CAPITOLO DICIASETTESIMO

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"Lucas sta fermo! " dissi mentre gli mettevo apposto la pettinatura.

"Ma sarò ridicolo così! " si lamentò guardandosi allo specchio.

"Sei bellissimo invece"

Dopo che avevamo mangiato l'avevo portato da un barbiere.

Lucas sembrava terrorizzato ma alla fine cedette, e ora faceva i capricci sentendosi stupido per avere i capelli a spazzola.

Erano quasi le 20.
Sapevo che non dovevo andare a cena con il ragazzo a casa di Jason: tuttavia mi sentivo in debito con lui.

Bene o male sarei stata lì al massimo un'oretta e poi me ne sarei tornata a casa con Lucas.

Non mi preparai nemmeno, così la prossima volta non mi inviterà più, considerai soddisfatta.

Ripensai alla festa e a quando lui mi aveva definita
-ranocchia-
Un senso di rabbia si fece strada in me più forte di prima.

Il campanello suonò, e aprii la porta seguita da Lucas.

Jason indossava una camicia multicolore rossa e nera, aperta davanti, per mostrare la canottiera bianca aderente sui pettorali definiti, e un paio di pantaloni sportivi scuri.

Ci guardammo per un paio di secondi, prima che uno di noi parlasse.

"Allora, andiamo?" Chiese Lui, spostandosi di lato facendoci spazio.

Quando uscii dall'appartamento, un vento gelido mi investii, facendomi rabbrividire.

Mi strinsi nel cappotto, sul viale.

Per fortuna la casa di Jason era vicina.
Lo guardai di sottecchi.
Il viso liscio, appena rasato lo faceva sembrare molto più giovane.

Lui come a percepire il mio sguardo si avvicinò.

Il buio, quella sera sembrava dominare tutto, anche le stelle, che sembravano ancora più piccole.

Pochi passi davanti, Lucas camminava felice, e l'uomo lo raggiunse lasciandomi indietro.

"Allora che ti piace fare nel tempo libero?"

"Mi piace disegnare" rispose Lucas.

"Ma davvero?anch'io me la cavo sai"

"Allora mi potresti mostrare un tuo disegno"

L'ingenuità e la felicità di Lucas mi fece un Po' rattristire; non volevo che soffrisse.

Arrivati alla villa, Nicolás Flamel ci aspettava sul ciglio del portone, che aprii non appena ci vide.

"Hey ma chi si rivede"

"Ciao" lo salutai.

Aveva una luce negli occhi, una luce che non faceva presagire nulla di buono.

Mi chiedevo come mai Jason avesse un amico come lui, ma forse alla fine le apparenze non contano.

La sua casa era sempre la stessa, quando ci guidò verso la sala da pranzo abbellita da una tovaglia con motivi floreali, notai che Jason aveva una strana espressione.

Non seppi decifrare quella faccia, ma forse sarebbe stato meglio non farsi troppe domande.

Lucas al contrario saltellava, con uno sguardo che parlava da sé: era contento

"Sedetevi pure, fra un paio di minuti la domestica ci porterà il cibo "

Il ragazzino si sedette prendendo la forchetta in mano e muovendola.

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