CAPITOLO VENTISEIESIMO

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6 Luglio 1890

La gente si ferma ad osservare solo ciò che vede,  e non sa quali atrocità, quali segreti si celano dietro ad ogni volto in questa stanza, come avvoltoi, che si lanciano in picchiata verso un animale già morto.

Un'altro capitolo della mia vita, un altro paragrafo sterile.

Se penso che useranno quella spugna per fare da conduttore ad una scarica elettrica che solo per ipotesi, dovrebbe uccidermi.

È questo quello che penso, quando mi viene in mente una delle mie innumerevoli vite.

William kemmler, figlio di due alcolisti immigrati tedeschi, e rimasto orfano a dieci anni, sopravvissuto grazie alla carità.

Ormai mi risultava facile crearmi una vita, una storia dipingere ogni cosa a mio piacimento, come un quadro criptico dove pochi o nessuno capisce la vera personalità dell'artista, e la vera essenza dell'opera.

Ovviamente i presenti non potevano sapere che uccisi mia moglie, solo perché ero e sono diverso.

Avevo fame.

Povera Marilda , credeva di aver trovato l'uomo della sua vita inconsapevole del mostro che ero.

Ancora oggi mi sorprendo di quanto l'umanità sia stupida, di quanto un gesto o una parola gentile possa offuscare il loro giudizio.

La nostra casa era di semplici mattoni,  molto umida d'inverno, anche se a Philadelphia il freddo non si faceva sentire come in Russia o nelle terre più a Nord.

Marilda era una semplice contadina, di una bellezza sfuggente quasi incompleta.

Sapevo che sospettava qualcosa,  ne avevo la conferma ogni volta che tornavo a casa tardi.

Era una donna vivace ma non stupida.

Così dopo diversi anni vissuti assieme, cedetti alla  bramosia di sangue.

Usai un'acetta per mozzarle la testa, e un vicino di casa mi sorprese attratto dall'urlo della donna.

Fu ridicolo essere legato a quella sedia di legno, ed essere la cavia di un oggetto umano destinato a uccidere altri umani da loro considerati "cattivi ".

Io non potevo morire.

Il mio corpo quel giorno fu colpito da ben due scosse.

Ancora adesso posso sentire quella scarica attraversarmi tutto il corpo, non riuscendo tuttavia a bruciarmi. 

Un blackout

Lo sguardo di stupore.

La paura nei loro sguardi.

E poi solo una sedia vuota.

Scappai,  veloce, come quel fulmine che aveva colpito il grande albero di quercia nel 1768 a Dubai, quando il sole calava lanciando le sue ombre sul terreno pieno di sabbia.

**********
Richiuse la cassaforte con  forza.
Il suono del metallo echeggió nelle pareti, quasi come un urlo.

"Sono stanco di aspettare"

"La pazienza è la virtù dei forti" rispose Nicolas portandosi alle labbra un bicchiere colmo di champagne.

"È  più  di un secolo che sono paziente,  e ora... Sono ad un passo dal riaverla"
Si guardò il palmo della mano destra, nervoso.

"Rifletti bene, non dobbiamo commettere errori. "

"Infatti, sta andando tutto come previsto" sussurró Jason, tirando la tenda.

Londra brillava di notte, ma era come se fosse avvolta da un'oscurità senza pari.

Guardò in alto ammirando la super luna che quella sera, era più grande del solito.

"Quanto vorrei che lei fosse con me" disse pensieroso.

Nicolas si avvicinò piano

"La riavrai "

"Le valigie sono pronte,  vedi di mandare tutto li" lo ammonì il giudice.

"Lo so, ormai questa casa è vuota"

"Bene,  ora andiamo Andreas, abbiamo delle cose su cui discutere"

*******

Erano passati ormai diversi  giorni da quando lui mi aveva baciata

Non mi aspettavo una visita o una chiamata ma  almeno una spiegazione.

Non poteva  presentarsi  a casa mia con quell'aria da figo baciarmi, non farsi vivo e non darmi spiegazioni.

Hyde Park  quella sera, appariva come una stella, illuminata dal sole.

Stavo aspettando dietro ad un vialetto, distratta dai miei pensieri quando una BMW nera uscì dalla sua casa.  

Quando non la vidi più sgattaiolai fuori.

La sua proprietà  di notte pareva più scura della notte stessa.

Mi arrampicai sul portone saltando nel suo giardino.

Le scarpe da ginnastica non facevano rumore quando calpestavo i sassi che per almeno 1/2 fungevano da pavimento al suo angolo verde.

Avevo ancora le mie forcine e ancora una volta entrai senza problemi.

Tutte le luci erano spente e nell 'aria c'era odore di limone.

Pensai avessero fatto le pulizie.

Era davvero tetro quel posto,  e per un momento rabvrividii.

Salì le scale e aprì la porta del suo studio.

Jason non c'era e nemmeno Nicolas.

Un brutto presentimento mi investii , come una folata di vento gelido.
Girai per la stanza, quando un dettaglio catturó la mia attenzione.

La libreria era aperta.

Sicuramente la cassaforte è  stata richiusa con la password, constatai sconfortata.

Ma afferrai la maniglia e mi sorpresi quando scattò e si aprì.

Presi l'oggetto che conteneva, sorpresa che si trattasse di un vecchio libro.

E lessi la copertina
"LIBRO DELLE  MEMORIE JASON MIDNIGHT"

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