capitolo quattordici

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CAPITOLO QUATTORDICI

MANUEL

Si, era ufficiale.
Amavo Francesca. Era la prima volta in vent'anni e chi sa quante ragazze che una mi conquistava veramente. Che una ragazza desse senso alla mia vita. Ed era fantastico.
Infondo quella notte del ventidue settembre non aveva portato soltanto sciagure, anzi, credo che fosse un segno del destino, o di Dio.
Non sono mai stato molto cristiano, quella era mia madre, sono andato a messa le domeniche solo durante gli anni del catechismo. Da quando è finito non ci metto più piede, se non per l'oratorio. Ma se centra il Signore, devo dirgli solo grazie.

Senza pensarci due volte scesi dal letto, dando un bacio sulla fronte a Francesca sperando di non svegliarla.
Infilai i primi vestiti che trovai, li stessi della sera prima, e, presi portafogli e cellulare, uscii di casa diretto verso il parco. Non volevo giocare a basket, avrei già dovuto giocare domani per una partita, ma volevo cogliere una delle rose che cresceva, curate da qualcuno che sicuramente Francesca conosceva.
Ma volevo dimostrarle tutte il mio affetto, sicuro che le parole non bastassero. Cazzo, quella ragazza mi aveva letteralmente stregato.
Andai al suo bar preferito, quello dove ci eravamo visti la prima volta, e dove mi aveva confermato della gravidanza. Presi tre brioche (una anche per mia madre) e tornai a casa, sperando che Francesca stesse ancora dormendo.
Per mia fortuna era così, e ne approfittai per prepararle un tè (Ok, lo preparò mia madre) e mi feci una doccia.
Mi vestii giusto in tempo per il suo risveglio.
"Ehi" sbiascicò alzandosi sui cuscini e stropicciando gli occhi, assumendo un'espressione buffissima, e allo stesso tempo adorabile.
Ne avevo viste di ragazze svegliarsi da quel letto, ma nessuna era bella nemmeno la metà di Francesca.
Sembrava perfetta, niente trucco sbavato o capelli fuoriposto, cioè, li aveva, ma erano buffi e perfetti.
"Ti ho preso un regalo" dissi prendendo la rosa che avevo posato sulla scrivania e andando accanto a lei.
Mi chinai e tolsi le lenzuola, mentre la baciavo e le davo la rosa, che prese con occhi sgranati e lucidi. Valeva la pena essersi alzati presto.
Sorrisi, incontenibilmente, e alzai la maglietta che avevo preso da mia madre, per poi baciarle il ventre. "Ti amo"
Mi accarezzò i capelli e mi portò verso di lei, tornando a baciarmi, anche se stava piangendo.
Dovevano essere gli ormoni, ma anche mentre piangeva era bellissima.
"Anche io" sbiascicò tra i baci, e sapevo che saremmo andati anche oltre se mia madre non ci avesse chiamato per fare colazione.
Guastafeste.
Feci alzare Francesca con un balzo, in modo da poterla attirare ancora più vicina a me e continuare a baciarla, prima di fare colazione.
"Devo cambiarmi"
Scossi la testa. "Stai benissimo così. A mia madre non importa di come tu sei vestita"
" A me si"
" Sei bellissima anche così" replicai sollevandola di peso e portandola fuori dalla stanza, facendola ridere.
"Buongiorno" salutò sistemandosi i capelli e cercando di allungare la maglietta, anche se non ne capivo il bisogno. Aveva sotto i miei pantaloni della tuta.
"'Giorno ragazzi. Com'è andata la cena ieri sera?"
Pessima domanda. Giuro, io voglio tanto bene a mia madre, ma a volta ha un tempismo che fa cagare. Come le sue domande.
Mi scurii in faccia e sentii la mano di Francesca stringere la mia. "Non molto bene" ammise, al mio posto. Ma decisamente in maniera più educato. La mia risposta sarebbe stata: - è stata una merda. Quel coglione di mio padre ha messo incinta la troia della sua nuova moglie. E questo rimane un mistero vista l'età! -

Si era un bene che avesse risposto lei.
"Capisco. Mi ha chiamato, comunque"
"Cosa cazzo vuole ancora?"
Mia madre sospirò, ormai abituata al mio linguaggio. " Darti gli orari di lavoro e ci ha chiesto se volevamo andare da loro a Natale. Oltre a dare anche a me la bella notizia!" replicò lei, con acidità.
Allora neanche a lei andava bene del bambino.
" Rispondi pure che può ficcarsi la sua richiesta nel..."
"Manuel!" venni interrotto da Francesca che mi guardò ad occhi sgranati, ma in fondo ci vidi del divertimento.
"Sicuro? Loro figlio resta sempre tuo fratello"
"Fratellastro" ammonii. Mi dispiaceva solo per la famiglia in cui nasceva. Non che mio figlio fosse messo meglio. Cazzo, e se fossi stato come mio padre? E se con il passare degli anni sarei diventato come lui?
Infondo, per quanto si cerca di evitarlo, si diventa sempre come i propri genitori. E se potevo scegliere avrei preferito mia madre.
Ma se invece fossi stato come mio padre?
Scossi la testa e in quel momento mi feci due giuramenti:
Non sarei mai diventato come mio padre
Avrei dato a mio figlio, o figlia, la vita migliore, anche se questo voleva dire lavorare con mio padre.
Non volevo ritrovarmi fra vent'anni con mio figlio nelle mie stesse condizioni. Nessuno ci dovrebbe essere.
" Se tu vieni magari possiamo passare a fare un saluto" furono le parole più difficili che abbia mai detto, dopo quelle per chiedere il lavoro a mio padre.
Francesca si girò e mi stampò un bacio sulla guancia. " Puoi sempre contare su di me"
"Grazie" sussurrai, quasi impercettibilmente.
Si, non c'era dubbio. Francesca era il mio angelo mandato dal cielo.

L'errore Più Bello Della Mia VitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora