2 Capitolo

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La mattina dopo mi svegliai con meno voglia di andare a scuola.
Non c'era bisogno di una bolla di cristallo per capire come sarebbe andata la giornata.
«Alzati che farai tardi» urlò mia madre dal piano di sotto.
Sospirai e mi alzai dal letto.
Mi preparai velocemente, cioè presi le prime cose che trovai e sistemai lo zaino.
Presi lo zaino e scesi le scale per andare in cucina, dove mia madre stava preparando la colazione.
Bethany Scott era una brava cuoca, ma non aveva il tempo di preparare qualche suo manicaretto.
Mia madre aveva i miei stessi capelli biondi ed eravamo entrambe magre e non molto alte.
Gli occhi erano di un bel colore nocciola.
«Tesoro, cosa c'è per colazione questa mattina?» chiese mio padre entrando in cucina leggendo il giornale che aveva tra le mani.
Trey Scott lavorava in una delle aziende più lucrose della città e come tutti i giorni che andava in ufficio si metteva il suo completo elegante nero.
Io e mio padre avevamo gli stessi occhi azzurri/grigi ed ero orgogliosa di assomigliare un po' a lui.
«Ci sono i pancakes e caffè» rispose mia madre mentre stava mettendo una frittella nel piatto.
Si occupava lei della colazione e non uscivamo mai di casa con la pancia vuota.
La colazione era l'unico pasto che facevamo tutti e tre insieme ed era la parte della giornata che preferivo.
Nonostante mio padre portasse a casa abbastanza soldi per andare avanti, mia madre aveva deciso di non lasciare il suo lavoro.
Mio padre le aveva chiesto più volte di trovarsi un hobby e lasciare il suo lavoro, ma lei voleva essere una donna indipendente e non lo aveva ascoltato.
«Sono una donna indipendente e non voglio essere come quelle donne che sperperano i soldi del marito e se ne stanno a casa a fare nulla tutto il giorno» disse lei il giorno che mio padre cercò di farle cambiare idea.
«Questa sera ci sarà un buffet di lavoro e dovrete esserci anche voi due» disse mio padre risvegliandomi dai miei pensieri.
Io e mia madre lo guardammo incuriosite e lui ci spiegò che il buffet si sarebbe svolto nella villa del suo datore di lavoro.
Dopo aver fatto colazione aspettai in giardino il mio migliore amico con sua madre.
Guardai la mia casa di due piani e pensai di tornare lì dentro e non uscire più.
Quando l'auto di sua madre svoltò l'angolo della strada mi alzai dal marciapiede dove mi ero seduta ad aspettare.
Non potevamo ancora prendere la patente e quindi dovevamo farci accompagnare ovunque dai nostri genitori.
Salutai Mike e sua madre, poi saltai in macchina.
Quando arrivammo a scuola tutti mi fissarono come il giorno prima, ma ora non mi infastidiva molto.
Le prime due ore furono noiose, ma le ultime due risvegliarono la "me sportiva".
Non ero tipa da ginnastica, però nella seconda ora, il professore, ci lasciava liberi di giocare a pallavolo, calcio o qualsiasi altra cosa.
La nostra palestra non è piccola e quindi può ospitare più classi nello stesso momento.
Sgranai gli occhi quando mi vidi Chad che correva e rideva insieme ai suoi compagni di classe.
Mi stavo rendendo conto di essere affascinata dal suo sorriso.
"Asa, ma a cosa stai pensando? Torna fare quegli stupidi esercizi di ginnastica"
Eravamo stremati e così il nostro prof ci diede il permesso di sparpagliarci.
Non solo noi avevamo smesso a fare gli esercizi di stretching e quindi le squadre erano ben mescolate.
Quando vidi che Chad si stava avvicinando a me stavo per rinunciare a giocare a pallavolo, ma mi piaceva così tanto giocarci che non potevo rinunciare per colpa sua.
Uno dei professori delle altre classi scelse i due capitani che a loro volta dovevano scegliere i loro giocatori.
Diversamente da me Chad fu scelto subito. Io rimasi ad aspettare fino a quando tutti non furono scelti.
Avevo fatto un anno di pallavolo alle medie e mi ero allenata tantissimo, ma per colpa delle mie compagne di corso ho dovuto abbandonare.
Mi sono arresa alle loro prese in giro ed ogni giorno sto pagando la mia vigliaccheria.
Dovevo far vedere in campo chi ero e questa era la mia opportunità per riscattarmi.
Mi ritrovai a giocare nella stessa squadra di Chad e dal suo sguardo capì che non era molto contento.
Mentre prendevamo posto nel campo lui mi si avvicinò. «Spero che non ne combinerai una delle tue».
Ma per chi mi aveva preso?
Avevo un altro motivo per fare sul serio e cercai di concentrarmi.
Mi misi in posizione aspettando che l'arbitro improvvisato desse l'inizio della partita. Toccava all'altra squadra battere e mi ero messa in ricezione.
Quando il prof fischiò il ragazzo dell'altra squadra iniziò la partita e la palla veniva diretta verso di me.
Mi posizionai per prenderla con il bagher.
Direzionai la palla verso ai miei compagni in modo da fare punto.
Quello non era il mio ruolo, ma me la cavavo lo stesso.
La partita andò avanti e quando mi ritrovai in prima linea iniziai a divertirmi sul serio.
Nessuno sapeva che sapessi giocare così bene, ma grazie agli allenamenti che avevo fatto con la squadra, e anche quelli individuali, negli anni a seguire mi avevano aiutata a diventare più brava.
Mike mi aveva aiutata moltissimo nelle estati passate insieme.
Alla fine avevamo vinto ed ero stanchissima.
I miei compagni di squadra parlavano e si congratulavano fra di loro, ma nessuno veniva a battere un cinque o qualsiasi cosa si fa in queste occasioni.
«Sei stata brava. Diciamo che ti ho un po' sottovalutato» disse Chad passandomi accanto facendomi l'occhiolino.
Era una soddisfazione sentire quelle parole provenire dalla sua bocca e non potevo che esserne felice.
Quando mi passò accanto sentì l'odore di sudore e il suo profumo.
Lo avevo sentito anche alla festa, ma non sapevo ancora spiegare che odore fosse.
Forse è lui che la emana e riusciva ad imbambolarmi.
Quando riuscì a svegliarmi andai nello spogliatoio e mi cambiai in fretta. Ero veramente sudata e arrivata a casa dovevo assolutamente farmi una doccia.
Mike mi stava aspettando fuori e appena mi vide si avvicinò preoccupato.
Perché era preoccupato? Io stavo bene. «Cos'è quella faccia? Stai bene?».
«Niente, sono solo stanca. Andiamo a casa» risposi incamminandomi verso il parcheggio, dove sua madre ci stava aspettando.
Come tutti gli altri giorni a casa non c'era nessuno e quindi dovevo pranzare da sola.
Di solito il mio migliore amico mi faceva compagnia, ma oggi sua madre lo aveva obbligato a rimanere in casa.
Prima di mangiare qualcosa decisi di farmi una doccia rilassante.
Non ero una ragazza che restava in doccia per ore, ma quel giorno era perfetto per schiarirmi le idee.
Feci i compiti, mi buttai sul letto a pancia in su e guardai il soffitto.
«Come posso pensare che Chad inizi a guardarmi per quella che sono e non per quello che ho fatto?» domandai a me stessa. «Come posso pensare che facendo queste domande all'aria troverò delle risposte» sbuffai e mi coprì gli occhi con il braccio.
Non sapevo proprio come fare. Non solo, che non sapevo cosa fare in questo preciso momento, ma non sapevo come comportarmi nei giorni a venire.
Niente può cambiare. Le persone non cambiano modo di pensare.

***

TUTTA COLPA DI JACK [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora