"Esplorare il nostro inconscio familiare ci porta a scoprire come la vita dei nostri antenati, contenga fatti che risuonano con i nostri attuali problemi" (Jodorowsky)
Finalmente è arrivato il grande giorno. Mamma e nonna hanno appuntamento con Caterina, credo, o comunque con chi gestisce la faccenda. L'altro ieri è arrivata una mail con le coordinate dove trovarsi: un centro massaggi a Sairee Beach. La nonna è elegantissima, porta pure un bastone con il pomello dorato che la fa sembrare una vecchia (non diteglielo è...) contessa inglese. Dentro la sciarpa di mia madre abbiamo nascosto una telecamera e un microfono. Io e Filippo le seguiremo a distanza. Papà e Bea, invece, dal centro di controllo (ovvero la cucina) le vedranno sul monitor, collegato via iCloud all'iPad di Filippo. Siamo tutti un po' tesi, soprattutto per l'idea che siano a stretto contatto con degli assassini senza scrupoli.
Come pattuito mamma e nonna raggiungono il centro massaggi, una casupola in legno e cemento in mezzo al dedalo di campeggi, ostelli e bungalow di Sairee Beach. Io e Filippo ci piazziamo in spiaggia, coperti da enormi occhiali da sole e grandi cappelli.
La nonna e la mamma vengono ricevute da Caterina e dal padre di Filippo. Lo vedo impallidire. Gli stringo la mano mentre tenta, invano, di nascondere le lacrime. Caterina indossa un completo impeccabile, assolutamente atipico. Vengono fatto le presentazioni e il padre di Filippo inizia a spiegare modalità, costi, rischi, vantaggi. Non sto qui a riportare ogni singola parola perché è non avevo mai sentito nulla di così brutale. Ovviamente per sottoporsi all'intervento è necessario raggiungere un quorum di pazienti (hanno usato proprio questo termine) ma garantiscono che il tutto si chiuderà massimo nel giro di due settimane. Fissano un day hospital in clinica per i controlli di routine, la settimana successiva. Mamma chiede se può essere presente e Caterina, come se fosse il manager di un hotel di lusso, spiega che dispongono di moderne camere con un letto per gli accompagnatori. L'intera cosa verrà a costare 500 mila euro, da consegnare in tre tranche, in contanti.
La nonna e mia madre sono convincenti, noto che Caterina ha gli occhi che brillano di gioia. Almeno, una volta avrei detto gioia, ora so che è pura follia. L'appuntamento si conclude con dei grandi abbracci e strette di mano.
Filippo spegne con violenza l'iPad. Provo ad abbracciarlo ma mi scansa.
"Anna scusa...ho bisogno di stare un po' solo. Tu vai a casa in auto, torno in taxi più tardi...".
Scoprire che il proprio padre sia un assassino deve essere un duro colpo. Ancora una volta penso a tutte le occasioni in cui mi sono scagliata contro il mio, lamentandomi, sognando che fosse diverso. Mi sento in colpa. Terribilmente in colpa. Ho bisogno della mia famiglia.
Raggiungo la villa a velocità super sonica e non appena vedo i miei genitori li abbraccio fortissimo.
"Papà...mamma ho bisogno di parlarvi...".
Ci sediamo al grande tavolo della sala da pranzo. Fuori sta imbrunendo e i faretti della piscina si riflettono nelle vetrate creando una bellissima danza di luci.
"L'uomo in compagnia di Caterina è il padre di Filippo. Non sto qui a dirvi che per lui è stato atroce. Non so come mi comporterei al suo posto. Ma non voglio discutere di questo. Voglio scusarmi nuovamente con voi. Per quanto vi ho messo in croce. Per quanto ho sputato...perché non c'è altra parola più adatta...su quello che mi avete generosamente offerto. Per il modo esasperato con cui ho cercato di essere diversa da voi. Scoprire il coinvolgimento del padre di Filippo...mi ha fatto capire ancora di più quanto sia fortunata. Siete i genitori migliori del mondo. Mi spiace per essermi comportata sempre da stronza. Ma credo di avere un grande problema di autostima. Una parte di me non ha mai creduto di meritare le belle cose, una vita agiata...perché fondamentalmente non mi sono mai sentita all'altezza. Vivere cosi a lungo in un paese cosi povero...mi ha spinta a riflettere su me stessa. Sarebbe utopistico pensare che basti qualche riflessione per superare i miei problemi. Sono decisa ad andare in fondo...e se servirà pure a farmi aiutare...".
I miei genitori mi guardando attentamente. I loro volti pieni d'amore, i loro sorrisi incoraggianti mi fanno sentire ancora più in colpa.
La mamma prende parola.
"Vedi Anna...sai che non amo parlare del mio passato. Ti ho sempre detto che i miei genitori sono morti quando ero giovane...e che sono stata cresciuta da una zia. Non è del tutto vero. La realtà è che sono nata in una famiglia poverissima. Tuo nonno era un pittore molto talentuoso...ma consumato dagli eccessi. La nonna era la sua spalla. La sua musa. E la sua sostenitrice. Faceva mille lavori pur di permettere a lui di creare. Di dipingere. Non credo che desiderassero un figlio. Quando sono arrivata...ho scombinato le cose. Soldi per me non ce n'erano. Sono cresciuta con loro fino a 14 anni. Tra mille difficoltà. Ricordo che avevo i vestiti rammendati. Libri logorati. I miei compagni di classe mi chiamavano la piccola fiammiferaia. Quando iniziai le superiori...una zia di Milano si offri di provvedere a me. Mi trasferii e poco dopo i miei si aggregarono a una comunità di artisti in India...dove morirono di droga nel giro di qualche anno...".
La mamma si ferma e fa un respiro mentre gli occhi si riempiono di lacrime antiche.
"La zia era una donna anaffettiva. Mi ha fatto studiare...ma stare con lei era un incubo. A diciott'anni me ne sono andata di casa...ho trovato lavoro in una libreria e ho iniziato l'università. Tra i chiostri della statale conobbi tuo padre e il resto lo sai. Ma non credere che sia stato facile accettare la vita che lui mi poteva offrire. I primi anni sono stati difficili. Nemmeno io credevo di meritare il benessere, l'agio. Convivevo con un perenne senso di colpa unita alla paura di perdere tutto. Secondo me le tue paure...derivano da li. Tua sorella ha ereditato la sicurezza di tuo padre. I tuoi piccoli disagi vengono da li. Passeranno. Una volta che capisci il meccanismo...che lo osservi senza giudicare...che impari ad amarlo...passa..."
Pian piano sento che qualcosa, all'altezza del mio petto, si scioglie. È come se mi togliessero un macigno dalla schiena. Io vengo da li. È tutto dentro l'albero genealogico materno. Tutto ha una spiegazione. E una soluzione. Abbraccio fortissimo i miei genitori.
"Grazie. Grazie mamma, avevo bisogno delle tue parole. E grazie anche a te papà. Per tutto quello che fai...".
Siamo interrotti dall'arrivo di un taxi. Filippo entra in casa pallidissimo.
"Ho qualcosa da dirvi. Come già sapete mio padre è coinvolto fino al collo nel traffico. So che è da codardi...ma me ne devo andare. Non vi ostacolerò...e con il pensiero sono con voi. Ma non posso essere responsabile del suo arresto. È troppo. Devo assolutamente rientrare in Italia e confrontarmi con mia madre...".
"Anna...lo dico anche davanti ai tuo genitori. Ti amo. Sei la mia metà della mela e voglio stare con te. Ovunque tu vorrai. Ma qui non posso più esserti utile. Ti aspetterò in Italia...".
Osservo i profondi solchi sotto gli occhi. I capelli in disordine. Se ripenso al ragazzo spavaldo che mi si è affiancato in macchina in una mattina piovosa...stento a credere di essere davanti alla stessa persona.
Trascorriamo la notte abbracciati a parlare. Filippo mi racconta della sua infanzia. Del suo rapporto con il padre. Di tutti gli sforzi per dimostrargli di essere qualcuno.
"Mi sento un bluff. Ho passato la maggior parte della mia vita emulando...un uomo che è un criminale. Un assassino. Non so più niente. Che cosa voglio fare della mia vita? Ho studiato come un pazzo per diventare qualcuno nell'azienda di famiglia. Ma ora non ha più senso...".
La mattina lo accompagno al porto. Mentre lo vedo sparire dentro il battello il mio cuore si fa piccino. Mi mancherà. L'idea di affrontare i miei capi, Caterina...senza di lui fa paura. Ma so che è la cosa giusta.
Salveremo i bambini. Lo farò con la mia famiglia. Sulla strada di ritorno mi fermo ad osservare il mare. Io Anna, palindromo, mi voglio bene.
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Da Milano fino a Bangkok
AdventureAnna è il prototipo della ragazza alternativa Milanese: indossa Birkenstock, pantaloni etnici e ha una vera avversione per tutto ciò che è moda, design e lusso. D'altronde il suo nome è un palindromo e lei è sempre stata il contrario rispetto alla s...