CAPITOLO SEDICESIMO

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Quello stesso giorno in Egitto

Nicolás Flamel era appena arrivato.
Teneva stretta a sé una borsa contenente il suo libro; non se ne separava mai.

La sabbia rossa gli entrava negli scarponi, facendogli fare una smorfia di fastidio.

Non era nemmeno mezzo giorno e c'erano già 45 gradi.
Scosse la maglietta che indossava, ormai fradicia per il sudore.

"Cazzo!" Imprecó quando pestó uno scorpione.

Si trovava a Giza, e doveva entrare nella seconda delle tre piramidi.

Si passò la mano sulla fronte.
Dal Cairo a Nag Hammadi quel posto brulicava di piramidi.

Ma lui aveva chiaro cosa cercare E dove cercare.

Con una guida egiziana, si fece strada nel deserto.

"Non manca molto" lo avvisó.

Da pochi metri scorse le tre gigantesche costruzioni.

Non vedeva l'ora di profanare quella tomba.

Quando finalmente era davanti all'entrata, pagò la guida e si addentró armato di torcia.

Le pareti erano ornate di parole E disegni.

C'era un silenzio quasi sconvolgente.

Ripensó al film che aveva visto: - La Mummia - e sperava che non resuscitasse nessuno di quei mostri.

Scosse la testa, cercando di scacciare la paura.
Girò a destra e trovó una nicchia.

Appoggiò la mano e colpì.

La roccia calcarea si stava sgretolando e Nicolàs estrasse un coltello da sotto alla cintura ; fece scorrere la lama sulla pietra, che cadde come fosse cenere, rivelando una stanza segreta: nel mezzo trovò un semplice sarcofago di legno.

Polvere e ragnatele, albergavano in quella stanza rendendo l'aria quasi irrespirabile.
Gli venne da ridere, quando con uno scappellotto aprì la tomba.

Un'ammasso di ossa ricopriva l'interno.
Ciò gli fece pensare che quella persona non era rispettata.

I corpi dei faraoni, dei suoi sacerdoti E quelli degli stessi cittadini stessi, venivano mummificati.

La mummificazione per loro era come fosse un portale per l' immortalità: sarebbero rinati.

Sotto il cranio del defunto, l'alchimista trovò quello che cercava: Il pugnale di Anubi l'unico in grado di riportare un' anima nel nostro mondo.

Alla vista di quel gioiello si incantó: il potere che avvolgeva quell'arma lo scombussoló, come se avesse bevuto.

Scoppiò in una risata vittoriosa.

Lo afferó infilandolo nella borsa.

Quando uscii dalla piramide il sole stava per calare, lanciando le prime ombre sul deserto.

Si incamminó tranquillo e felice.

Presto avrebbe dovuto avvisare Jason.

Digrignó i denti, con odio.
Prima o poi lo ucciderò, si promise stringendo le mani a pugno.

Se avesse saputo che il primo a ingurgitare la pozione avrebbe avuto il potere di uccidere tutti gli altri, avrebbe rischiato lui stesso di morire bevendola in primis.

Senza rendersene conto gli aveva consegnato la propria anima.

Ripensó alla sua adorata Francia e alla sua bella moglie.

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