capitolo quattro

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CAPITOLO QUATTRO

FRANCESCA

Mi svegliai sbattendo un paio di volte gli occhi e sentendo il cuore accelerare, appena mi resi conto di dov'ero e cos'avevo fatto ieri sera.
La testa mi faceva leggermente male e pulsava, ma mai quanto il battito.
Il letto a una piazza e mezza era al centro della stanza, davanti l'armadio e sulla destra, vicino alla finestra, la scrivania tutta incasinata e con la sedia piena di vestiti.
Girai la testa verso Manuel, ancora addormentato e bellissimo come sempre. Avrei tanto voluto non andarmene, ma non potevo. Quello che avevo fatto era stato... bellissimo e sbagliato allo stesso tempo. Avrei sempre voluto donare la mia verginità al mio ragazzo, che amavo e il cui sentimento era ricambiato. Non a uno che andava a letto con tutte!
E allora perché mi sentivo così bene? Così felice?
Sospirai passandomi una mano fra i capelli e mi sporsi verso il bordo del letto, dove il cellulare mi era caduto quando mi aveva tolto la gonna.

Sullo screen apparvero cinque chiamate perse, tutte da parte di Noemi. Il che era un bene, non aveva detto nulla a mia madre e quindi potevo ancora scamparla.
Da Noemi: Dove diavolo sei finita? Cosa Cazzo devo raccontare a mia madre?

Da Noemi: Sei andata via con Manuel? Roberta vi ha visti uscire insieme!

Da Noemi: Voglio ogni singolo particolare appena torni! Fammi uno squillo quando arrivi. Simone si è fermato a dormire e ha preso il tuo posto nel letto! Cmq, chiama il prima possibile!

L'ultimo era stato inviato alle tre di notte, e ora erano le sette e quarantacinque. Dovevo andarmene o sarebbe stato troppo tardi, non sapevo bene cosa dovevo fare, ma se fossi rimasta ancora da Manuel la copertura sarebbe saltata. È io sarei finita in punizione.

Mi alzai a fatica e dolorante, guardando l'asciugamano che Manuel mi aveva dato prima che mi addormentassi, sporco di sangue. Almeno non avevamo sporcato il lenzuolo!
Improvvisamente mi chiesi quante ragazze avesse portato a casa per toglier loro la verginità e fu come ricevere una pugnalata nello stomaco.
Ora iniziavo a sentirmi male.
Mi rivestii il più in fretta e silenziosamente possibile, lanciando ogni tanto degli sguardi a Manuel per assicurarsi che non si svegliasse.

In punta di piedi, con le scarpe in mano, uscii dalla stanza e infine dal palazzo, un peso sullo stomaco che mi soffocava.
Avevo la testa che mi scoppiava, ma me lo meritavo per come mi ero comportata. Ero abbastanza certa che Manuel non mi avrebbe più scritto, aveva ottenuto quello che voleva da me, e io glielo avevo concesso. E cosa ci avevo ricavato? La notte più bella della mia vita e dolore al ventre.

E una felpa. Prima di uscire avevo preso anche quella, per due motivi: 1) potevo essere scambiata per una spogliarellista vestita in quella maniera e la felpa mi copriva, e 2) per ricordarmi che quello che era appena successo non era un sogno, ma era successo realmente.

Camminai velocemente e invece di metterci una dozzina di minuti ce ne misi la metà  ad arrivare davanti a casa di Noemi, e anche alla mia.
Presi il cellulare e la chiamai, dovendo aspettare parecchio prima che rispondesse.

" Pronto" sbadigliò assonnata.

" Sono io Noemi. Sono davanti a casa!"

" Vengo ad aprirti. Mia madre e il suo compagno stanno ancora ronfando"

Riattaccai e aprii il cancelletto usando un vecchio trucco che avevamo imparato io e Noemi da bambine.
Più ripensavo a quella notte e più mi sentivo confusa. Magari parlarne con Noemi mi avrebbe aiutato.
Poco dopo la porta di aprì, mostrando la mia migliore amica in maglietta, di Simone, e i pantaloni rosa del pigiama di Hello Kitty.
Le corsi in contro e la abbracciai. " Devo raccontarti una cosa" dissi con voce smorza.
" Eccome se devi! Ho detto a Simone di fare del caffè, tanto i miei dormono sempre fino alle dieci il sabato e non credo che andremo a scuola oggi!"
Sorrisi leggermente imbarazzata e seguii Noemi verso la cucina, che avevano arredato un paio di anni fa, sostituendo i vecchi mobili, appartenenti ai vecchi proprietari, con una nuova cucina classica dell'Ikea, più chiara e grande.
Simone era seduto al tavolo attaccato alla parete e aveva preso tutti i biscotti che aveva trovato.

" Ciao" mi salutò sorridendo e tornando a cercare le tazzine.
Mi accasciai sulla sedia poggiando la schiena al marmo freddo delle piastrelle e sospirai, passandomi una mano fra i lunghi capelli castani, in quel momenti simili a quello di uno spaventapasseri molto probabilmente.

" Allora? Dove sei stata? Eri con Manuel?"
" Noe'" protestai assillata dalle sue domande. Avevo già mal di testa e non stava di certo migliorando la situazione.
Simone prese dal frigo della torta, quella avanzata ieri alla festa, e ne passò una fetta a me e una a Noemi.
Ma avevo lo stomaco chiuso e nessuna voglia di mangiare quella roba, per quanto buona fosse.
" Ero con Manuel" ammisi alla fine, guardando Simone che mangiava la sua torta come se nulla fosse. Sarebbe stato meglio per lui se avesse tenuto il becco chiuso.  Di solito lo faceva e doveva farlo anche ora.
" Lo avete fatto?"
Annuii sconsolata e bevvi un lungo sorso di caffè, scottandomi la lingua e sentendo un nodo allo stomaco.
" E? Come ti senti?"
" Non lo so... è stato... fantastico. Ma tu sai com'è Manuel, ora che è successo cambierà tutto e posso succedere due cose: a) non mi parlerà più fino a quando non vorrà fare sesso; b) mi chiederà se voglio uscire con lui solo per poi fare sesso! Credo di aver fatto una minchiata!" borbottai.

" Magari invece ti chiede di uscire insieme solo per passare del tempo con te!"
Vidi Simone trattenersi dal ridere e gli lanciai un'occhiataccia, mentre Noemi non fu così delicata e gli lanciò un biscotto. " Ehi! Cosa volete da me!"
" Non ridere!" lo rimproverò Noemi, divertita. " Non puoi sapere come si comporterà Manuel!"

Rimanemmo tutti in silenzio per qualche minuto, loro mangiando e io bevendo il mio caffè a fatica.
Poi, finalmente, Noemi interruppe il silenzio.
"Le avete usate le precauzioni?"

Andai nel panico. "Si, mi pare di si. Cioè, non me lo ricordo ma... si, si. Le abbiamo usate" confermai, anche se avevo un ricordo leggermente annebbiato in quel momento.
Però Manuel era sempre attento, con tutte le ragazze che aveva avuto, sperai per lui che avesse usato il preservativo! Non volevo prendermi qualche malattia!

MANUEL

Mia madre bussò alla porta di camera mia e mi svegliai di soprassalto. Cazzo, ma quella donna doveva sempre rempermi le palle mentre dormivo! L'avevo avvisata il giorno prima che avrei saltato la scuola quel giorno. Mancava un professore e farmi tre ore, di cui una di informatica, non ne valeva la pena.
E poi ero troppo stanco.
Allungai una mano, convinto di trovare Francesca, ma quando mi accorsi che il letto era vuoto, mi svegliai veramente.
Mi iniziai a guardare attorno, ma anche i suoi vestiti erano spariti.
Se n'era andata!
Il che era un bene, mia madre non era mai molto felice quando portavo ragazze in camera, che poi si fermavano per colazione. Erano tutte scorbutiche e maleducate, ma Francesca l'avrebbe trovata sicuramente diversa.
Infilai i boxer e andai a prendere il cellulare, per chiederle se stava bene. Non volevo rischiare di averla sulla coscienza o finire nei guai per colpa sua.
DA MANUEL: Si può sapere dove cazzo sei finita? Perché te ne sei andata?
Inviai il messaggio e andai in cucina, affamato, dove mia madre stava preparando del te, ma nessuna traccia di caffè.
Cazzo, era così difficile premere un pulsante per accendere quella fottuta macchinetta.
" Buongiorno anche a te" gracchiò mia madre guardandomi.
" Buongiorno" borbottai accendendo da solo la macchinetta.
" Ha chiamato tuo padre ieri sera"
" Me ne frego. Non voglio nulla da quel bastardo!" replicai di pessimo umore. Bastava nominare mio padre per farmi arrabbiare e girare le palle.
Con tutto quello che ci aveva fatto non volevo niente da lui. Quando avevo fatto diciotto anni e la custodia condivisa era finita era stato il momento migliore della mia vita. Non lo vedevo da due anni quel bastardo e anche se continuava a parlare con mia madre e vederla non era affar mio. Già non sapevo come facesse mia madre a vederlo dopo quello che era successo, ma io ci avevo chiuso.
Il cellulare vibrò.
DA FRANCESCA: A casa di Noemi. Sono dovuta rientrare.
Fissai lo schermo indeciso su cosa fare ma alla fine chiusi la chat e sospirai. In caso ci avrei parlato lunedì a scuola. E poi era andata via lei, se voleva parlarmi poteva restare.

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