9 Capitolo

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«Sabato facciamo qualcosa con Kaori?» mi chiese Mike mentre entravamo dal cancello della scuola.
Quel sabato sarei dovuta andare alla gara di Chad e dovevo inventarmi una scusa.
Non mi piaceva mentire al mio migliore amico, ma non volevo correre dei rischi.
«Mi dispiace, ma non ci sarò» dissi.
Conoscevo bene il mio migliore amico e sapevo che riusciva a capire quando gli dicevo una bugia, ma questa volta sembrava che ero riuscita a scamparmela. O forse no?
«Che hai da fare sabato pomeriggio?» mi chiese lui fermandosi.
Io mi fermai accanto a lui.
«Mio padre ha un'altra cena di lavoro e vuole che io e mia madre siamo presenti» dissi sbuffando.
Non ero una brava attrice, ma dovevo mettercela tutta.
Per fortuna arrivò la mia ancora di salvezza.
«Asa!» urlò Chad.
Perché ogni volta che mi chiamava doveva urlare?
Mi girai verso di lui e stava camminando con un passo sostenuto.
«Ehy Chad» lo salutai.
Mike guardò l'orologio e disse che doveva andare in classe il prima possibile.
Ci lasciò da soli e Chad mi accompagnò in classe.
Nessuno si sarebbe aspettato che Chad mi avrebbe accompagnato in classe e quindi tutti mi fissavano. Di nuovo.
Parlavamo del più e del meno e ogni tanto scoppiavamo a ridere per qualcosa di stupido che avevamo detto.
Mi salutò e andò ai piani superiori dove era la sua classe.
Kaori era già seduta al suo banco e mi stava guardando con la bocca aperta.
Bè chi se lo aspettava?
Nessuno.
«Perché Chad ti ha accompagnata in classe?» mi chiese Kaori al cambio dell'ora.
«Non lo so» dissi cercando di non far trapelare niente.
«Sembravate molto uniti e quindi non posso credere a quello che mi hai appena detto. È impossibile che non lo sai» disse guardandomi con gli occhi da cucciolo.
«Ieri pomeriggio ci siamo visti» dissi cercando di farla stare calma per le prossime ore.
«Cosa?» urlò.
Tutti i nostri compagni di classe ci stavano guardando e mi sentivo a disagio.
«Mi sono vista con Chad, ma non lo dire a nessuno» gli chiesi.
Lei mi promise che sarebbe rimasta zitta e dopo ore infinite di matematica e altre materie le lezioni di quel giorno terminarono.
Tornai a casa insieme a Mike e spiegai anche a lui il motivo per cui Chad mi aveva accompagnata fino all'aula.
«Ho scoperto che ti ha accompagnata subitissimo. Se uscirete di nuovo voglio sapere tutto» disse lui mentre la madre accostava nel mio vialetto.
Scesi dall'auto e li salutai mentre scendevo dall'auto. Entrai in casa e mi suonò il telefono.
«Pronto?» dissi.
«Puoi parlare?» mi domandò Chad.
Iniziai a guardare ovunque e la casa era vuota.
«Certo» risposi.
«Sei a casa, vero?» mi domandò lui.
Da quello che sentivo in sottofondo, stava guidando.
«Mmm» risposi appoggiando lo zaino nella mia stanza.
«Bene, allora esci e fatti trovare a cinquanta metri da casa tua. Arrivo» disse lui e poi interruppe la telefonata.
Rimasi imbambolata al centro della mia stanza, ma poi capì che dovevo muovermi.
Presi una borsa e ci misi il portafoglio e le chiavi di casa ed andai di corsa al pianterreno dove il "mai una gioia" mi colpì in pieno.
Correvo e non guardavo dove mettevo i piedi ed andai a sbattere contro un mobile.
Il lato posito era che avevo messo le mie Vans preferite e non i sandali, ma comunque saltellai per il dolore fino alla porta di casa.
Uscì e mi incamminai per arrivare dove Chad mi aveva chiesto di andare.
Non era difficile vedere l'imponente Hummer che se ne stava ferma vicino al marciapiede e il suo bel proprietario che gli stava appoggiato accanto.
«Andiamo» disse quando ero abbastanza vicina.
Lui entrò in auto e prima di accenderla aspettò che fossi entrata in auto.
«Dove andiamo?» gli chiesi mentre l'Hummer viaggiava a velocità sostenuta.
Non sappevo dove eravamo diretti e il suo silenzio non mi aiutava a scoprirlo.
Riconobbi la paninoteca dove avevamo preso i panini il giorno prima e così compresi quello che aveva in mente.
Prendemmo i panini e ritornammo in macchina con la quale raggiungemmo il nostro posto.
Ieri non ci avevo fatto caso, ma c'erano dei tavolini da picnic e così ne usammo uno.
Mangiammo in silezio i nostri panini e poi Chad si distese sulla panca.
«Che bella giornata, vero?» mi chiese ammirando il cielo.
Il meteo ancora ci permetteva di andare in giro con le maniche corte e il cielo era di un bellissimo blu.
Era tutto perfetto, ma non riuscivo a capire come le cose erano andate a finire così.
Io e Chad non dovevamo essere amici ed invece lo eravamo. Lui mi aveva fatto guidare la sua auto e da come avevo sentito dovevo contare qualcosa. No?
Quando lui vide che non gli rispondevo si tirò su e appoggiò gli avanbracci alla panca e mi guardò.
«A cosa stai pensando?» chiese.
Lo guardai un attimo e non riuscivo proprio a dare una spiegazione alla nostra "amicizia".
«Stavo pensando a come siamo arrivati a questo» spiegai indicando prima lui e poi me.
Lui pensò un attimo alle mie parole. «Le cose da quel giorno sono cambiate».
Ero sicura che si stesse immaginando il nostro strano "primo incontro". Era così imbarazzante ed ero arrossita.
«Si, ma non ti sembra strano che sia cambiato così velocemente?» chiesi.
Lui continuava a guardarmi e la mia faccia non era ancora ritornata al suo colore naturale.
«Non lo so. L'unica cosa che so è che mi piace averti come amica» mi confessò.
Anche a me piaceva averlo come amico, ma le cose erano troppo strane.
Parlammo fino a quando lui non andò a prendere un mazzo di carte in macchina.
Non era difficile battere Chad a briscola ed io ero una vera campionessa.
Avevo sempre la fortuna di avere le tre carte sempre bilanciate: una briscola (alta), un liscio e un carico.
Dopo essere stato battuto per moltissime volte Chad si arrese e mi accompagnò nello stesso punto dove ero salita.
Non sarei andata ad aiutarlo con la Mustang quel giorno e gli promisi che sarei andata nei giorni successivi. Quindi mi riaccompagnò dove ci eravamo visti quel pomeriggio.

Nei pomeriggi seguenti ero sempre nel garage e avevo imparato a portarmi i libri di scuola.
Dopo aver mangiato facevamo i compiti e molte volte lui doveva fermarsi per aiutarmi a studiare. Nonostante il suo aspetto e il carattere che faceva vedere agli altri, Chad era un ragazzo molto intelligente.
La matematica era diventata un po' più interessante ed era grazie a lui.
Ogni volta che mi accompagnava a casa come il solito mi ricordava della gara che si sarebbe svolta quel sabato e ogni volta gli dicevo che sarei andata.
Raccontai di ogni uscita ai miei due migliori amici e loro erano felicissimi per me, ma non si accorgevano che le cose erano cambiate troppo velocemente.
Mi potevo fidare di Chad. Vero?

TUTTA COLPA DI JACK [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora