CAPITOLO DODICI
FRANCESCA
Novembre passò, stranamente, senza intoppi. Non avevo ancora detto a nessuno della gravidanza, e nessuno ci aveva fatto caso.
Concentrarmi sulla scuola era sempre più difficile, e durante una verifica di scienze, ero arrivata a cogliere qualche suggerimento dai banchi in fondo. Mi sentivo così male, non avevo mai copiato in vita mia, e non volevo iniziare ora. Ma se non lo avessi fatto la mia media ne avrebbe risentito e volevo prendere la borsa di studio anche quell'anno. Almeno i libri non li avrei pagati, e poi erano sempre utili i soldi.
Manuel era la mia maggior distrazione, anche perché al posto della nausea mi erano venuti gli ormoni a mille e non ero più riuscita a trattenermi ed eravamo finiti a letto, ancora. E ancora. E ancora.
Mi vergognavo di me stessa, ma allo stesso tempo mi sentivo così bene e dopo aver fatto l'amore riuscivo a studiare meglio.
All'inizio Manuel non voleva, aveva paura che concepissi un secondo gemello o che facesse male al bambino, così avevamo fatto ricerche su internet e alla fine aveva ceduto.
Era fantastico ogni momento che passavamo assieme, ma nulla era appagante come l'espressione di Patrizia quando ci aveva visto nei corridoi insieme, che ridavamo e scherzavamo, e fuori da scuola a baciarci.
Avrei rivissuto quel giorno un migliaio di volte solo per la sua faccia.
Dovevo ammettere che ero leggermente preoccupata per Manuel, avevo sempre paura che succedesse qualcosa e che se ne andasse, ma ogni volta che mi diceva quelle due paroline magiche mi calmavo e non mi preoccupavo più.
La pancia non era cresciuta minimamente, al contrario del seno, avevo preso una misura e mezzo e tutte le magliette ora mi stringevano leggermente.
Un giorno mi ero messa un maglioncino troppo scollato per andare a scuola e Manuel era venuto durante l'intervallo, mi aveva dato la sua felpa e aveva tirato su la zip fino al collo, abbracciandomi da dietro.
" Fai il geloso!? " gli avevo detto ridendo.
Lui aveva sorriso e mi aveva baciato sulla guancia, non era saggio baciarsi in altri modi con il vicepreside e i professori che continuavano a girare. " Eccome. Tu sei mia e nessun altro può averti"
Quelle parole mi erano rimaste dentro, mi avevano fatto sciogliere come il cioccolato.
E se era possibile, me lo avevano fatto amare ancora di più.
Inoltre Carlo era tornato a parlarmi, non rivolgeva ancora parola a Manuel, ma sapevo che ci sarebbe voluto del tempo.
Giulia si tratteneva a stento dal dire in giro che stava per diventare zia, mentre mamma aveva già avvisato tutti i parenti più vicini, che quell'anno sarebbero venuti a Natale solo per me.
Merda. Odiavo zia Geltrude, e non scherzo, ho una zia che si chiama Geltrude. La sorella della moglie di mio nonno.
Mi strizzava sempre le guance e si ostinava a cucinare delle torte che le avrebbe fatto meglio un bambino con il fango e la farina scaduta o uova marce.
E no, non scherzo nemmeno questa volta. Il lato peggiore era che eravamo costretti a mangiarla o lei ci sarebbe rimasta male. Così io, Carlo e Giulia escogitavamo sempre un piano: facevamo finta di mangiare davanti a lei, spiaccicando la torta sul piatto e diminuendone lo spessore, poi una volta a metà andavamo in cucina per prendere il pensierino per zia Geltrude, che non mettevamo mai insieme agli altri in modo da avere la scusa per lasciare la stanza e buttare la torta in pattumiera.
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L'errore Più Bello Della Mia Vita
Teen FictionAvete presente le minchiate tipiche degli adolescenti, o quelle che gli adulti chiamano così per giustificare i nostri comportamenti non maturi, be', io credo di aver fatto la peggiore, una di quelle che ti rovinano la vita, e allo stesso tempo l...