguardo, sentendo la guancia in fiamme. Non era mai capitato che suo padre la picchiasse, ma in fondo lei non aveva mai avuto il coraggio di contraddirlo in quel modo.
"Mi perdoni... mio re" fece un piccolo inchino e uscì dalla stanza. Il sovrano imprecò. Stavolta l'aveva fatta grossa. Sarah non lo avrebbe mai perdonato.

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