Resto in quella posizione per almeno un'ora, contemplando tra le lacrime tutto ciò che avevo cercato di rimuovere fino a quel momento. Speravo di aver chiuso con quella storia, ma a quanto pare non è così. La ferita è sempre viva, sanguinante, e fa male, un male cane.
Mi avvicino strusciando sul pavimento e mi porto più vicina allo scatolone; lo apro e inizio a dividere le cose da buttare da quelle che potrei salvare, magari ripulendole a fondo o portandole da qualcuno per farlo. Riempio più di due sacchi dell'immondizia con le cose da buttare, mentre quello che ho potuto recuperare entra in una scatola non troppo grande. Scendo in strada e butto tutto nei cassonetti; mi ci servono tre viaggi per portare via quei ricordi e seppellirli per sempre.
Torno nell'appartamento e sento squillare il telefono; rispondo.
"Pronto?"
"Ehi! Sono io!"
"Ehi!"
"Come va? Ti senti meglio?"
"Più o meno..."
"Senti, Sam esce fra poco e veniamo direttamente da te, se non è un problema..."
"No, no! Va bene! Anzi! Mi serve stare un po'con il piccolo! Sai che mi fa sorridere anche quando non ne ho voglia!"
"Allora ci vediamo fra una ventina di minuti!"
"Vi aspetto!"
"Un bacio!"
"Uno anche a te!", e riattacchiamo.
Chiudo la scatola e la metto nel mobile sotto il televisore. Vado in bagno e mi do una sistemata; spero che quando arriveranno i miei occhi siano tornati bianchi e non più rossi come lo sono in questo momento.
Torno in cucina e apro il frigo per cercare qualcosa da cucinare per pranzo. Arrangio qualcosina di veloce e apparecchio il tavolo. Suona il citofono e vado ad aprire; sono arrivati! Gli lascio la porta leggermente aperta e torno in cucina; prima di entrare Paul bussa e poi apre completamente la porta.
"Tata dove sei?"
"In cucina polpetta!"
Arriva di corsa e mi salta in braccio. Dopo avermi stampato un mega bacione sulla guancia, mi chiede
"Come ti senti? Papà mi ha detto che stavi male prima!"
"Sto meglio cucciolo! Grazie!"
"Ok. Vado a lavarmi le mani.", ed esce dalla cucina.
"Stai meglio sul serio?"
"Un po'... Non moltissimo..."
"Dov'è lo scatolone?"
"Ho fatto una cernita... Quello che doveva essere buttato è già nei cassonetti e quello che si può provare a risistemare è in una scatola di là."
"Non hai resistito eh?"
"Già! Dovevo farlo!"
"Potevamo farlo insieme... Immagino non sia stato facile per niente."
"A dir la verità è stato molto più facile di quanto avevo pensato!"
"Quanto hai pianto mentre lo facevi?"
"Parecchio!"
"Tu e la tua impulsività! Sarebbe stato più salutare per te farlo in compagnia, o no?"
"Forse si."
"Beh! Ormai hai fatto! Comunque io sono qui, lo sai! Per qualunque cosa!"
"Grazie!", non riesco a dirgli altro. Lo abbraccio e lo stringo a me.
Poco dopo allentiamo la presa e assaggio la pasta; nel frattempo è arrivato Sam e si siede al posto a lui riservato ogni volta che mangia a casa mia. Paul si accomoda accanto a lui e io preparo i piatti.
"Mi piace pranzare con voi!", ci dice il piccoletto.
"Se vuoi, Sammy, potremo pranzare tutti i giorni insieme...", gliela butta lì Paul.
"Siiiii!!!!", a quanto pare l'idea gli piace.
Io li guardo e sorrido; effettivamente non è male l'idea di pranzare insieme tutti i giorni. Però è così strano ed, obiettivamente, così sbagliato! Ma cosa posso farci io? Lise rientra solo per cena e per la notte, Paul ha la pausa pranzo di un paio d'ore e Sammy comunque verrebbe da me; uniamo l'utile al dilettevole.
Mangiamo tranquillamente, poi Sammy va a sdraiarsi sul divano e guarda un po' di cartoni animati, mentre io e Paul sparecchiamo e laviamo i piatti.
"Programmi per il pomeriggio?"
"Nessuno a dir la verità. Vedo più tardi cosa vuole fare lui e poi decidiamo."
Annuisce e asciuga l'ultimo piatto.
"A lui non lo avete detto, vero?"
"Cosa?"
"Che ero su quella nave..."
"No, non lo sa. Non me la sono sentita di dirglielo."
"Hai fatto bene.". Metto su il caffè e prendo le due tazzine, appoggiandole sul ripiano.
"Tata, papà! Venite qui! Non si vedono più i cartoni!"
"E come mai? Hai toccato il telecomando?", gli chiede Paul.
"No! Non ho fatto niente!"
E aveva ragione: hanno interrotto la programmazione per un'edizione speciale del telegiornale.
"Perché parlano di quella nave? Non è successo tanto tempo fa?"
"Già! Troppo tempo fa Sammy", gli rispondo.
"Vediamo se c'è qualcos'altro...", Paul prende il telecomando e inizia a fare un giro, ma niente: tutti i canali non parlano d'altro.
"Uffa! Io volevo vedere i cartoni!"
"Di sicuro meglio quelli piuttosto che questo!", dico seccamente io, "Torno subito!", e me ne vado in bagno.
"Papà ho detto qualcosa che non va? Sharon si è arrabbiata con me?"
"No piccolo, tranquillo! Il fatto è che Sharon era su quella nave quando c'è stato l'incidente e quindi le fa male sentirne parlare."
"No, papà. Non poteva essere lì!"
"Ed invece si polpettino... Ero lì! Ma non te l'ho voluto far sapere. E speravo non lo scoprissi mai."
Mi corre incontro e mi abbraccia. Qualche lacrima scorre sulle sue dolci guanciotte ed io lo stringo ancora di più.
"Non piangere tesoro! Sono viva e sono qui con te. È questo l'importante!"
"Ma avrei potuto perderti Sharon! E io ti voglio tanto bene!"
"Te ne voglio anche io!", gli do un bacio in fronte.
Paul si avvicina a noi e ci abbraccia entrambi.
"Sammy... Avremo potuto perderla, è vero, ma adesso è qui con noi. Sta tranquillo tesoro!"
"Ma papà! Non ce la faccio!", e continua a piangere.
"Capisci perché non te lo abbiamo detto?", annuisce, asciugandosi le lacrimuccie con il dorso delle manine, "Non volevamo farti rattristare!"
"E comunque sto bene, quindi non preoccuparti, ok? È passato!", abbozzo un sorriso, "Torniamo a guardare i cartoni, che ne dici?"
"Si!", e tira su col naso. Lo prendo in braccio e andiamo insieme sul divano, mentre Paul va in bagno.
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Qualcosa di inaspettato
ChickLitSharon, una ragazza venticinquenne, perde la testa per un uomo 15 anni più grande di lei, Paul, sposato con Lise e con figli. La loro storia d'amore si svolge alla periferia di una splendida New York primaverile.