Capitolo ventisei

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Finalmente è arrivato il fatidico giorno. Oggi si sta per concludere la mia carriera scolastica e non so se essere felice oppure no. Fa strano pensare che non dovrò più andare a scuola, fare le interrogazioni o i compiti in classe, avere l'ansia per qualsiasi cosa, chiacchierare con i bidelli, forse mi mancheranno perfino i professori. Ormai questa è stata la mia routine per talmente tanti anni che non riesco a non provare un minimo di nostalgia.

"Amore sei emozionata?" Mi chiede Eva mentre siamo sedute fuori dall'aula in cui è riunita la commissione.

"Un po'" rispondo semplicemente. Quando ho paura tendo a non parlare, semplicemente il mio cervello perde la facoltà di formulare frasi di senso compiuto e finisco sempre per fare la figura dell'ebete.

"Vedrai che andrà bene, non hai nulla di cui preoccuparti" cerca di rassicurarmi Eva.

So che ormai il grande è fatto e che sono praticamente promossa, però la sola idea di dovermi presentare davanti ad una commissione di professori, di cui alcuni esterni, mi terrorizza.
Le porte si aprono e una professoressa chiama il mio nome dicendomi che tocca a me.
Okay Marina, tocca a te. Ce la puoi fare!
Il mio cervello cerca di auto convincersi di questa cosa ma con scarsissimi risultati. Inutile dire che sto tremando come una foglia.
Entro nell'aula, saluto la commissione e prendo posto sulla sedia posta di fronte al presidente.

"Allora signorina, ci esponga brevemente la sua tesina" mi incoraggia il presidente.

Cazzo cazzo cazzo! Non mi ricordo più una parola. Non so nemmeno da dove iniziare.
Il panico si è impossessato di me e sia la commissione, sia Eva, sembrano essersi accorti di questa cosa.

"Signorina si sente bene?" Mi chiede l'esterno di italiano.

Faccio cenno di si e con lo sguardo cerco Eva tra le varie persone presenti. I nostri sguardi si incrociano e lei cerca in tutti i modi di darmi coraggio. Alla fine faccio un bel respiro e iniziò a parlare. Dopo aver superato quel primo ostacolo, tutto sembra filare liscio. Capisco che ormai l'esame è concluso quando mi fanno la solita domanda "cosa hai intenzione di fare dopo il diploma?" ed è in quel momento che mi trovo di fronte ad un ostacolo ancora più grande del precedente. Cosa farò dopo il diploma? Bella domanda... La mia parte razionale ovviamente pensa all'università, ma dentro di me so che al momento non è quello che voglio. Non si può vivere sempre pensando al futuro, bisogna anche godersela la vita. I miei pensieri vengono interrotti dal mio professore di matematica che cerca di attirare la mia attenzione.

"Marina non penso che sia così difficile dare una risposta a questa domanda. Allora dicci, cosa vuoi fare dopo il diploma?"

"Sapete, fino a qualche mese fa probabilmente avrei risposto che ovviamente mi sarei iscritta all'università perché al giorno d'oggi già è difficile lavorare con una laurea, figuriamoci senza. Però poi ho conosciuto una persona che mi ha insegnato che la vita va vissuta facendo solo ciò che ci rende felici e io non sono sicura che l'andare all'università mi renderà felice. Però sono sicura di un'altra cosa." Detto ciò mi alzo e mi dirigo senza pensare nella direzione di Eva. La prendo per mano e la trascino di fianco a me.

"Sono sicura di voler passare il resto della mia vita con te e di voler costruire una famiglia insieme a te. Tutto questo ti potrà sembrare affrettato, ma ti posso assicurare che è esattamente ciò di cui ho bisogno, perciò..." sfilo dalla tasca del jeans un anello con un piccolo brillantino.

"Mi vuoi sposare?" Le chiedo senza girarci troppo intorno, anche perché le lacrime minacciano di scendere da un momento all'altro e io non so quanto ancora riuscirò a resistere.

Eva si porta le mani alla bocca, mi guarda incredula e dopo qualche secondo esclama:

"Si! Certo che ti voglio sposare!"

Non le infilo nemmeno l'anello al dito, ma mi fiondo direttamente sulle sue labbra. In lontananza riesco a sentire gli applausi delle persone presenti, ma non gli dò peso. L'unica cosa che esiste in questo momento, siamo io e lei. Quando ci stanchiamo, entrambe non riusciamo a smettere di piangere per la gioia.

"Beh se voleva impressionarci, ci è riuscita in pieno" sento la voce del presidente che mi riporta alla realtà.

"In 40 anni di servizio, non mi era mai capitato di assistere ad una scena del genere, comunque ne approfitto per porgerle i miei più sinceri auguri e spero davvero che possiate avere una vita insieme piena di felicità." Il presidente stringe la mano a me e ad Eva, seguito dal resto della commissione che si congratula con noi.
La gioia che sto provando in questo momento è indescrivibile.

Il giorno prima.
"Silvia mi devi aiutare a fare una cosa" le dico appena risponde al telefono.

"Vai spara" mi risponde immediatamente lei.
Amo questo suo lato, non si tirerebbe mai indietro quando si tratta di aiutare un'amica.

"Per te è un problema se vieni da me? Così ne parliamo con calma" le chiedo.

"Cinque minuti e sono lì" dice riagganciando il telefono.

Esattamente dopo cinque minuti, Silvia bussa alla mia porta.

"Allora? Che dobbiamo fare?" Mi chiede evidentemente emozionata.

"Silvia io ci ho pensato e ripensato... Non so come dirtelo, ma io... Cioè è da poco che stiamo insieme, però so che è quella giusta, capisci? Per me esiste solo lei, nessuno potrà mai prendere il suo posto e io voglio stare con lei per sempre. Hai capito cosa intendo?"

Dall'espressione di Silvia capisco che non sono stata molto chiara, perciò aggiungo:

"Silvia io voglio chiederle di sposarmi!"

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