CAPITOLO QUINTO

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Giacevo su un letto ammuffito, in quella cella della centrale di polizia.
Uno degli agenti che mi arrestò, aprì la porta

"Venga, dobbiamo spostarla nella prigione di Newsgate in attesa dell'udienza preliminare"

Lentamente mi alzai con la schiena dolorante.
Quella notte non avevo dormito.
Come potevo lasciarmi annegare nel sonno quando il mio piccolo Lucas non era con me?
Adesso capivo come si doveva sentire una madre, a cui hanno strappato il proprio figlio.

Mentre mi guidava verso l'uscita potei scorgere Angelica, che in quel momento parlava con una poliziotta bionda.

"Finalmente cosa è successo?"
Il suo viso affossato da grandi rughe era segnato dal dolore, prima di accogliere me in casa sua, aveva perso suo figlio di dieci anni in un modo orribile; fu travolto da un'autobus a due piani che, viaggiava ad una velocità superiore ai limiti consentiti dalla legge.

"Signora non può parlare con la prigioniera, la prego di spostarsi "

La donna si scostò, alzando la mano e appoggiandosela alla bocca

"Ti chiamerò un avvocato, sta tranquilla!"

La senti esclamare mentre, il poliziotto mi trascinò fuori.

Era mattina, lo capivo dalla folla di gente appostata ai semafori con pesanti cartelle.

"Entra" ordinò l'agente.

Mentre mi sedevo sul sedile posteriore della macchina,
Non riuscivo ancora a capacitarmi dell'accaduto.

Possibile che fosse successo veramente?
E soprattutto chi era stato?

La vettura percorreva la stretta strada di Lundgate Hill, dietro alla quale c'era una delle colline più antiche di Londra; un'erba verde fuoriusciva dal terreno incurante della confusione che la circondava.

Ricordai una volta da piccola, mentre mia madre cucinava un gustosissimo risotto in bianco, io entrai in quel monolocale dove abitavamo, piangevo perché un bimbo mi aveva dato un pugno.
Se mi concentravo, potevo ancora sentire la dolce voce di mia mamma:

"Vieni qui, piccola. Le persone sono crudeli, devi impararlo fin da ora e capire che prima o poi, ognuno ha quel che si merita"

Quelle parole ora, mi sembravano innaturali.

Io non mi meritavo tutto questo.

Quando fummo al di la della via, potei scorgere la cupola dell'enorme edificio The Old Bailey.
Sorrisi malinconica alla vista della statua che rappresenta la giustizia posata sopra di essa; in una mano teneva la spada, e nell'altra una bilancia.
Dietro alla costruzione, esisteva un passaggio creato per facilitare e permettere ai prigionieri di andare e venire dal tribunale.

Io sarei dovuta stare lì.

Lo stabile più piccolo era la prigione di Newsgate.
Le pareti tetre erano uguali al colore delle nuvole che, come sempre ricoprivano il cielo di Londra.
Le piccole finestre sbarrate di ferri proteggevano i cittadini da un'eventuale fuga dei prigionieri.

Avevo un groppo in gola, Non riuscivo quasi a respirare.

Il Palazzo centrale al contrario suggeriva Potenza, tre piani di lusso e giudizio. Anche se io e la legge non eravamo amici.
Salimmo Le scalinate di marmo e notai la scritta all'ingresso

"DIFENDI I POVERI, E PUNISCI I MALFATTORI"

Era quello che avevo fatto, eppure mi trovavo lì, con le manette ai polsi come un' assassina.

Varcata La soglia diversi uomini indossavano toghe nere, l'enorme atrio era in stile vittoriano, con un posto riservato ad un segretario, protetto da una lastra di vetro.

"Di qua"

Quando attraversai il corridoio vuoto che dava alla prigione, capì che era tutto vero.
Qualcuno mi aveva fatto questo.

Più tardi venni messa in una cella isolata, sbattei le palpebre per guardare quel metro in cui sarei stata per giorni o probabilmente mesi. Il wc affianco al letto mandava il suo fetore e con disgusto tirai lo sciaquone, sperando di allietare l'aria.
La minuscola finestra situata alla parete dietro di me era alta, e non l'avrei mai raggiunta.
Nemmeno mezzo squarcio di luce avrebbe potuto illuminare quel posto,
Nemmeno La divisa arancione da carcerata che mi avevano fatto indossare , che tralaltro stonava sulla mia pelle bianca e i capelli scuri.

Quella notte l'incubo fu sentire tutte le grida e i passi frenetici, degli altri prigionieri.
Speravo che nessuno entrasse nella mia cella.

La mattina che seguì sembrò consolidare più che mai, il fatto che qualcuno mi odiava. Mi odiava a tal punto da avermi fatta rinchiudere in una cella.
Nella mia mente mi passò addirittura il dubbio che fosse stato Andreas.
Ma scossi la testa. Non mi sembrava il tipo di persona che potesse cadere così in basso.
La porta di legno cigoló piano, quando una guardia entrò

"È arrivato il suo avvocato, seguitemi "

Fortunatamente entrai in una stanzina dove alloggiava solo una poltrona, su cui era seduto un'uomo dai capelli bianchi, che presumevo fosse il mio avvocato.
Con lui c'era Angelica, che quando mi vide, sorrise piangendo

"Sto bene Angy" la rassicurai abbracciandola.
Era bello sentire l'affetto della donna che mi aveva fatto da seconda madre.

Raccontai tutto dall'inizio e Robert, l'avvocato annuiva continuamente.

"L'udienza preliminare si terrà fra poco, quindi si prepari mentalmente, e lasci parlare solo me"
Concluse prendendo la sua valigia e appoggiandomi la mano sulla spalla.

Ero scortata da una guardia, come un soggetto pericoloso quando entrammo nel complesso del tribunale.
Mi sentivo piccola, e.. colpevole..
Colpevole di un'accusa falsa.
Non dovevo demordere, e mi feci forza camminando a testa alta. Gli avvocati che mi sorpassavano mi guardavano spaventati.

E pensare che era una prigione prima di un Palazzo per la giustizia.

La guardia aprì una porta spessa di quercia, e mi fece entrare.

C'erano file di panche dove sedevano il cosidetto
-pubblico-, più avanti al centro un balcone per il giudice che doveva ancora entrare, mentre lo stenopista batteva energicamente le dita su un portatile. Al centro c'erano due panche divise dal pavimento bianco e lucido; ed era la parte della difesa e dell'accusa.
Arrivai alla sedia vicino a Robert, e mi accasciai.

Diverse voci all'ingresso destarono la mia attenzione.

Perché una di quelle voci la conoscevo.

Mi girai e strinsi i pugni. Era Joanne con un'uomo sulla trentina moro, e le sorrideva maliziosamente.

Avrei dovuto capirlo fin da subito. Invece mi ero lasciata raggirare da quella strega.

"L'accusa" mi avvisò l'avvocato

"Lo avevo capito" risposi a denti stretti.

Potevo comprendere come si sono sentite tutte quelle donne, accusate di stregoneria dal 1200 al 1800. Potevo capire l'angoscia e la paura che provavano, perché era la stessa che provavo io in quel momento.
Mi domandai quante ne furono giustiziate in quel penitenziario, a quante furono arse vive perché costrette a confessare da torture abominevoli.
Scacciai quei pensieri con un brivido lungo la schiena.
Sapevo che la porta situata a destra portava nell'aula testimoni, ero sicura che li ora, stava Lucas.

Chissà come sarà spaventato!

"SIAMO QUI PER L'ACCUSA DI RAPIMENTO E SEQUESTO DI UN MINORE CONTRO LOIS BROOKS, LA SENTENZA QUEST'OGGI È AFFIDATA ECCEZZIONALMENTE AL PRIMO E IL PIÙ IMPORTANTE MEMBRO DEI FOUR INNS OF COURT, IL GIUDICE PIÙ IMPORTANTE DI TUTTA LA GRAN BRETAGNA, SIGNORI E SIGNORE IL VOSTRO ONORE, JASON MIDNIGHT"









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