Capitolo cinque

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Non faccio in tempo a risponderle che mi sento chiamare da una delle mie amiche. Le mormoro un "adesso devo andare" ed esco dal bagno. Non saprei dire se sono più scioccata o felice in seguito al nostro discorso di poco fa, comunque sono costretta a ritornare sulla terra ferma perché le mie amiche non fanno altro che chiedermi cosa stessi facendo nel bagno per oltre venti minuti. Gli racconto parte della verità, cioè che mi ero fermata a parlare con una signora che avevo incontrato lì per caso, ma senza scendere troppo nei particolari. Quando torna al tavolo, Eva continua a fissarmi, mettendomi abbastanza in imbarazzo. Di tanto in tanto anche io mi giro nella sua direzione per osservarla ma giusto per qualche attimo, cercando di farmi notare il meno possibile. Alla fine dopo circa mezz'ora chiediamo il conto e usciamo dal locale. Non ho la minima intenzione di lasciare quel posto, perché lì c'è Eva ed io voglio stare con lei. Infatti percepisco subito la mancanza di qualcosa, come se una parte di me fosse rimasta in quel bagno con lei e l'altra continuasse a vivere. Nella mia mente c'è solo la sua immagine e l'irrefrenabile bisogno che sento di baciarla e farla mia. Sono terribilmente gelosa, vorrei tanto gridare al mondo che lei è mia, che nessuno deve osare toccarla o guardarla oltre il necessario. Purtroppo però non posso fare niente di tutto questo e così saluto le mie amiche e mi incammino verso casa. Sto passeggiando lungo il viale che porta a casa mia, immersa nei miei pensieri, quando sento un'auto seguirmi lentamente. Sono subito presa dal panico, non so se mettermi a correre, urlare o chiedere aiuto, ma non riesco a fare niente di tutto questo, le mie gambe non si muovono; sono pietrificata dalla paura. Alla fine l'auto si porta proprio di fianco a me e qualcuno all'interno abbassa il finestrino del lato passeggero. Non riesco a vedere chi c'è alla guida ma sento una voce inconfondibile, la riconoscerei tra mille. È Eva. "Vuoi un passaggio?" Mi chiede. Sono ancora impaurita per lo spavento che mi ha fatto prendere e perciò non le rispondo subito. "Ehi, allora?" Mi chiede di nuovo Eva. "Si, scusa. Cioè no, sono quasi arrivata, non preoccuparti. Grazie lo stesso" le rispondo. Ma che cazzo sto dicendo? Non lo so nemmeno io, questa donna mi manda in uno stato confusionale. "Allora mettiamola così: sali in macchina, è un ordine" ribatte lei. "Io non prendo ordini da nessuno" le rispondo, con aria superiore. "Non costringermi a scendere dalla macchina e a trascinarti con la forza, ne sono capace" mi dice, leggermente autoritaria. Cedo a questo suo lato "aggressivo" e salgo in macchina. "Comunque veramente sono quasi arrivata, mancano meno di 500 m" mi rivolgo a lei quasi a mo' di scusa. "Non posso permettere che tu vada in giro da sola nel cuore della notte, è pericoloso e poi perché non hai preso l'auto?" Mi chiede in modo un po' brusco. Ma cosa gliene importa se prendo o no l'auto o se voglio passeggiare da sola nel cuore della notte? Penso tra me e me. "Mi andava di fare una passeggiata, avevo bisogno di un po' d'aria fresca" le rispondo. Sto incominciando ad innervosirmi anche io. Non mi risponde più, sembra assorta nei suoi pensieri. Dopo circa un minuto le chiedo:"Come facevi a sapere dov'ero?" Mi guarda e poi mi risponde:"Ho visto tutte le tue amiche andare via in macchina e tu non eri con loro, quindi sono venuta a cercarti." Lei che si preoccupa per me, non ci posso credere. Non riesco a dire altro perché siamo arrivate di fronte casa mia. "Vivi qui?" Mi chiede. "Si" le rispondo. "Dove sono i tuoi genitori?" Mi domanda. "Vivo da sola, i miei sono a 800 km da qui" le dico. Non riesco ad interpretare bene la sua espressione, è un misto di sorpresa e tristezza. "Vuoi entrare?" Le chiedo. È evidente dalla sua faccia che non si aspettasse una proposta del genere. "Ti ringrazio, ma è tardi e domani ho il turno di mattina. Però se vuoi ci possiamo vedere un altro giorno" mi risponde. Vorrei urlarle di si, ma devo trattenermi, perciò le rispondo con un sorriso ed un "mi farebbe molto piacere." Anche lei mi sorride e la vedo prendere una penna ed un foglietto su cui scrive un numero. "Questo è il mio numero, chiamami" mi dice, porgendomi il numero. Sono sempre più affascinata da questa donna, lei che è entrata per caso nella mia vita ma che in questo momento è l'unica che vorrei ne facesse parte per sempre. La ringrazio per il passaggio e per il numero e apro la portiera della macchina, quando sono colta da un momento di follia pura, così mi volto verso di lei e le lascio un candido bacio sulla guancia. Non la guardo nemmeno in faccia, ma esco velocemente dall'auto, senza mai voltarmi perché mi vergogno terribilmente per quello che ho appena fatto. Cerco le chiavi nella borsa ed entro in casa. Oggi sono successe troppe cose inaspettate insieme, quindi ho bisogno di un po' di tranquillità per analizzarle tutte e convincermi del fatto che ho un'appuntamento con la dottoressa sexy. Ancora non ci credo.

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