CAPITOLO TRE

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Forse c'era la Luna dietro alla finestra priva di tende che scorgevo dal letto, oppure una luce nascosta che aspettava di essere scoperta, ma notai che era un'uomo alto.

Lui si avvicinò  alla porta e accese l'interruttore.

Finalmente i raggi artificiali illumarono la stanza: una piccola poltrona gialla  stava davanti al letto, della bellissima  mouquette  azzurra ricopriva il pavimento, una scrivania sostava  di fianco  ai due comò ai lati del letto, le pareti color latte davanto alla stanza un'atmosfera angelica ma neutra.

Accarezzai  la morbida trapunta rossa.

"Dove mi trovo?" Chiesi senza riuscire a voltarmi  a guardare in faccia lo sconosciuto.

"Ieri sera sei stata aggredita, ho sentito le urla da qui" si mise vicino  alla finestra per farmi vedere dov'era nel momento in cui mi aveva  udita.

Sarà  stato il colpo che in quel momento mi ricordò  di aver perso i sensi, ma l'uomo che avevo di fronte era il più affascinante  che avessi mai visto.
Magari per colpa della botta presa o per il semplice fatto che poche ore fa credevo di morire, tuttavia quegli occhi sembravano leggermi nell'anima in un circolo empatico pericoloso.
.
"Sono accorso e ho fatto scappare i delinquenti "
indossava una polo azzurra e un jeans nero.
Si avvicinò con il suo fisico asciutto e snello.

Chissà  come  ci è  riuscito pensai alzando un sopracciglio. 
Non ero sicura che stesse dicendo la verità.

  "Ascolta, ti sono grata di avermi salvata ma non credo di  essere così stupida"

Lui abbassò la testa e la rialzò, con un mezzo sorriso e una strana luce negli occhi. Mi sentii  a disagio.

"Sono un giudice  famoso qui, abbastanza  da essere conosciuto da quel tipo di persone,  sanno perfettamente che non devono mettersi contro di me"

Era una spiegazione  valida, anche se io personalmente  non l'avevo mai visto.
Lo dicevo perché altrimenti  non mi sarei mai scordata  di quel volto.

"Come ti chiami?" chiese all'improvviso

"Lois. Lois Brooks" la testa iniziava a dolermi  e sentii  il bisogno  di distendermi.

L'uomo sembrò capire e si avvicinò mettendomi un cuscino  sotto la testa alla base del collo.

"Stenditi e riposa" era un sussurro, e proprio in quel momento in cui lui era così vicino lo guardai ancora una volta negli occhi;  sembrava non ne potessi fare a meno, mi vergognai. 

Non avevo mai subito così il fascino o la bellezza di un uomo e la cosa mi sconcertò.

Potevo sentire il suo profumo, un profumo  maschile, forte e penetrante.
Arrossì.

Maledizione!
Ero certamente   in balia della febbre.

Ma toccandomi la fronte, tristemente sentii che ero fredda.
Lui si ritrasse.
Quei lineamenti  duri contrastavano  con la gentilezza che gli leggevo negli occhi.

"Domani ti porto a casa, ci sarà sicuramente   qualcuno preoccupato per te, adesso devo andare passerò  più tardi per vedere come stai" e uscì lasciando dietro di sé  una scia magnetica  che ricordava quella di una cometa.

Caspita, sono proprio  impazzita!

Lucas.. Chissà se sta bene. Speravo che Brenda fosse a casa, altrimenti...

C'era un odore di urina in quel piccolo ripostiglio,  e nessuna presenza, oltre me che ero seduta per terra con le mani sul viso.

"Sei una disgrazia come hai potuto mettere al mondo un tale abominio!!!" Le urla di mio padre erano sempre fuori dal comune, aveva il potere di far sentire anche un re, una nullità.

"È  solo una bambina Michael!!ahhh" sentì il suono dello schiaffo che mio padre diede a mia madre per avermi difesa.

  "Papà  smettila per favore!!" Molte lacrime scendevano  sul mio viso e in quel momento mio padre aprì  la porta di quella piccola  prigione;

"Dannata! !" Era sopra di me e mi diede dei violenti pugni su tutto il corpo io urlai,  mentre il sangue mi scorreva fuori dal naso e dalla piccola bocca. E quando si alzò e mi diede un calcio sul  braccio, spezzandolo urlai con tutta la voce che avevo nel corpo.

Mi svegliai  di soprassalto piangendo, avevo solo sei anni come aveva potuto?
Mio padre!!

" Hey stai bene?" Era lui.

"Si scusa, ho avuto un incubo" dissi asciugandomi gli occhi.

Un sole debole filtrava dalla finestra, debole  come lo ero stata io, un tempo.

"Ti porto a casa, alzati"  indossavo ancora i jeans e la maglietta di quando? forse di due giorni prima.

Il dolore alla pancia era quasi scomparso e scostai  la coperta mettendomi le scarpe.

"Ti ringrazio di tutto, ehm.. Non so come ti chiami"

"Jason Midnight"

La sveglia indicava che erano le undici e trenta del mattino. Jason mi porse  una tazza di caffè  e una ciambella.
Quella mattina era molto elegante, con uno smoking nero e camicia bianca completato  da una cravatta blu notte.

Probabilmente aveva una causa da sentenziare.  
Bevvi  frettolosamente  il caffè ed uscii preceduta da Jason.
Abitava a hyde park e fui felice perché in pochi minuti sarei stata a casa. 

"Bene, io vado grazie di tutto!" Esclamai  imbarazzata.

Sul viale circolavano molte persone e parcheggiata  li vicino c'era una porsche grigia.
Lui salì  nella vettura, e mi sorrise.

"Addio, Lois Brooks"

Due minuti più tardi ero sola, li in quel viale e andai verso l'appartamento.
In quel momento speravo  solo di trovare Lucas a casa  sano e salvo.

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