CAPITOLO SEDICI
FRANCESCA
La maglietta più grande che avevo non era mia, ma di mio fratello. Oggi tornavamo a scuola, dopo le vacanze, e se avessi messo uno dei vestiti premaman che avevo comprato sicuramente si sarebbero accorti che ero incinta, e non mi andava ancora di ammetterlo agli altri. Non ero ancora pronta alle occhiatacce, alle sparlate e alle risatine che si sarebbero scatenate non appena avessi messo piede nella scuola. Anche chi non conoscevo e di chi ne ignoravo l'esistenza lo avrebbe saputo, e mi avrebbe giudicato senza conoscermi.
Sospirai, accarezzandomi la pancia sopra l'elastico dei pantaloni, quelli dovevo metterli, gli altri non mi andavano più bene.Lasciai la maglietta cadere morbida, e se non mi toccavo la pancia mentre ero a scuola nessuno se ne sarebbe accorto.
Indossai le scarpe da ginnastica, le uniche che riuscivo a mettere da quando mi venivano i piedi gonfi a camminare per più di dieci minuti. Una tortura, e lo sarebbe stato ancora di più quando quel pomeriggio avrei iniziato a lavorare al bar. Per fortuna che nessuno della scuola lo conosceva, o comunque non venivano in molti.
Presi la cartella e la giacca prima di scendere al piano di sotto, dove mangia una colazione per tre, nemmeno per due. Avevo tanta di quella fame che avrei potuto battere Obelix in una gara di cibo.
" Attenta, rischi di ingrassare" mi disse Carlo, ridendo, e ricevendo una mia occhiataccia.
Gli feci il dito medio e presi altri biscotti, questa volta gli abbracci. Deliziosi.
" Mamma, quand'è la visita dalla ginecologa?" chiesi, pulendomi la maglietta dalle briciole.
Mamma andò a vedere il calendario familiare appeso alla parete e girò la pagina, questo voleva dire che non era a gennaio. " Sedici febbraio. Quindi non prendere appuntamenti, e ricordati di dirlo a Noemi, a Vanessa e soprattutto a Manuel"
Sospirai e poco dopo suonò il citofono. "Si parla del diavolo e spuntano le corna" replicò Carlo, sapendo che si trattava di Manuel.
Aveva deciso che da quel momento in poi mi avrebbe portato lui a scuola, per farmi evitare di prendere i mezzi e magari stare in piedi o far prendere troppe scosse al bambino.
è o on un amore?
E naturalmente da un passaggio anche a Noemi, visto che siamo nella stessa scuola.
Diedi un bacio veloce a tutti prima di uscire e sentire le farfalle nello stomaco e una felicità immensa al solo vedere Manuel, sorridente e appoggiato allo stipite della porta mentre giocava con le chiavi."Ciao amore, come stai?" mi chiese attirandomi verso di lui e baciandomi, facendomi sentire il paradiso.
"Bene, oggi vai a lavorare da tuo padre?"
Manuel annuisce mentre mi prende la cartella, facendo scorrere l'altra mano nella mia e trascinandomi verso la macchina. "Si, volevi uscire?"
"No, inizio il lavoro"
"Ah....ok. Quindi mi sa che da oggi in poi ci vedremo solo la mattina e a scuola" dissi con un pizzico di delusione. Avrei voluto passare più tempo con il mio ragazzo, ma la mia priorità era fare soldi in modo da creare la nostra indipendenza. Non volevo vivere a casa dei miei genitori per il resto della mia vita.
"Ciao Piccioncini!" salutò Noemi venendoci incontro e abbracciandoci.
Si sporse verso di me e nell'orecchio mi sussurrò: "Dopo mi racconti ancora della proposta"
Sospirai alzando gli occhi al cielo ma non protestai, anche se sarebbe stata la quinta volta che glielo dicevo. Non lo avevo detto neanche ai miei, e dubito che lo sapessero o sospettassero qualcosa, e Noemi era l'unica che volevo lo sapesse, e sapeva dare dei consigli mica male. Sarebbe diventata una perfetta psicologa.*
Arrivammo a scuola dieci minuti prima del suono della campanella, e mentre Noemi scese e andò in classe io preferii rimanere in macchina a baciarmi con Manuel, visto che avevamo avuto poche occasioni, e sarebbe diventato veramente l'unico momento della giornata che potevamo stare assieme, visto che vivevamo in case separate.
Sentii il cuore battere più forte a quell'idea e mi staccai da lui, il petto che si alzava e abbassava vistosamente per via del bacio. "Vieni a passare qualche sera con me?"
Mi guardò in maniera perplessa, non riuscendo bene a capire dove volevo andare a parare. Eppure mi sembrava di essere stata chiara. " Quando il bambino nascerà voglio che tu e io stiamo assieme"
"Io preferirei una casa nostra" replicò lui, scostandomi una ciocca di capelli che mi era andata davanti agli occhi."Anche io, ma per un paio di anni non credo che avremo la possibilità di potercela permettere. Siamo entrambi alle superiori"
"Ma abbiamo dei lavori!"
Alzai gli occhi al cielo. "Manu, lavoro come cameriera pagata in nero e quando la pancia si farà più grossa non credo che riuscirei ancora a lavorare. Tu devi studiare per l'esame di maturità, e io ho ancora un anno e mezzo di scuola" iniziava a salirmi il panico. Merda, eravamo nella merda.Sentii la pressione assalirmi, io non ero ancora pronta a diventare un genitore, come lo si può essere a questa età? A diciassette anni ci si deve divertire, uscire in discoteca o con gli amici, non preoccuparsi di trovare un lavoro, una casa e un modo per crescere tuo figlio in modo dignitoso.
Sentii la mano calda di Manuel posarsi sulla mia guancia e sollevarmi il volto. "Fra, ce la faremo. Ok. Senti, iniziamo a passare una settimana a casa tua, e poi magari la prossima da me. Ci alterniamo e nel frattempo posso guardare in ufficio se trovo delle case che costino poco, anche in affitto"
Annuii ma l'ansia non se n'era ancora andata completamente, la mia orribile e fedele amica di vita.
" Ti amo" sbiascicai, cercando di nuovo le sue labbra. Almeno una sicurezza ce l'avevo: amavo Manuel e lui amava me.
La mia unica preoccupazione era non finire come i genitori di Noemi, o di Manuel. Ma non sarebbe mai successo, me lo sentivo nel profondo. Magari sarà perché, come diceva mia madre, ero una ragazzina e Manuel era il mio primo amore e sembrava tutto più bello e infinito; ma era vero, ormai non riuscivo più a vedere un futuro senza di lui."Andiamo, o faremo tardi a lezione!"
*
Arrivai al bar con una ventina di minuti di anticipo, e misi subito il grembiule e la maglietta nera, cercando di nascondere il seno, messo troppo in vista. Ma era impossibile. La pancia era visibile solo se mi mettevo di traverso, ma il grembiule la faceva sembrare solo tanta ciccia.
"Ehi tesoro, se hai bisogni di pause o qualsiasi cosa non esitare a chiedere" avvisò Claudia entrando nel piccolo spazio riservato a noi camerieri.
Le sorrisi e andai ad abbracciarla, sentendo il suo caldo abbraccio e cercando di trasmetterle in quella maniera tutta la mia gratitudine.
"Vieni, che ti spiego come funziona"
Dopo quindici minuti avevo imparato tutto, individuato la mia zona e come segnare le ordinazioni in modo che Gaia, la donna dietro il bancone, le capisse.
Fu divertente, anche se stancante, andare a ogni tavolo e chiedere cosa potevo portargli. Mi ero esercitata a portare i vassoi da quando Claudia mi aveva dato l'ok, e Noemi mi aveva insegnato alcuni trucchi, a sua volta imparati dalla madre.
In poche parole, penso di essermela cavata piuttosto bene, per essere il primo giorno.
Staccai alle sei e mezzo, dopo quattro ore: avevo attaccato alle due e mezzo, subito dopo la scuola.
Nelle piccole pause, o quando il bar era calmo, ne approfittavo per studiare o fare i compiti, portandomi avanti in modo da non abbassare la mia media.
Ma dopo una settimana di lavoro si dimostrò tutto più faticoso e sfiancante. Sentivo la stanchezza in tutto il corpo e per continuare ad andare bene a scuola finivo per studiare fino all'una di notte. Mi si chiudevano gli occhi ed ero sempre più nervosa. Ma non potevo smettere di lavorare, quei soldi mi servivano.
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L'errore Più Bello Della Mia Vita
Teen FictionAvete presente le minchiate tipiche degli adolescenti, o quelle che gli adulti chiamano così per giustificare i nostri comportamenti non maturi, be', io credo di aver fatto la peggiore, una di quelle che ti rovinano la vita, e allo stesso tempo l...